Superbowl, nessuno placchi lo spo(r)t pubblicitario
05 Febbraio 2010
Domenica notte va in onda il rito annuale del Superbowl, della finale del campionato di football americano. E l’evento potrà essere seguito anche dall’Italia: diretta tv su Rai Due, dalle 00:15. Nel 2009, la trasmissione dell’incontro tra Pittsburgh Steelers e Arizona Cardinals (e di tutto lo show di contorno) ha tenuto incollati davanti al video 98,7 milioni di spettatori, Oltreoceano. Una platea immensa.
Per questo motivo la vendita dei numerosi spazi pubblicitari previsti all’interno del programma, risulta di anno in anno un caso nel caso sempre più serio, da analizzare. Non solo dal punto di vista economico. Così che dallo scorso 15 gennaio, da quando l’associazione Focus on the Family ha reso nota l’acquisizione di uno spazio, per la diffusione di uno spot dichiaratamente pro-life, così che i principali canali d’informazione statunitensi, hanno presto realizzato come ingannare l’attesa del pubblico, prima dell’inizio della sfida tra Indianapolis Colts e New Orleans Saints.
Nel frattempo, profittando dell’occasione, è sembrato loro più che logico alimentare il discorso dei media ancora una volta con gli argomenti – contrapposti – di anti-abortisti e pro-choice: le due squadre impegnate nel match culturale che più emoziona la società americana, ancora e sempre oggigiorno. Lacerandone la coscienza, mentre si fa esercizio di ragione. Sì, anche aspettando il kickoff (il calcio d’inizio) del 44° Superbowl della storia.
Eppure, qui, al fondo della questione sull’opportunità di uno spot piantato nel campo di uno spettacolo di sport, c’è poi soltanto una storia. Una semplice, umanissima storia. C’è solo l’evocazione di una vicenda familiare. In trenta-secondi-trenta, l’associazione d’ispirazione evangelica "celebra vita e famiglia" richiamando l’attenzione sulla storia di Tim Tebow. Del formidabile quarterback dei Florida Gators, nato da Pam il 14 agosto 1987. A Manila, nelle Filippine. La donna è incinta e le diagnosticano una forma grave di dissenteria amebica. La sua salute e la gravidanza, sono esposte a qualche rischio. Certificato. Ma Pam non si lascia vincere dal dubbio, non si lascia convincere dalla paura. Tim nasce. E cresce fino a diventare un ragazzone di 190 centimetri per 111 chili di peso.
Nel 2010, lui è un’autentica promessa del football che non vede l’ora di ricevere una chiamata, da una delle migliori franchigie della Nfl (National Football League, la lega professionistica). Proprio mentre lei, la madre, racconta per l’ennesima volta la storia della sua vita e della sua famiglia. Questa volta, come in un flash-back subito sfumato nella sequenza di immagini della réclame. Ritagliata a misura di piccolo schermo. Da parte sua, la stessa concessionaria di pubblicità della Cbs – della rete che trasmette il Superbowl – ribadisce di avere considerato l’offerta Focus on the Family in questione, esclusivamente secondo un’ottica commerciale. Seguendo il medesimo criterio che ha guidato la selezione di tutte le inserzioni programmate. Valutando la convenienza finanziaria dell’operazione e monitorando target e messaggio di riferimento. Questa la risposta ufficiale, trapelata dall’interno della tv a seguito delle interpellanze e degli interventi polemici di altri sodalizi, anti-anti-abortisti.
Altro che strumentalizzazione politica: il caso dimostra che basta la citazione di una storia personale che è un inno alla vita, per bucare difese e resistenze ideologiche. Nonché per bucare il video, nel giorno dell’evento.