Surge, i numeri del successo

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Surge, i numeri del successo

21 Marzo 2008

La Brookings Institution, prestigioso centro studi americano
bipartisan ma considerato vicino al Partito Democratico, da tre anni segue
l’evolversi della situazione in Iraq e ha recentemente pubblicato un sorprendente
aggiornamento circa i progressi compiuti dal surge del generale Petraeus. Il rapporto, pubblicato anche dal New
York Times, mostra come la sicurezza sia costantemente migliorata negli ultimi
12 mesi, e come anche dal punto di vista politico si siano registrati progressi
significativi.

Per analizzare quanto più oggettivamente possibile la
situazione in Iraq, la Brookings ha utilizzato degli indicatori quantitativi
semplici, chiari e verificabili: l’entità delle perdite tra i soldati americani
schierati nel paese, il numero dei civili iracheni vittime della violenza
terrorista e settaria, gli attacchi giornalieri realizzati dalla guerriglia e
dalle milizie, la consistenza delle forze di sicurezza irachene e le perdite da
loro subite, il numero di posti di polizia congiunti iracheno-americani.
Ebbene, nell’ultimo anno, tutti gli indicatori hanno registrato una tendenza
positiva verso la diminuzione della violenza settaria e l’aumento del controllo
del territorio da parte delle forze irachene ed americane.  

Era il febbraio 2007 quando Washington ha optato per il surge. In quel mese i soldati
statunitensi uccisi in Iraq ammontavano a 81, ma già al novembre successivo il
numero era sceso a 40, fino ai 36 dello scorso febbraio, esattamente a un anno
di distanza, con una diminuzione complessiva del del 56%. La riduzione delle
vittime americane è ancora più significativa considerando che nello stesso
periodo il numero delle truppe schierate dagli Stati Uniti in Iraq è aumentato
del 15%, con una crescita quindi del numero dei potenziali bersagli della
guerriglia. Parallelamente, ai 2.700 civili iracheni rimasti uccisi nel febbraio
2007, fanno fronte i 650 di novembre e i 700 del febbraio di quest’anno. Anche
in questo caso si è assistito a una considerevole diminuzione delle vittime
della violenza, pari al 74%, risultato che è passato inosservato perché i principali
media italiani si sono esclusivamente concentrati sulle decine di morti provocati
dai singoli attentati.

La diminuzione delle vittime è strettamente collegata alla
quantità di attacchi da parte della guerriglia e delle milizie, numero che
include sia le vittime di bombe sia quelle da arma da fuoco riconducibili a
violenza settaria o politica. Gli attacchi giornalieri erano 210 a febbraio
%0A2007, 80 a novembre e 65 a febbraio 2008, registrando un calo del 69% in un
anno. L’indice dimostra chiaramente come la capacità offensiva di chi si oppone
alla stabilizzazione del paese è diminuita sia in termini di risorse umane che
di appoggio logistico; un esempio plastico della carenza di aspiranti kamikaze
è l’utilizzo negli ultimi attacchi suicidi di ragazze down incapaci di
intendere e di volere.

L’altra faccia della diminuzione della violenza è l’aumento
delle capacità delle forze di sicurezza irachene. Gli effettivi agli ordini del
governo di Baghdad erano 323 mila nel febbraio 2007, 430 mila a novembre e 425
mila a febbraio 2008, con un aumento a regime del 31,5%. Nello stesso periodo
le vittime tra i militari e i poliziotti iracheni sono diminuite dalle 150 del
febbraio 2007 alle 110 del febbraio 2008, con una riduzione del 26% resa ancor
più significativa dal fatto che nel frattempo, come detto, sono notevolmente
aumentati gli uomini in divisa possibili bersagli di guerriglieri e miliziani.
Nello stesso periodo i posti di polizia gestiti congiuntamente da iracheni e
americani, indispensabili per un efficace controllo del territorio e una
incisiva azione di contro-guerriglia, sono passati a Baghdad dai 15 del
febbraio 2007 ai 72 del febbraio 2008.

La strategia di contro-guerriglia attuata da Petraeus,
basata su un aumento del numero di truppe e al tempo stesso sul loro massiccio utilizzo
nelle strade irachene, sembra dunque essere riuscita a migliorare la situazione
della sicurezza in Iraq. Inoltre, il rapporto “politico” avviato da Petraeus
con le tribù sunnite della provincia di Anbar, che rappresenta un terzo del
territorio dell’Iraq ed è stata fino al 2006 la roccaforte della guerriglia
baathista, ha contribuito decisamente al cosiddetto “risveglio sunnita”. I gruppi
tribali dell’area hanno rotto l’alleanza con gli emissari di Al Qaeda, anche
alla luce delle loro imposizioni fondamentaliste, e si sono alleate con gli
americani che hanno dimostrato con il surge
di essere in Iraq per vincere e non per fare da bersaglio. Così, in pochi mesi,
sempre secondo il rapporto della Brookings, sono stati arruolati 60 mila volontari
sunniti che ora collaborano con le truppe americane e le forze di sicurezza
irachene nella caccia ai qaedisti. Va poi tenuto conto del parallelo appeasement degli americani verso il
leader delle milizie sciite Moqtada Al-Sadr, che nell’ultimo anno ha imposto un
cessate il fuoco ai suoi uomini nel sud dell’Iraq iniziando un negoziato
politico con il governo centrale.

Proprio il compromesso politico e la riconciliazione
nazionale tra le autorità di Baghdad e i gruppi sciiti e sunniti che fino
all’anno scorso fiancheggiavano la guerriglia, sono state la chiave di volta
per la stabilizzazione del paese: l’obiettivo del surge era infatti creare le condizioni di sicurezza favorevoli
proprio allo svolgimento di tale processo. Anche su questo fronte il rapporto
della Brookings segnala un trend positivo, sebbene meno accentuato che sul
versante della sicurezza. Il monitoraggio individua undici parametri, ed
assegnando a ciascuno un punteggio da 0 a 1 a seconda dei progressi registrati,
assegna il voto complessivo di 5, molto incoraggiante considerato che a
febbraio 2007 il voto totale era 1. In particolare, tre leggi approvate lo
scorso mese dal Parlamento iracheno hanno permesso di superare lo stallo
politico e compiere un passo decisivo verso la riconciliazione nazionale.

In primo luogo, è stato approvato il bilancio statale per il
2008 di circa 50 miliardi di dollari, che permetterà di utilizzare le entrate
fiscali e i proventi della produzione petrolifera (peraltro aumentata del 14%
in un anno) per fornire alla popolazione i servizi essenziali per una vita
normale come elettricità e acqua. In particolare, i trasferimenti dal governo
centrale alle province sono raddoppiati da 50 milioni di dollari del 2007 a 100
milioni nel 2008 (sempre secondo i dati della Brookings), favorendo così un
regolare pagamento degli stipendi statali e la ripresa dell’edilizia pubblica
con importanti ricadute occupazionali.

In secondo luogo, sono state stabilite per legge le
competenze e l’organizzazione delle province irachene, ponendo così le basi per
l’indizione delle elezioni provinciali entro ottobre 2008. Tale riforma
istituzionale è indispensabile per offrire ai gruppi locali sunniti, sciiti o
curdi, un accesso legale alle risorse economiche statali e un mezzo politico
per l’autogoverno del territorio, creando così una alternativa credibile e
vantaggiosa alla lotta armata. L’elezione di esponenti del “risveglio sunnita”
o delle milizie di Al-Sadr nei consigli provinciali di certo favorirebbe il passaggio
dei vari gruppi dal terrorismo alla lotta politica. La corruzione e il mal
funzionamento dell’apparato pubblico iracheno non saranno certo risolti
dall’approvazione del bilancio e dall’istituzione delle province, ma si tratta
comunque di un primo passo verso uno stato moderno e democratico, e soprattutto
del migliore argine alla spirale di violenza settaria.

In terzo luogo, è stata approvata un’amnistia per migliaia
di detenuti accusati di violenza politica e settaria, al momento detenuti nelle
carceri irachene. I loro processi sono stati di fatto resi impossibili sia dall’inadeguatezza
del sistema giudiziario che dal clima di vendetta settaria seguito alla
rimozione di Saddam Hussein e alla decisione di escludere completamente i
baathisti dagli apparati statali.

L’approvazione contestuale delle tre misure ha accontentato
sia i curdi, che ambivano subito ai fondi per il governo locale che da sé già
funziona a pieno regime, sia i sunniti che volevano scarcerare i loro
correligionari in prigione, mentre tutti e i gruppi etnici erano a favore
dell’istituzione dei consigli provinciali, e così il pacchetto è passato con
206 voti a favore su 275. Ora si tratterà di vedere come saranno applicate nel
dettaglio le tre leggi, ma è un fatto indiscutibile che un processo politico di
riconciliazione nazionale si è messo in moto anche grazie alla sicurezza
garantita dal surge americano, che ha
così raggiunto il suo obiettivo più difficile e importante.