Svelato il mistero teologico della Cappella Sistina

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Svelato il mistero teologico della Cappella Sistina

11 Novembre 2007

 

Lo scorso 30 ottobre è stato presentato ufficialmente, all’interno dei Musei Vaticani, il volume “La Sistina svelata. Iconografia di un capolavoro” (Jaca Book 2007, pagg. 352, Euro 130,00), un’opera corredata da 185 fotografie a colori e in bianco e nero che propone una lettura in chiave teologica decisamente innovativa degli affreschi della Cappella Sistina.

 

Il luogo simbolo della Chiesa universale, lo spazio sacro dove ancora oggi si tiene il Conclave per l’elezione del Successore di Pietro, viene infatti messo a nudo nel senso e nei significati, così come nelle forme e nei colori restituiti alla loro vivezza e purezza originarie dopo le campagne di restauri degli anni ’80 e ’90.

 

L’opera raccoglie i risultati del più che decennale percorso di ricerca di padre Heinrich W. Pfeiffer, S.I., docente di Storia dell’Arte Cristiana presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Il gesuita ha indagato sotto il profilo iconografico, teologico e iconologico tutto il corpus degli affreschi sistini che narrano i temi della storia biblica e rinascimentale e concludono con la gradiosa visione della fine dei tempi, dove si rivela lo strapotere del verbo pittorico michelangiolesco.

 

Lo studio presentato è una indagine iconografica che non affronta alcuna questione attibutiva concernente i dipinti delle pareti laterali, decorate in pieno Quattrocento da diversi pittori fiorentini e umbri. Si tratta di un testo che guarda avanti rispetto alla monumentale monagrafia dello Steinmann, per alcuni aspetti insuperata, e ai contributi recenti successivi ai restauri. Nelle sue analisi Padre Pfeiffer si muove su un percorso più accidentato incentrato sul rapporto tra i temi rappresentati e la contemporanea riflessione teologica, in particolare di ambito francescano, della corte pontificia di Papa Sisto IV della Rovere (1471-1484). Gran parte della sua ricerca è dedicata anche al simbolismo teologico dei colori utilizzati nei cicli figurativi, arrivando a conquistare quasi delle terre inesplorate.

 

L’opera, che rappresenta il primo volume del nuovo progetto editoriale Monumenta Vaticana Selecta nato dalla collaborazione tra i Musei Vaticani, la Libreria Editrice Vaticana e l’Editoriale Jaca Book, costituisce anche un atlante particolarmente affidabile delle pitture. Le prove di selezione cromatica sono state più volte valutate e corrette, testando il confronto diretto con gli originali nel variare delle condizioni di luce.

 

Tutto ha inizio da una visita alla Cappella Sistina alla fine degli anni ’50, all’epoca dei suoi studi universitari, quando padre Pfeiffer notò un affresco di Michelangelo, precisamente quello con “Noé deriso”, che presentava una stretta correlazione con l’affresco parietale di Cosimo Rosselli, posto perpendicolarmente al di sotto di quella scena.

 

Successivamente, le lunghe ricerche compiute nella letteratura teologica patristica e medievale per giugere all’esatta e corretta interpretazione di tutti gli affreschi della Cappella lo portarono ad una convinzione: ogni singolo particolare rappresentato negli affreschi non doveva essere frutto dell’invenzione degli artisti né avere solo una spiegazione formale, ma essere originato da un preciso contenuto, da ricercarsi nella biblioteca allora a disposizione dei teologi pontifici, ovvero la Biblioteca Vaticana, il cui primo nucleo si deve a Papa Niccolò V che nel 1450 mise a disposizione la propria raccolta personale costituita da alcune centinaia di manoscritti.

 

E infatti la raffigurazione quattrocentesca del Rosselli mostra “L’Ultima Cena” in un ambiente ottagonale, dove attraverso tre aperture sono visibili altrettante scene della Passione di Cristo e cioè il Getsemani, il Bacio di Giuda e la Crocifissione. Nel libro l’autore pone l’affresco sull’ebbrezza di Noé, che lo ritrae nel gesto di piantare una vigna e mentre dorme scoperto all’interno della sua tenda, in rapporto con la Civitas Dei (Libro XVI, cap.I) di Sant’Agostino, dove il Padre della Chiesa chiama il vigneto di Noé Domus Domini, la Casa del Signore. Nell’altra scena Noé viene ritratto dormiente mentre i figli Sem e Jafet accortisi della nudità del padre, simboleggiante la passione di Cristo, lo coprono con un panno rivolgendo lo sguardo altrove, mentre il terzo fratello Cam lo indica in modo canzonatorio. Tra l’altro, in queste scene tratte dalla Genesi, in cui il Vescovo d’Ippona riconosce un significato profetico celato da un velo, padre Pfeiffer fa notare per la prima volta che Sem porta sul corpo i segni della circoncisione ebraica, come a indicare le stirpi di due popoli, una circoncisa e l’altro no, che nasceranno da loro. Mentre, secondo Agostino, Cam rappresenta l’eretico cristiano che porta avanti apertamente lo Scisma della Chiesa.

Tra gli affreschi realizzati al tempo di Papa Sisto IV e quelli eseguiti da Michelangelo – la decorazione “a fresco” della volta dal 1508 al 1512, mentre la pittura della parete con il “Giudizio Universale” dal 1536 al 1541 – padre Pfeiffer è giunto a riscontrare una tale unità e armonia nel ciclo pittorico della Cappella da costringere a pensare ad un unico programma iconografico elaborato nei suoi tratti fondamentali già dai teologi di Sisto IV. Gli artisti, da parte loro, pur attenendosi agli scritti patristici e medievali, hanno saputo esprimersi con molta franchezza e, spesso, con spirito critico nei confronti dei Pontefici.

 

Tra i grandi temi teologici affrontati anche il rapporto tra Cristo e la sua Chiesa nell’immagine del rapporto tra la sposa e lo sposo; la sposa vista come la colomba del Salmo 67, nel quale la parola “clero” esprime, col suo significato originario, l’appartenenza esclusiva a Dio, mentre la colomba con i posteriora dorsi in pallore auri ricorda la promessa fatta al popolo di Dio di entrare un giorno futuro nel Paradiso celeste.

 

In particolare, le nozze mistiche tra Cristo e la Chiesa vengono svelate con molteplici osservazioni nei campi pittorici riservati all’Antica Alleanza. Il riquadro che raffigura Mosé furente nell’atto di distruggere le Tavole della Legge vede nella parte desta una coppia che si porge la mano nella danza. Ai piedi della coppia è ritratto coricato un agnello che rimanda al sacrificio di Cristo. Nella figura dello sposo è rappresentato il Cristo e nella sposa che incede danzando la sua Ecclesia. Inoltre, Rosselli che ha dato vita a questa scena ha inserito la sua firma in una ciotola contenente del colore rosso sangue, che posta al di sotto della sposa sulla cornice di pietra dipinta, sembra voler alludere una volta ancora al Cristo che si immola sulla croce.

 

Il programma pittorico della Cappella Sistina offre anche uno stimolo a riflettere sul vero significato dell’Immacolata Concezone di Maria, nel suo misterioso rapporto tra il concepimento immacolato nella mente di Dio e quello avvenuto nel seno di sua madre Anna. E a questo tema il sacerdote gesuita dedica molta attenzione rivelando come la scena con la Vergine Assunta tra gli Apostoli dipinta dal Perugino sulla parete dove in seguito Michelangelo ritrarrà il Giudizio Universale sia stata in realtà concepita come Immacolata Concezione per volere di Sisto IV. A testimonianza di ciò, nella scena rappresentata gli apostoli che guardano la Regina dei Cieli che ascende al Paradiso non si trovano presso il sepolcro di Maria. Nell’affresco perduto San Pietro stesso indirizza con la mano sinistra il capo coperto di Sisto IV verso il cielo, mentre il Pontefice inginocchiato davanti al Santo, che gli tocca leggermente la spalla con la chiave del Paradiso, rivolge egli stesso lo sguardo al cielo. Una devozione per Maria Immacolata quella del Pontefice che lo spingerà a istituire una festa a lei dedicata (8 dicembre) e, ancor prima di salire al soglio pontificio, a scrivere, nel 1448, per il Vescovo di Padova il noto Trattato “L’Orazione dell’Immacolata Concezione”.

 

Come spiega lo stesso padre Pfeiffer nell’Epilogo del volume “l’obiettivo di questa ricerca sulla Cappella Sistina è stato proprio quello di mostrare come il riavvicinamento tra teologia e storia dell’arte possa portare frutti del tutto insperati. E così, anche la parola e l’immagine vengono a loro volta riavvicinate e divengono capaci di dimostrare come si completino a vicenda. Infatti la parola trova nuovamente corpo da animare e la veste adatta, mentre l’immagine non diletta più solo gli occhi, ma si fa portatrice delle grandi idee che hanno animato la storia dell’umanità, come pure della fede in Dio e nella sua azione a favore del creato”.

 

Quello che è certo è che il volume offre un aiuto prezioso per guardare con occhi nuovi quel magnifico “santuario della teologia del corpo umano”, come lo definì Giovanni Paolo II, rappresentato dalla Cappella Sistina.