Tango, moda e pane casereccio

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Tango, moda e pane casereccio

Tango, moda e pane casereccio

17 Settembre 2012

Tango! 11 settembre al Parco della Musica, presentazione del Festival Buenos Aires Tango, una specie di concorso fra i migliori ballerini arrivati appositamente dall’Argentina. L’evento presentato è grande e sarà di sicuro entusiasmante per gli appassionati; la riunione di presentazione invece è piccola e informale, quasi una festicciola fra amici. Il coordinatore che racconta il programma con sonoro accento sudamericano si chiama Varchausky, un cognome non propriamente ispanico, riscattato dal nome Ignacio. La famosissima (in Argentina) cantante, star dell’evento, Maria Graña, è identica a Platinette, povera donna. Il tutto si ravviva inaspettatamente con l’esibizione estemporanea di due fratelli ballerini, maschi (non pensate a male, ci avvertono loro stessi, è una rispettabile vecchia tradizione) che improvvisano un tango fra loro, brillante, spiritoso, elegante e decisamente privo di qualsiasi riferimento erotico. Finalmente, perché la fissazione di caricare ogni passo di questo ballo di significati sessuali ci è sempre sembrata esagerata.

Abbiamo dato un’occhiata al calendario di settembre dell’Auditorium e abbiamo visto che, come per le tabelle del traffico nei periodi di vacanza, ci sono due giorni con il bollino nero (per noi), venerdì 21 e sabato 22: rispettivamente Giovanna Marini e Ludovico Einaudi.

Fashion night out. 13 settembre, serata di celebrazione globale della moda organizzata da Vogue Italia. La giornata è stata piovosa ma, dalle otto in poi si gira benissimo per il centro di Roma con un’arietta fresca e neanche una goccia. Minigonne, hot pants, acconciature e trucchi che sembra la swinging London dei ’60. La festa è davvero divertente. Caciarona, naturalmente, con i negozi su Via del Corso in competizione a colpi di dj e techno a tutto volume, ogni tanto anche con buona musica. Qualche gruppo dal vivo qua e là. Ottimo prosecco e tartine nel nuovo grande e bello spazio di Vuitton a piazza in Lucina, dove c’era il cinema Etoile.

A proposito dei cambi di destinazione degli esercizi commerciali storici, vorremmo spezzare una lancia contro i piagnistei sul cappellaio che stava lì dall’ottocento, o sulla sala cinematografica venduta e poi snaturata. Proprio lo showroom Vuitton è un perfetto esempio di come riconvertire uno spazio che non serve più perché sono cambiati i tempi. Era un cinema, prima? Benissimo. Progettato da Marcello Piacentini? Meglio ancora, infatti la facciata era ed è rimasta bella. Solo che, adesso che la gente non esce più per andare a vedere un film, cosa facciamo, lo lasciamo ammuffire con le stimmate di museo? No, è bene che lo spazio continui a seguire la sua vocazione commerciale con le modifiche necessarie, tanto più se affidate a una buona mano, come in questo caso, e diventi un grande negozio, non importa di cosa. Dobbiamo anche ricordarci che, quando la bottega storica è stata aperta, forse due secoli fa, avrà di sicuro preso il posto di qualche predecessore, magari un laboratorio di parrucchini, che, almeno per anzianità, era più storico di lei. E’ il normale avvicendarsi delle cose.

Abbiamo parlato di grandi spazi che certo è facile rendere belli con grandi capitali. Ma durante la festa siamo anche capitati in ambienti senza nessuna attrattiva, impreziositi non dai quattrini, ma dalle idee. In un banale androne al Corso ci è molto piaciuta la presentazione di un kit di abiti mandrakiani, nel senso che si tratta di capi che, indossandoli alla rovescia o con l’aggiunta minima di una sciarpetta o di un laccio cambiano magicamente look e funzione. Insomma, da una scatoletta minuscola abbiamo visto fiorire addosso a una graziosa indossatrice un intero guardaroba. La nostra incompetenza nel ramo non ci permette di capirne i meccanismi, ma non ci impedisce di trovare il tutto intelligente, ingegnoso, e di gran gusto. Il merito a Lia Morandini, costumista e artefice di questa buona idea e della sua realizzazione. Su un tavolino lì vicino, in una cesta insieme a qualche bottiglia di vino, ci è apparso e ne abbiamo approfittato senza vergogna come piacevole alternativa artigianale alle tartine che ci avevano stufato, dell’eccellente pane casereccio preparato dall’amico attore Giovanni Vettorazzo, che conoscevamo come professionista del set ma non del forno. Il risultato? Gustoso.

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L’archivio del Cavalier Serpente, o meglio la covata di tutte le sue uova avvelenate, sta al caldo nel suo blog. Per andare a visitarlo basta un click su questo link: http://blog.libero.it/torossi