Tanti motivi per stare a casa ma vale ancora la pena andare a votare
13 Maggio 2011
Per una città provata come Napoli e per i comuni della sua provincia il rinnovo delle amministrazioni doveva essere l’occasione per voltare pagina, per dare un calcio ai problemi e alle inefficienze del passato ricominciando seriamente a lavorare per il bene della città. Eppure, a vedere la piega presa da questa campagna elettorale, di nuovo sembrerebbe esserci ben poco: vecchi veleni, vecchie accuse, vecchie dinamiche da politica del tritacarne.
Ci saremmo aspettati, o meglio avremmo auspicato, una competizione giocata sui contenuti e sulle proposte. In fondo, la speranza è sempre l’ultima a morire, anche in un contesto come quello napoletano, dove da anni l’augurio è sempre lo stesso e puntualmente si scontra contro il muro della realtà dei fatti, che mortifica le aspettative. Di proposte sicuramente ce ne sono state, ma a far da protagonista è stato ed è piuttosto (e come al solito) il fango che i candidati hanno deciso di buttarsi addosso. Un film già visto, che avremmo preferito non rivedere. Così, a qualche giorno dalle tanto attese elezioni, sulle prime pagine dei giornali e nel confronto televisivo non c’è tanto la competizione su come risolvere i gravi problemi che affliggono Napoli e dintorni, ma c’è piuttosto un continuo rimpallarsi le colpe e scambiarsi accuse.
Il Pd, dopo aver velatamente (e neppure troppo) insinuato che la Prefettura avrebbe rallentato i controlli nelle liste volti ad evitare infiltrazioni malavitose, si è scagliato contro il Pdl sostenendo che nei Quartieri spagnoli, a Secondigliano, a Scampia e in altri rioni delle aree a Nord e ad Ovest di Napoli sarebbe stato attuato dal centrodestra un sistema di compravendita di voti per cifre che andrebbero dai 30 ai 50 euro. Dall’altro lato, il Pdl respinge e rilancia le accuse al mittente, denunciando l’impossibilità di accedere a zone come San Giovanni a Teduccio e tutta l’area orientale, che sarebbero controllate come un feudo dai democratici. Lettieri sostiene di aver addirittura ricevuto minacce e intimidazioni con lo scopo di dissuaderlo dal fare campagna elettorale da quelle parti.
A prescindere dalla fondatezza o meno delle reciproche gravissime accuse, sulla quale si spera che venga fatta preso chiarezza, un dato di fondo resta ed è il seguente: ci troviamo di fronte ad un pessimo spettacolo. Se la spartizione per aree politiche della città fosse vera, con tutto ciò che ne conseguirebbe in termini di voto di scambio e logiche da Medioevo, ci sarebbe di che indignarsi. Ma anche se niente di tutto ciò fosse vero e se si trattasse soltanto di accuse infondate, lo spettacolo non sarebbe di certo meno sconfortante: anzi, ci troveremmo di fronte a delle forze politiche che preferiscono fondare la competizione sulla reciproca demolizione che non su un costruttivo confronto di idee. In entrambi i casi, dunque, la situazione risulta a dir poco deprimente, al punto che mettendosi nei panni dei cittadini napoletani non ci sarebbe molto da biasimarli se decidessero di starsene a casa e di non andare neppure a votare.
Eppure, così non è e non deve essere. I veleni di questa campagna elettorale, che hanno dominato senza dubbio la scena, dovrebbero rappresentare un incentivo in più per fare una scelta e dare la propria fiducia, domenica e lunedì, a quelle idee, rimaste in penombra offuscate dal livore delle ultime settimane, che pure ci sono e vengono promosse da chi, anche nel marasma delle accuse, si è impegnato sul territorio per farle conoscere ai cittadini affinché potessero liberamente sceglierle. Sarebbe davvero un peccato lasciare che la macchina del fango travolgesse anche ciò che di nuovo c’è tra gli ingombranti residui del vecchio che finora ha governato Napoli, demoralizzando i cittadini napoletani e impedendo loro di imprimere alla città quella svolta che merita. Ci sarebbero tanti motivi per stare a casa, ma è molto meglio andare ad esercitare quel diritto-dovere che ha ancora il potere di cambiare qualcosa.