Tartaruga Italia e lepri del debito interno lordo
08 Luglio 2010
di Marco Fortis
Il dibattito di queste ultime settimane tra chi si schiera a favore dell’austerità fiscale e chi preferirebbe politiche meno rigorose per non frenare la debole ripresa dell’economia mondiale appare, per certi aspetti, un po’ surreale se si soppesano i costi della crisi inquadrandoli in una prospettiva storica.
In economia i fattori di crescita (e, all’opposto, di non crescita) sono molti, come innovazione, efficienza della macchina pubblica, operatività dei mercati. Ma anche le "bolle" in molti casi hanno spinto la crescita e questo è certamente avvenuto nei paesi anglosassoni e in Spagna dal 2002 al 2008 sino all’esplosione della crisi dei mutui subprime con le sue drammatiche ricadute internazionali. E ora, purtroppo, ne paghiamo tutti le conseguenze: dall’era del Pil (prodotto interno lordo) siamo entrati diritti nell’era del Dil (debito interno lordo), cioè un’epoca in cui per l’irresponsabile condotta economica degli ultimi anni un gran numero di paesi è riuscito simultaneamente ad accumulare giganteschi debiti "aggregati" a livello di famiglie, imprese, banche e pubbliche amministrazioni.
E adesso, senza un adeguato riequilibrio dei vari Dil nazionali dei paesi "ricchi", non sarà facile per il Pil mondiale ritrovare la via della crescita sperando soltanto nel dinamismo dei paesi emergenti. Che, peraltro, rischia esso stesso di indebolirsi se viene basato solo o principalmente sull’export verso Usa ed Europa.
Più volte abbiamo scritto che il disastro economico-finanziario di tanti paesi "cicala" (ex "lepri") permette in certa misura di rivalutare la modesta crescita economica degli ultimi anni dei paesi "formica" (ex "tartarughe"), tra cui figurano la Germania e l’Italia. Perché appare evidente che, anche senza considerare la drammatica caduta della ricchezza netta delle famiglie che ha colpito i paesi anglosassoni e la Spagna, i costi pubblici della crisi stanno ormai superando nei paesi "cicala" i benefici del maggior tasso di sviluppo economico che in precedenza essi avevano mostrato.
Per capire meglio la questione, proponiamo una comparazione tra la crescita economica e la dinamica dei bilanci primari dei principali paesi occidentali utilizzando come benchmark proprio l’Italia: cioè la più "tartaruga" delle "formiche" (almeno secondo la vulgata di moda fino a poco tempo fa, che esaltava invece, oltre a Stati Uniti e Gran Bretagna, anche Spagna, Irlanda, Grecia, Islanda).
L’Italia è il paese che assieme alla Germania ha mostrato nel periodo 2000-2008 la più bassa crescita cumulata del Pil, che in termini assoluti è stata in Italia di 81 miliardi di euro (a prezzi 2000) e percentualmente del 6,8%, mentre in Germania è stata di 212 miliardi e del 10,3%. Molto più forti in percentuale sono state le crescite cumulate dei Pil di Stati Uniti, Gran Bretagna e Spagna dove la "bolla" trainava le rispettive domande interne, a livello sia di investimenti in costruzioni sia di consumi delle famiglie.
Rispetto al trend di crescita italiano, il prodotto interno lordo americano effettivo è aumentato in più, nel 2000-2008, di ben 1.173 miliardi di dollari a prezzi costanti, quello inglese di 129 miliardi di sterline, quello spagnolo di 131 miliardi di euro, quello francese di 102 miliardi di euro e quello tedesco di 71 miliardi di euro. Ma questa è solo la prima parte del film.
Infatti, adesso che siamo finiti nel bel mezzo della più grave crisi mondiale degli ultimi ottant’anni – una crisi generata dal modello sbagliato di sviluppo abbracciato dai paesi della "bolla" – è ormai chiaro che i costi conseguenti dei soli disavanzi pubblici primari cumulati degli altri principali paesi avanzati nel triennio 2009-2011 risulteranno di gran lunga superiori al valore della maggior crescita economica precedente di tali paesi rispetto all’Italia nel periodo 2000-2008.
Infatti, secondo le proiezioni del database Ameco della Commissione europea, nel triennio 2009-2011 il disavanzo primario tedesco a prezzi costanti risulterà maggiore di quello italiano di 90 miliardi di euro, quello spagnolo di 162 miliardi, quello francese di 228, mentre ai tassi di cambio del 30 giugno 2009, il disavanzo primario inglese supererà quello italiano di un valore equivalente di 269 miliardi di sterline e quello americano di 2.624 miliardi di dollari. Cifre ampiamente superiori agli incrementi assoluti dei rispettivi Pil a valori costanti che tutti questi paesi avevano avuto in più nel periodo 2000-2008 rispetto all’Italia.
Gli Stati Uniti, ad esempio, nel periodo 2000-2008 avevano fatto registrare una maggior crescita del proprio Pil rispetto all’Italia pari a 1.173 miliardi di dollari, che appare oggi alquanto effimera considerando che essa è meno della metà di quello che gli Usa dovranno spendere in più rispetto a noi nel triennio 2009-2011 a livello di disavanzo primario, cioè 2.619 miliardi di dollari, per sostenere la loro economia prima distorta e adesso indebitata.
Tratto da Il Sole24Ore.