Temi etici: la Royal imbarazza Prodi
03 Maggio 2007
Prima ha auspicato che fosse Bayrou a togliergli le castagne dal fuoco, dichiarando dal «centro» il proprio appoggio alla sinistra Royal. Frustrato questo suo pio desiderio, ha dovuto esprimersi, ed ha manifestato all’affascinante Ségolène il suo appoggio – invero un po’ stitico, come ha sottolineato Il Foglio: alla richiesta di una presenza personale, per rendere percepibile sullo sfondo e propagandisticamente efficace l’immagine di un Sarkozy replicante francese di Berlusconi, ha risposto con l’invio di un video. È evidente l’imbarazzo del nostro presidente del consiglio. Romano Prodi è cattolico, dice. La signora Royal un po’ meno.
Se Bayrou, centrista e beneficiario di quel che residua dell’elettorato cattolico e democristiano del fu MRP, specialmente in Bretagna, come ha ricordato su l’Occidentale Gilles Le Béguec a Christine Vodovar e Lucia Bonfreschi, si fosse dichiarato Royaliste, Prodi avrebbe potuto mettersi in scia: anche in Francia, come in Italia, un centro con una forte componente cattolica s’allea con la sinistra socialista e radicale. Ma Bayrou, aspirante terza forzista, non ha potuto. Forse avrebbe voluto, ma probabilmente le scelte della candidata socialista sulle questioni eticamente sensibili sono troppo sbilanciate perché non essere costretto a giudicarle un ulteriore ostacolo ad un’opzione che avrebbe potuto bruciarlo, e consumare il suo sogno di fare il «terzo uomo». Sappiamo bene, infatti, che cosa già pensasse l’affascinante madame Royal in tema di aborto e «diritti riproduttivi», di procreazione artificiale, clonazione e sperimentazione sugli embrioni umani, eutanasia e selezione eugenica.
Il suo «Patto presidenziale», poi, ha precisato, alla proposizione 23, che ha in programma la scolarisation obligatoire dès 3 ans, e, alla proposizione 39, che s’impegnerà per assicurare la contraception gratuite pour le jeunes femmes de moins de 25 ans (meno di venticinque anni li ha anche una bambina di undici anni). La proposizione 87, inoltre, impegna la candidata radicalsocialista a garantir l’égalité des droits pour les couples de même sexe. Il significato di tale impegno lo ha specificato – come fece il candidato Romano Prodi – con una lettera, indirizzata all’Inter-lgbt (lgbt: lesbian, gay, bisexual, transgender), federazione di associazioni che organizzano il gay pride in Francia: una legge che consenta matrimonio e adozione alle coppie gay e lesbiche, e l’accesso alla procreazione artificiale alle coppie di sole donne. Inutile parlare della sua idea di laïcité, e della sua declinazione vetero-laicista.
Dunque, sulle «questioni non negoziabili» (vita, famiglia, educazione) per chi è (o dovrebbe essere) «attento al magistero della Chiesa», la signora Royal esprime convinzioni ed intenti diametralmente opposti a quelli che la stessa Chiesa ritiene vincolanti per i cattolici, e per i politici cattolici – o «cattolici impegnati in politica» –, ma in funzione non di un atto di fede, bensì di ragione, ed in ossequio al diritto ed all’ordine naturali, cioè ad un’antropologia conforme alla realtà dell’humanum.
Ciononostante, come sappiamo, Prodi si è dichiarato, diversamente da Bayrou, Royaliste. Escludendo che l’abbia fatto perché ignora questi punti del programma della candidata socialista (possiamo anche pensarlo, ma sarebbe certo irriguardoso affermarlo); escludendo pure che li condivida (in mancanza di esplicita affermazione in tal senso), o che li consideri irrilevanti – nella melassa di «buoni propositi», che se attuati sarebbero disastrosi per la vita economica e l’ordine e la sicurezza sociali della Francia, nel «Patto presidenziale» spiccano proprio questi, insieme alla tendenza «eurabica» ed antiatlantista, come gli unici elementi davvero caratterizzanti, al di là del fatto che essi sono per loro natura temi dirimenti –; tutto questo escludendo, rimane una sola possibile spiegazione. Poteva rimanere solo Prodi in silenzio – di sostenere Sarkozy-Berlusconi neanche a parlarne – o «equivicino», mentre tutti gli azionisti della sua variopinta e sinistra maggioranza avevano scelto secondo i palpiti del loro cuore gauchiste? Ma è stata solo la «ragion di coalizione» a spingerlo ad una scelta che un cattolico «attento al magistero della Chiesa» mai potrebbe, e mai avrebbe dovuto, fare? In realtà, per quanto si possa essere convinti che, per ciò che lo riguarda, tale ragione abbia un peso specifico altissimo, ci sembra di poter dire che la causa sia più profonda.
Per i cattolici progressisti, o «democratici», soprattutto nella versione dossettiana, regola fondamentale è «nessun nemico a sinistra». Con orgogliosa fermezza qualche anno fa lo ha ricordato, a chi «accusava» la Dc di conservatorismo e moderatismo, Ciriaco De Mita. In un’intervista al Corriere della Sera, con parole insolitamente chiare, che sono eco fedele, quasi trascrizione, di una tesi proverbiale del vecchio democristiano francese Georges Bidault («Governare al centro, e fare, con i mezzi della destra, la politica della sinistra»), egli ha rivendicato che «La DC prendeva i voti a destra e li trasferiva sul piano politico a sinistra». Invero, con esito non entusiasmante, come già prevedeva Gramsci ed i fatti stanno inesorabilmente confermando: «Il cattolicismo democratico fa ciò che il comunismo non potrebbe: amalgama ordina, vivifica e si suicida. […] Perciò non fa paura ai socialisti l’avanzata impetuosa dei popolari […]. I popolari stanno ai socialisti come Kerensky a Lenin». E perciò i ponti che essi gettano – diversamente da quelli gettati dai liberali conservatori, che portano ad un incontro con i valori ed i principi della tradizione occidentale e cristiana e quindi con la stessa Chiesa, come ha autorevolmente sottolineato Benedetto XVI a Verona – sono tutti a senso unico e percorribili in una sola direzione. Ieri, conducevano, «gramscianamente», dai principi della dottrina sociale della Chiesa al socialcomunismo (la «teologia della liberazione» ne fu un esempio di scuola); oggi, conducono verso il radicalismo di massa, autentico nome e volto dell’utopia costruttivista dei giorni nostri, che ha i suoi assi portanti nel relativismo e nel nichilismo, e che pretende di riscrivere con le leggi la realtà dell’uomo e della famiglia, e di fare di ogni desiderio un diritto. Così, per Prodi è stato in fondo naturale allinearsi, anche in questo caso, alla scelta più sinistra. Con buona pace del magistero. Forse perché la Chiesa non si è mai preoccupata di precisare che il suo insegnamento è vincolante anche per i cattolici adulti.