Tercas, la Corte di Giustizia certifica l’abbaglio europeo sugli “aiuti di Stato”. Chi pagherà i danni?

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Tercas, la Corte di Giustizia certifica l’abbaglio europeo sugli “aiuti di Stato”. Chi pagherà i danni?

Tercas, la Corte di Giustizia certifica l’abbaglio europeo sugli “aiuti di Stato”. Chi pagherà i danni?

09 Marzo 2021

Con la recentissima sentenza della Corte di Giustizia è stato definitivamente acclarato che non ci fu alcun “aiuto di Stato” nei fondi concessi dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd) alla Banca Popolare di Bari per il salvataggio di Tercas nel 2014 diversamente da quanto erroneamente ritenuto dalla Direzione Competition della Commissione europea guidata, oggi come allora, da Margrethe Vestager. La Corte  ha respinto l’impugnazione dell’Antitrust europeo confermando la sentenza del Tribunale UE del 2019, secondo la quale i fondi non costituivano aiuti di Stato in quanto non controllati dalle autorità pubbliche italiane.

Il caso, come noto, risale a circa sei anni fa quando il Fitd, al fine di consentire la sottoscrizione di un aumento di capitale da parte della Banca popolare di Bari, accorsa in salvataggio di Banca Tercas, ne coprì il deficit patrimoniale residuato dopo l’utilizzo dell’intero patrimonio sociale, con un versamento di circa 265 milioni di euro, misure approvate dalla Banca d’Italia. L’Antitrust Ue, inopinatamente, ritenne che si trattasse di aiuto di Stato illegittimo concesso dall’Italia a Tercas e ne ordinò il recupero.

L’Italia, la Popolare di Bari e il Fondo di Tutela dei Depositi, sostenuto dalla Banca d’Italia, si attivarono immediatamente proponendo ricorso per ottenere l’annullamento della decisione. Ricorsi che sono stati accolti il 19 marzo 2019 dal Tribunale dell’Ue, secondo cui le condizioni per qualificare l’intervento come aiuto di Stato non erano soddisfatte, poiché l’intervento non era né imputabile allo Stato italiano né finanziato mediante risorse statali da esso provenienti.

La sentenza della Corte di Lussemburgo rigetta l’impugnazione interposta avverso la pronuncia del Tribunale dalla Commissione UE, sottolineando che affinché i fondi siano qualificati come “aiuti” di Stato devono ricorrere quattro condizioni: che sussista un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali, che tale intervento possa incidere sugli scambi fra gli Stati membri, che esso conceda un vantaggio selettivo al suo beneficiario e che falsi o minacci di falsare la concorrenza.

Nel caso di Tercas, per quanto riguarda, in particolare, l’imputabilità alle autorità italiane dell’intervento del Fondo, la Corte ha confermato che “il Tribunale non ha commesso errori dichiarando che gli indizi presentati dalla Commissione per dimostrare l’influenza delle autorità pubbliche italiane sul Fitd non permettono di imputare il suo intervento a favore di Tercas alle autorità italiane”.

Ha certamente ragione il Presidente dell’ABI, Antonio Patuelli, a sottolineare la necessità che i risparmiatori e le banche concorrenti italiane vengano adeguatamente e tempestivamente risarciti per i gravi danni subiti per l’errore di diritto compiuto dalla precedente Commissione Europea.

C’è tuttavia un danno assai difficile da quantificare in termini monetari e che va ben al di là del caso Tercas: è il generalizzato atteggiamento di sfiducia, quando non addirittura di “risentimento”, indotto nell’opinione pubblica nei confronti dell’industria bancaria a seguito della errata decisione della Commissione UE. Decisione che produsse a cascata il mancato salvataggio delle quattro banche dell’Italia centrale, sottoposte al famigerato bail-in, con le gravi conseguenze che tutti conosciamo. La materia, pur certamente assai tecnica, ha avuto un impatto molto forte sull’opinione pubblica.

A distanza di sei anni, la Corte rende, ma solo in parte, giustizia di quella vicenda. Se l’errore fosse stato riconosciuto con maggiore tempestività probabilmente la storia recente sarebbe stata diversa e non solo in relazione alla gestione delle crisi bancarie.

Un approccio più flessibile e realistico da parte delle istituzioni europee avrebbe evitato le gravi conseguenze che si sono prodotte a danno dei risparmiatori. È una lezione su cui vale la pena riflettere.

*Segretario Generale Assopopolari