Termini Imerese e la macchina dei sussidi della FIOM
01 Dicembre 2011
Termini Imerese è morta, ma non è una novità. Fiat ha lasciato lo stabilimento siciliano dopo quaranta anni di produzione di piccole utilitarie e molti incentivi pubblici. Nonostante questo flusso continuo di denaro pubblico, l’impianto di Termini non ha retto la prova dell’efficienza e Sergio Marchionne ha deciso di eliminare dal business plan dell’azienda torinese lo fabbrica siciliana.
I soldi pubblici non sono venuti meno nemmeno alla “morte”, dato che sia la Regione Sicilia che il Governo nazionale hanno deciso di salvare una parte dei dipendenti con ammortizzatori sociali e con denari a fondo perduto per lo sviluppo economico della zona industriale.
Termini Imerese è nata un po’ come una cattedrale nel deserto. Lo stabilimento non è mai stato supportato da una logistica favorevole e gli Enti Locali non hanno mai fatto gli investimenti necessari per semplificare i collegamenti verso i mercati di sbocco. Per ogni auto che Fiat produceva nella fabbrica di Termini, vi era un aumento dei costi legati alla logistica di 1500 euro rispetto agli altri stabilimenti dell’azienda guidata da Marchionne in Italia.
Nonostante queste difficoltà specifiche di Termini Imerese, il neoministro alle infrastrutture, trasporti e allo sviluppo economico Corrado Passera ha deciso di continuare ad investire nella zona industriale siciliana per cercare di salvarla e rilanciarla. La chiusura dello stabilimento Fiat è infatti un duro colpo per l’economia regionale ed è anche per questo motivo che vi saranno investimenti per oltre 350 milioni di euro per lo sviluppo. Fiat dunque chiuderà a fine anno e lascerà a casa oltre 1500 dipendenti. La stessa azienda torinese investirà 21 milioni di euro per pagare gli ammortizzatori sociali ai dipendenti che andranno in mobilità.
La gran parte degli ex dipendenti Fiat dovrebbero entrare nel nuovo progetto della cordata DR Motor che prevede di impiegare oltre 1300 dipendenti a regime. Rimangono comunque dei dubbi sull’effettivo successo di tale nuovo stabilimento, dato che i problemi logistici di Termini non sono risolti e non si risolveranno nell’arco dei prossimi dodici mesi.
I 110 milioni di euro promessi dalla famiglia Di Risio, che controlla la DR Motor, potrebbero rimanere solo sulla carta se non risolvono in fretta le difficoltà di movimentazione della produzione automobilistica. Nel frattempo lo Stato si prenderà carico della mobilità degli ormai ex dipendenti Fiat ed in particolare “accompagnerà” 640 dipendenti che andranno verso la pensione nei prossimi sei anni.
Può sembrare uno scherzo del destino, ma questi dipendenti andranno in pensione di anzianità proprio nel momento in cui il Governo Monti si prepara a fare la tanto attesa riforma delle pensioni. La stessa riforma che quasi certamente abolirà questa tipologia di pensioni. D’altronde è quasi inevitabile che nel momento in cui bisogna trovare un accordo “sul campo” e velocemente è possibile venire meno ai principi.
Si spera comunque che sia l’ultimo degli accordi nel quale si fanno grosse concessioni ai sindacati. Non è infatti un caso che lo stesso Maurizio Landini, capo della FIOM, si sia detto soddisfatto dell’accordo raggiunto a Termini Imerese.
La stessa Fiom che continua a combattere ferocemente Sergio Marchionne sull’estensione necessaria del contratto “Pomigliano” a tutti gli stabilimenti italiani. Fiat ha assoluto bisogno di una maggiore produttività degli stabilimenti italiani, altrimenti tutta la produzione italiana rischia di fare la fine di Termini Imerese.
La produzione italiana di automobili si è dimezzata nell’ultimo quinquennio ed ormai in Italia si producono meno automobili che in Repubblica Ceca. Se “l’Italia dell’auto” non vuole fare la fine di Termini Imerese, è bene che la FIOM inizi a mettersi al tavolo della discussione con Fiat per rivedere i contratti del settore.
Non infatti è possibile essere d’accordo solo quando si ricevono grandi sussidi e alzarsi dai tavoli di discussione quando si parla di fare dei sacrifici.