Terrorismo minaccia le Olimpiadi, ma a Pechino temono più le rivolte popolari
05 Agosto 2008
A pochi giorni dall’apertura ufficiale delle Olimpiadi di Pechino, in Cina incombe lo spettro del terrorismo. Lunedì mattina, la città di Kashgar, nella regione autonoma del Xinjiang, è stata teatro di uno dei più sanguinosi attentati terroristici registrati negli ultimi anni nell’ex Impero di Mezzo.
Le autorità cinesi hanno immediatamente puntato il dito contro il Movimento islamico del Turkestan Orientale (Etim), un presunto gruppo islamista attivo nel Xinjiang (nord-ovest della Cina), abitato dagli uighuri, una minoranza di lingua turcofona e di fede musulmana. La comunità uighura comprende circa 8 milioni di abitanti ed è caratterizzata al proprio interno da forti pulsioni separatiste, dovute soprattutto alla politica di colonizzazione attuata da Pechino nella provincia, volta a sradicare la popolazione locale a vantaggio dell’etnia han. Nelle ultime ore l’Etim ha negato ogni addebito, mentre Rebiya Kadeer, leader della dissidenza uighura negli Stati Uniti (incontrato martedì scorso alla Casa Bianca da George W. Bush), ha chiesto una verifica internazionale di quanto affermato dal regime di Pechino.
Nato in origine con l’obiettivo di creare lo Stato (islamico) del Turkestan Orientale, secondo gli esperti l’Etim avrebbe stretti legami con al-Qaeda e Hizb ut-Tahrir, una organizzazione fondamentalista molto radicata in Asia Centrale. Nel 2002 è stato inserito dagli Stati Uniti nella propria lista dei gruppi terroristici. Avrebbe la sua base a Mir Ali, nel Nord Waziristan, una delle aree tribali pakistane (Federally Administered Tribal Areas, Fata). Prima del settembre 2001, poteva contare su circa 900-1000 miliziani lungo il confine tra Pakistan e Afghanistan e un centinaio nel Xinjiang. Oggi il gruppo si sarebbe assottigliato e oscillerebbe tra le 40 e le 100 unità: pochi, ma a quanto pare molto agguerriti.
Gli stretti legami con al-Qaeda – di cui costituirebbe una sorta di braccio operativo in territorio cinese – avrebbero infatti mutato gli obiettivi di fondo del suo jihad, legando la questione uighura all’agenda globale di Bin Laden e soci. Un salto di qualità che implica l’allargamento dei possibili bersagli da colpire: non più solo
Lo spiegamento di forze a Pechino durante la kermesse olimpica sarà impressionante: 110 mila unità di polizia, tra forze speciali e squadroni antisommossa. Senza contare le forze armate e i 300 mila volontari civili per le operazioni di pattugliamento. La capitale cinese è stata trasformata in una ‘fortezza inespugnabile’, cosa che a detta di diversi osservatori spingerà i terroristi a colpire altre città. Quanto accaduto a Kashgar rivela una falla nel sistema di sicurezza cinese. Nel Xinjiang una operazione antiterrorismo è stata lanciata già da tempo. A sentire le autorità locali, nei primi sei mesi del 2008 sarebbero stati sventati diversi attentati e arrestati 82 presunti terroristi appartenenti a cinque gruppi di fuoco diversi.
Le autorità cinesi hanno l’ossessione che nelle prossime due settimane tutto fili per il verso giusto e per non allarmare l’ambiente tendono a smorzare pubblicamente i toni. Nei giorni scorsi, hanno respinto senza indugi le dichiarazioni del Turkistan Islamic Party (Tip), un sedicente gruppo islamista che ha rivendicato la paternità di una serie di esplosioni a Kunming, Guanghzou, Wenzhou e Shanghai. Li Wei, noto esperto di terrorismo cinese, sostiene che un piccolo gruppo come il Tip – quasi certamente una branca dell’Etim – non avrebbe le capacità operative per compiere simili atti in luoghi così lontani dalle loro basi nel Xinjiang, e parla al contrario di atti compiuti da ‘cani sciolti’.
Probabilmente cittadini comuni che hanno subito vessazioni dai potentati locali del Partito comunista cinese (Pcc), o che hanno perso il lavoro in seguito alla chiusura di molte fabbriche nelle province cinesi dove il costo del lavoro negli ultimi mesi è salito vertiginosamente. Il problema di questo genere di azioni, sottolinea Li, è che sono estemporanee e difficili da prevenire. Gli scontri di lunedì tra una decina di sfrattati e la polizia in un quartiere nei pressi di Piazza Tiananmen, sono l’ennesima spia di un latente stato di tensione, che trova spiegazione nella crescente polarizzazione sociale del Paese.
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