Terrorismo, pakistano intenzionato ad aderire alla jihad  espulso nel Milanese

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Terrorismo, pakistano intenzionato ad aderire alla jihad espulso nel Milanese

31 Luglio 2016

Il provvedimento trae origine dalle risultanze di una prolungata attività di indagine coordinata dalla Procura Distrettuale Antiterrorismo di Milano d’intesa con la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, che ha permesso di riscontrare: “un crescente processo di radicalizzazione in chiave jihadista dello straniero residente in provincia di Milano che, in più occasioni, ha manifestato l’adesione ideologica allo Stato Islamico e la condivisione delle azioni commesse da diverse organizzazioni terroristiche della galassia jihadista”, così spiegano gli investigatori.

Il provvedimento di espulsione dal territorio nazionale è stato emesso dal ministro dell’Interno per motivi di sicurezza pubblica ed eseguito dai militari. Il pakistano catturato dai carabinieri del Ros era “intenzionato ad aderire alla jihad mediante un atto di martirio”

Tra i potenziali obiettivi del pakistano ci sarebbe dovuta essere una rivendita di alcolici da colpire con armi da fuoco e militari. L’aspirante combattente, che avrebbe già prestato giuramento di sottomissione al Califfo, ha sostenuto di essere a conoscenza della possibilità di reperire materiale per la costruzione di ordigni esplosivi, utilizzando precursori in libera vendita.

L’attività dei carabinieri ha fatto emergere anche la frequantazione assidua sui sociall network del pakistano. E gli investigatori puntualizzano: “Ha ricercato ed esaminato in Internet documenti e filmati riconducibili al fondamentalismo islamico e al terrorismo di matrice jihadista intrattenendo contatti virtuali con soggetti del medesimo orientamento islamico-radicale alcuni dei quali successivamente colpiti da provvedimenti cautelari per fatti di terrorismo ed espulsi dall’Italia per gli stessi motivi”.

Il ministro Alfano ha voluto sottolineare che “è stata strategica, per il raggiungimento del risultato, la collaborazione della Procura di Milano con le autorità giudiziarie estere, che hanno contribuito a tracciare i percorsi virtuali che il pachistano seguiva nei social network, compresi i contatti virtuali con altre persone radicalizzate, alcune della quali raggiunte successivamente da provvedimenti cautelari per fatti di terrorismo e dunque espulse dal nostro paese.”

E ha poi concluso: “Il nostro lavoro parte dal presupposto che la prevenzione riveste una grande importanza nel contrasto al terrorismo. Proseguiamo, quindi, su questa strada spesso nell’ombra perché non sapremo mai, per esempio, se, tra gli espulsi finora, si nascondeva un potenziale terrorista a un passo dalla sua azione. Tutto questo, come non mi stanco mai di ripetere, nella consapevolezza che nessun Paese, oggi, può dirsi a rischio zero”.