Terzo settore e famiglie: fattori vitali di coesione sociale

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Terzo settore e famiglie: fattori vitali di coesione sociale

Terzo settore e famiglie: fattori vitali di coesione sociale

07 Giugno 2012

L’emergenza della crisi economica che sta attraversando l’Europa, e in particolare il nostro Paese, fa riflettere sulla quantomai necessaria presenza nei mercati di nuove forme di impresa che ricostruiscano un’effettiva “polifonia proprietaria”, in particolare cooperative, ed enti riconducibili al terzo settore e al mondo del no-profit, che dimostrano in questa critica fase tutto il loro valore anticiclico.

Un’analisi quantitativa del mondo del terzo settore è difficile, perché è composto da un gran numero di piccole organizzazioni, molte delle quali sono costituite da associazioni non riconosciute, che quindi non hanno particolari requisiti ed obblighi di bilancio o di formalizzazione della propria attività. In base ai dati più recenti si può comunque comprendere l’importanza che il terzo settore riveste nell’economia italiana. Nel nostro Paese vi sono 221.000 istituzioni non profit attive, e sono presenti in tutta Italia, pur se con una maggiore concentrazione nel Centro-Nord Italia. Oltre il 60% delle organizzazioni non ha forma giuridica riconosciuta: si tratta pertanto di associazioni spesso informali. Dalle più recenti indagini emerge che queste associazioni non hanno, in generale, ricavi sostanziali né dipendenti, ma costituiscono associazioni di cittadini unitisi per alcuni scopi specifici. L’analisi delle associazioni per tipologia di attività mostra che il 60% di esse opera nel settore della cultura, sport e ricreazione.

I lavoratori remunerati (assunti o con collaborazioni continuative) sono circa 600 mila, quasi totalmente concentrati nei seguenti settori di attività: assistenza sociale, sanità, istruzione e ricerca. Il settore non profit occupa pertanto circa il 3% del totale degli occupati in Italia. Meno del 20% delle organizzazioni ha dipendenti, mentre quasi tutte contano sulla presenza di volontari. Essi si stima che superino i 3 milioni di unità, la metà impegnata nel settore della cultura, sport e ricreazione. Gli altri settori di forte presenza del volontariato sono: assistenza sociale (circa 500 mila persone), sanità (oltre 300 mila), tutela dei diritti e attività politica (200 mila persone).

Il totale dei ricavi del settore ammonterebbe a 67 miliardi, con un contributo del 4,3% al PIL nazionale. I ricavi sarebbero concentrati per il 50% nell’assistenza sociale, sanità, cultura, sport e ricreazione. Come è noto, il no profit si regge essenzialmente sulle donazioni, alle quali gli italiani si mostrano ancora sensibili. Sono infatti calate soprattutto le donazioni dalle aziende, dalle fondazioni e dalla pubblica amministrazione, mentre i cittadini privati continuano a sostenere il Terzo settore con varie forme di liberalità. Lo stesso stanno facendo le Banche Popolari, che da sempre esercitano la loro attività in coerenza con i principi ispiratori della finanza etica e con i valori dell’economia sociale e civile, volti al perseguimento di uno sviluppo economico e sociale equo.

Nel corso del 2011 è aumentato il sostegno del Credito Popolare proprio nei confronti del terzo settore, come testimonia la crescita degli impieghi dell’8,2%, 2 punti percentuali in più del sistema bancario. L’importanza che le Popolari riconoscono a queste organizzazioni è riscontrabile anche osservando il peso degli impieghi nei loro confronti, pari all’1%, circa il doppio del dato medio nazionale. Lo scorso anno il Credito Popolare ha scelto di sostenere il settore con erogazioni di credito pari a circa 3 miliardi di euro, un importo che rappresenta il 30% dell’importo complessivamente finanziato dal sistema bancario.

L’azione delle Banche Popolari si è, inoltre, contraddistinta per una migliore efficienza allocativa. Difatti il rischio insito nella concessione di credito, misurato dal rapporto fra sofferenze e impieghi è stato nel 2011 pari al 4,9%, 1,5 punti percentuali al di sotto della media. Analoga tendenza si è registrata con riferimento ai finanziamenti al terzo settore, che hanno mostrato un rapporto sofferenze su impieghi pari al 3,7%, quasi 1 punto percentuale più basso del dato nazionale.

In Italia, la domanda di credito del terzo settore è molto cresciuta negli ultimi dieci anni, collocandosi dietro soltanto a quella delle famiglie, che insieme si traducono in un aumento dei servizi alla persona e in attività che favoriscono la coesione e lo sviluppo del tessuto sociale.