Testamento biologico in aula tra emendamenti e perdite di memoria
18 Marzo 2009
Il disegno di legge sul testamento biologico approda nell’aula di Palazzo Madama. La relazione di Raffaele Calabrò ha di fatto avviato l’iter parlamentare. Percorso tutt’altro che agevole considerato che le posizioni nei due schieramenti restano agli antipodi: il Pdl è intenzionato a difendere il ddl (dopo il via libera della Commissione) sul quale, secondo la tabella di marcia dei lavori fissata dalla conferenza dei capigruppo, si voterà giovedì prossimo. Il Pd, invece, rilancia la battaglia dura e pura. Come accaduto con le tre pregiudiziali di incostituzionalità sottoposte all’esame dei senatori e poi respinte coi voti di Pdl, Lega e Udc: due a firma dei radicali Perduca, Poretti e Bonino eletti nelle liste Pd e dalla senatrice democrat Chiaromonte. La terza del gruppo del Pd (primo firmatario Ceccanti e a seguire i nomi della capogruppo Finocchiaro e dei vice Zanda e Latorre). A queste si aggiunge la proposta di sospensiva dell’esame del ddl sempre per motivi di “incostituzionalità”, depositata dai tre radicali che fanno parte del gruppo Pd.
Sull’iter parlamentare pesano i tremila emendamenti – 2500 depositati solo dai radicali, ma analoghi atti sono stati presentati sia da esponenti del Pd sia da alcuni senatori del Pdl – che ora saranno sottoposti al vaglio di ammissibilità. E’ probabile che, alla fine, saranno all’incirca un migliaio quelli sui quali l’aula sarà chiamata a votare ed è altrettanto probabile – è la previsione che circola nel Palazzo – che il voto a scrutinio segreto possa riguardare un’ottantina di emendamenti. Resta invece da capire se la stessa modalità sarà seguita anche per il voto finale sul ddl.
Sono due i passaggi politici che hanno caratterizzato la giornata a Palazzo Madama: la lettera di Silvio Berlusconi ai senatori del Pdl (prima della seduta) e le contraddizioni che ancora una volta si sono palesate nelle file democratiche.
Primo passaggio. Ai suoi senatori il premier ricorda la delicatezza del tema e li invita a contemperare “l’etica della convinzione con quella della responsabilità”. Conferma che sui temi etici resta “la libertà di coscienza” nel voto dei singoli parlamentari e comprende che “su questa questione così complessa esistono, nel nostro partito e nei nostri gruppi parlamentari voci dissenzienti che, tra l’altro, vanno in direzione tra di loro opposte”. Tuttavia sottolinea “l’importanza e il significato politico” del voto sul ddl e seppure indirettamente e senza confliggere col principio della libertà di coscienza rivolge un richiamo, quasi una sorta di appello, alla lealtà rispetto alla posizione portata avanti dal gruppo del Pdl e pienamente condivisa anche dal premier. Insomma una sorta di sollecitazione a difendere fino in fondo la linea del governo e della maggioranza.
Un atto quello del premier che Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, rispettivamente capogruppo e vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato, leggono come la volontà di “testimoniare la sua vicinanza ai senatori del Popolo della Libertà in un momento decisivo per la vita del Parlamento”. Un atto che “riveste un profondo significato ed è per noi motivo di grande piacere. Non solo per il riconoscimento tributato al lavoro del relatore Calabrò e di tutto il gruppo, ma anche per l’appello alla lealtà, principio al quale ci siamo fin qui ispirati”. Gasparri e Quagliariello sono “perfettamente coscienti che all’interno di un grande partito e di un grande gruppo non è possibile avere l’unanimità su temi che coinvolgono così profondamente le coscienze” e tuttavia si dicono “altrettanto certi di aver sempre rispettato le posizioni dei pochi senatori che hanno espresso una linea di personale dissenso, chiedendo loro il medesimo rispetto”. E il senso di una battaglia il cui cardine è la difesa della vita. Concetto che Quagliariello argomenta spiegando che la legge “dice chiaramente che nessuno può essere sottoposto a cure che non vuole. E vieta l’accanimento terapeutico spiegando che quando non ci sono possibilità di ripresa devono essere interrotti i trattamenti, senza specificare se sanitari. Va però fissato il principio che non ci sono vite meno degne delle altre di essere vissute, perchè meno perfette. E’ uno spiraglio, dobbiamo fare in modo che rimanga sempre aperto per i medici, perchè, magari in presenza di novità scientifiche, abbiano sempre la possibilità di agire in favore del paziente”. E nel suo intervento in aula il relatore del ddl Calabrò aggiunge citando le parole del “medico laico” Enzo Jannacci: “La vita è sempre importante, anche quando appare inerme e indifesa”. E riferendosi ai pazienti in stato vegetativo cita ancora il pensiero del medico-cantautore: “Non sappiamo come i lunghi anni di malattia siano vissuti da questi pazienti, nessuno può entrare nel sonno di questi pazienti e quando sarà il momento le loro cellule moriranno da sole”.
Secondo passaggio. Nel Pd restano intatte le contraddizioni sui temi etici. Le stesse che si sono palesate fin qui e che ad esempio scavano un solco tra teodem e radicali, ma creano imbarazzi anche nelle file degli ex Dl (Francesco Rutelli e Dorina Bianchi tanto per citarne alcuni). Distanze rispetto alle quali i democratici non sono riusciti a fare sintesi, col rischio molto probabile di andare in aula e votare in ordine sparso. Non a caso la teodem Binetti striglia il partito affinchè “tuteli il valore della vita”. Ripete il no a quella che definisce “l’eutanasia di Stato” e avverte i suoi che si tratta di una “battaglia culturale importantissima sotto il profilo antropologico. E’ un messaggio essenziale quello che il Pd manderà al paese”. E se la capogruppo democrat Finocchiaro rilancia la moratoria proposta da D’Alema suggerendo una pausa di riflessione per approfondire la questione del testamento biologico (“penso che si potrebbe ricominciare a discutere se prendessimo tutti umilmente atto del fatto che in entrambe le coalizioni ci sono posizioni diverse”), la senatrice radicale Bonino chiede di fermare una “legge crudele”, mentre il collega del Pd Gustavino in aula dice che “il testo è uscito dalla commissione migliore di come vi è entrato” riconoscendo che da parte del relatore è stata fatta “una fatica alta”.
Contraddizioni che peraltro tornano anche a proposito della levata di scudi sul principio di incostituzionalità sollevato dalla sinistra sul ddl. Perché proprio sull’articolo 32 (secondo comma) della Costituzione relativo in particolare alla questione del consenso informato, nelle settimane scorse Pdl e Pd avevano trovato un punto di incontro frutto della mediazione che nei ranghi della maggioranza aveva impegnato Quagliariello, Calabrò e Saccomanno (quest’ultimo capogruppo in commissione sanità) e per i democrat Finocchiaro e Dorina Bianchi. In sostanza, l’intesa ha prodotto l’inserimento nei principi generali del ddl (articolo 1) il dettato dell’articolo 32 della Carta, come chiesto dall’opposizione che oggi invece alza le barricate e parla di norma fuori dalla Costituzione. Paradosso o memoria corta?