Thailandia, come si è arrivati a tutto questo?

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Thailandia, come si è arrivati a tutto questo?

22 Maggio 2010

Imponente e florida, Bangkok è stata a lungo considerata – e si è considerata – una grande città. Ora però c’è il sangue che bagna le strade.

È difficile figurarsi come la Thailandia sia arrivata a questo punto e come farà a riprendersi.

Una delle spiegazioni vuole che, semplicemente, dal sottosviluppato nord si sia riversata nella città una folla impazzita di povera gente che gridava ai quattro venti il proprio amore per un ex primo ministro, Thaksin Shinawatra, e che era pagata per fare questo.

Un’altra visione delle cose parla di lotta di classe e di sommossa popolare mentre le masse insorgono sulle barricate.

La realtà dei fatti sta da qualche parte nel mezzo, e l’unico modo di comprenderla è fare un giro, a passo svelto, nella recente storia politica della Thailandia.

È facile parlare delle diciotto nuove costituzioni dello scorso mezzo secolo e dei numerosi colpi di stato. È difficile, per chi vive in paesi più stabili, concepire quel livello d’incertezza riguardo alle più elementari regole del gioco della politica.

La monarchia assoluta ha ceduto il passo alla regola costituzionale solo nel 1932 ed è da allora che si combatte, spesso con fatali conseguenze, il gioco di potere tra l’antico sistema feudale, l’esercito e le varie forze democratiche.

Sulle altre spiccano alcune grandi date: 1973, 1976, 1992, 2006 e adesso 2010.

L’irresistibile immagine della Thailandia come una Terra del Sorriso, di un paese illusorio di sole, mare, sesso e chirurgia è stata modellata con cura.

Questa immagine ha indotto molti, thailandesi e non, a credere che ci fosse una facciata di stabilità dove invece c’era un muro pieno di crepe con appena una mano d’intonaco a coprirle.

Ora però quell’intonaco è ridotto davvero male, è pieno di fenditure di vecchia data che non possono più essere ignorate.

Se non altro, e su ciò i commentatori sono d’accordo, per le camicie rosse questo sono riuscite a ottenere. 

 

 

Una storia di sangue

La Thailandia ha vissuto sotto diverse varianti di dittatura militare dalla Costituzione del 1932 sino agli anni Settanta del Novecento, passando per la Seconda guerra mondiale.

Il 14 ottobre 1973, oltre 70 dimostranti furono uccisi e 800 rimasero feriti quando l’esercito aprì il fuoco sulle imponenti manifestazioni in sostegno degli studenti democratici.

Al crollo dell’allora governo militare seguirono, in sei mesi, una nuova costituzione e nuove elezioni.

Il 26 settembre 1976 due studenti vennero strangolati e impiccati, a quanto pare dalla polizia. Migliaia di studenti si radunarono in loro sostegno e contro la dittatura militare.

Due settimane dopo, il 6 ottobre, quella tensione esplose con l’uccisione di non meno di 46 studenti da parte di soldati, polizia e bande di estrema destra. Secondo gli studenti, a morire furono molti di più.

Fu quello il momento che segnò la fine di un periodo democratico e che spinse parti di un’intera generazione a fuggire sulle colline per unirsi a un movimento comunista che in seguito venne decimato.

Dal 1980, il generale Prem Tinsulanonda fu nominato primo ministro dopo che un collega generale aveva governato per tre anni in seguito a un colpo di stato nell’ottobre del 1977.

Il generale Prem è attualmente a capo del Consiglio di gabinetto e bersaglio dell’ira delle camicie rosse per quello che esse sostengono essere stato il suo ruolo nel golpe del 2006.

Colpi di stato e traballanti governi di coalizione guidati da primi ministri designati condussero la Thailandia sino al 1992, quando Chamlong Srimaung guidò le proteste contro la nomina a primo ministro del generale Suchinda Kraprayoon.

Alla metà di maggio di quell’anno, il re Bhumiphol Adulyadej, è cosa nota, convocò i due uomini al suo cospetto per porre fine ai combattimenti per le strade che avevano provocato dozzine di morti, un gran numero di feriti e oltre 200 dispersi.

Ritorno al futuro

Le elezioni del settembre 1992 produssero una coalizione a guida democratica con Chuan Leekpai come primo ministro.

Due anni dopo, un magnate delle telecomunicazioni di nome Thaksin Shinawatra fece il proprio ingresso in politica sotto l’ala protettrice di Chamlong.

Nel 1995, Chamlong fece fuoriuscire dalla coalizione il proprio partito Palang Dharma, provocando la caduta del governo di Chuan. Nel governo che seguì, Thaksin assunse la carica di vice primo ministro.

Due governi di coalizione dopo, fu primo ministro il generale Chavalit Yongchaiyudh, il quale è attualmente alla guida del partito di Thaksin Peua Thai.

La crisi economica del 1997 riportò i democratici sotto Chuan, sino alla schiacciante vittoria di Thaksin alle elezioni del 2001.

Thaksin sfruttò la situazione per accumulare ricchezza e potere su una serie di istituzioni nazionali. Si guadagnò una scandalosa posizione in materia di diritti umani e schiacciò la stampa libera, ma in compenso riversò denaro nelle aree rurali di solito estremamente trascurate.

Nelle elezioni del 2005 vinse di nuovo con una valanga di voti e con la più alta percentuale di votanti della storia thailandese. Nel 2006 convocò un’altra elezione che venne boicottata dall’opposizione democratica. La sua vittoria venne poi invalidata dalla Corte costituzionale l’8 maggio del 2006.

I piani elettorali di ottobre vennero frustrati dal golpe del 19 settembre 2006. Da allora sono stati eletti due governi alleati di Thaksin ed entrambi sono stati ostacolati dalle azioni della Corte che hanno portato all’attuale governo democratico, eletto tramite un altro voto in Parlamento e non con un’elezione generale.

Definire se gli attuali disordini siano un fenomeno inaspettato e scioccante oppure di fatto lo sviluppo di una lunga storia di conflitto – una discussione che è stata stroncata dalla censura e da leggi molto severe sulla lesa maestà – dipende tutto da che punto si decide di partire.

Ma qualsiasi versione del passato recente si andasse a scegliere, non si può dire che siano insoliti nella politica thailandese né la violenza né una pericolosissima dedizione.

© BBC News
Traduzione Andrea Di Nino