The Brave: un film per mamme e figlie che pecca, però, di qualche stereotipo

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The Brave: un film per mamme e figlie che pecca, però, di qualche stereotipo

10 Settembre 2012

Il film The Brave è il nuovo lungometraggio della Pixar appena uscito nelle sale italiane. La protagonista la principessa Merida, figlia del re Fergus e della regina Elinor sogna di diventare un’arciera, anziché una regina che si dedicherà alle tradizioni del regno sposando il principe che l’aiuterà nel suo compito.

Merida segue un po’ la scia di Mulan anch’essa eroina che si sottrae al suo destino di principessa per affermare la propria individualità. Un film  molto complesso e forte nelle immagini e nel contenuto non adatto per bambini piccoli. Ci sono tutti gli elementi del rapporto conflittuale tra madre e figlia con risvolti tragici che sicuramente non mi sembrano adeguati ai bambini. Piuttosto alle preadolescenti e adolescenti, anche se oggi è tutto così anticipato e sicuramente le adolescenti snobberanno il cartoon. E’un peccato perché è proprio una bella favola che attraverso immagini forti tocca corde profonde e temi legati all’affettività e al rapporto madri figlie che spesso in adolescenza si complica.

La conflittualità raccontata nasce dall’antico dilemma che sta nell’educare i figli, e nell’affrancarsi dalla figura materna. La regina Elinor cerca di preparare sua figlia alla vita adulta imponendole un modello al quale Merida dovrà aderire per realizzare il suo destino di regina. Sicuramente il modello al quale deve aderire non corrisponde ai bisogni della figlia. La ragazza si ribella, quel destino non lo sente suo. Vuole seguire il suo istinto, i suoi desideri, poiché sente che non le corrisponde il ruolo di regina, e anche se lo diventerà,  è un ruolo che vuole vivere a modo suo, cambiando le regole. La nostra principessa si ribella anche all’idea del principe designato pensa che ognuno debba trovare l’amore da solo e che gli corrisponda davvero. Merida è l’anti principessa. Non aspetta passivamente il principe azzurro, non ha i soliti colori super femminili delle principesse, non ricama, non fa lavori domestici;  tira con l’arco e galoppa con il suo cavallo alla ricerca di se stessa.

E’ rappresentato nel film  il passaggio che si vive in adolescenza, affrancarsi dai genitori e individuarsi; capire chi si è e cosa si vuole diventare. In questo faticoso cammino dell’individuarsi, ci sono tanti ostacoli e tanti errori che aspettano l’adolescente dietro l’angolo. Infatti anche la nostra Merida si ribellerà in modo duro, scomposto, causando la terribile trasformazione della mamma. Attraverso questa trasformazione è molto bello vedere come le due, mamma e figlia nel percorso che faranno, attraversando dure prove riusciranno a rincontrarsi entrambe diverse. Ognuna ha capito l’altra. Senza rinunciare a se stessa la principessa ripara il danno fatto e recupera il rapporto con la mamma che a sua volta si è trasformata e ha compreso che non si può decidere il destino di un figlio. Un film che attraverso la favola manda messaggi profondi, forti; sii te stesso, individuati. C’è anche tutta la complessità del conflitto nella relazione genitoriale. Esso può essere salvifico se accettato ed elaborato. Se si è pronti ad essere responsabili delle proprie azioni e a riparare i danni, il conflitto aiuta a crescere. Insomma tenere conto dei propri bisogni nel rispetto dell’altro. Per le mamme un bel messaggio; attenzione a non sostituirsi alle figlie sottraendogli la loro unicità manipolandole pensando di fare il loro bene.

Un film da consigliare quindi a mamme e figlie. Il neo del film è a mio avviso il ruolo degli uomini. Ne escono come degli stupidi che sanno solo giocare, mangiare e menarsi. E’ un peccato pensare sempre in termini di contrapposizione. Perché se la donna deve essere emancipata, capace, intelligente, non può farlo avendo vicino un uomo altrettanto valido? Perché la donna è rappresentata o succube e in attesa dell’uomo che la salverà dalla sua pochezza, o è violenta, aggressiva con al fianco  un uomo tontolone da guardare con sufficienza? Penso che questo sia l’altro stereotipo da superare e soprattutto da non passare ai nostri figli.