The Economist:”Lasciate Alitalia al suo destino”

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

The Economist:”Lasciate Alitalia al suo destino”

21 Giugno 2007

Secondo il direttore dell’Economist, intervistato dall’Espresso, il nostro paese dovrebbe abbandonare l’Alitalia al suo destino, senza altre condizioni e questo per il bene della stessa compagnia di bandiera.

Il quarantaquattrenne John Micklewait è il sedicesimo direttore della prestigiosa rivista di economia inglese e il numero dell’Espresso contenente la sua intervista sarà in edicola domani.

“Siamo molto piu’ ottimisti sull’Italia di quanto lo fossimo sei mesi fa. In particolare le piccole e medie imprese stanno reagendo molto meglio del previsto ai contraccolpi della globalizzazione, e alla competizione della Cina. Sembrano aver capito rapidamente come aggiustare il tiro. Immagino sia la vecchia arte d’arrangiarsi italiana, che prescinde completamente dalla confusione della politica. Ma per quanto riguarda le grandi imprese l’unica parola che viene in mente e’ un macello totale. Prenda Telecom o Alitalia, appena la politica e lo Stato intervengono tutto sembra diventare un gran pasticcio. E quello che preoccupa e’ il risorgere di nazionalismi economici che non giovano al Paese”, ha aggiunto lo stesso Micklewait.

Alla domanda riguardante lo stato delle riforme nel nostro paese il direttore dell’Economist ha risposto così, “L’economia in Europa si sta rafforzando. La situazione e’ migliorata moltissimo rispetto ad un anno fa. Il governo italiano ha una pressione molto inferiore dei precedenti per la riduzione del deficit. E questo consente oggi una finestra di opportunità ideale per le riforme, perché alcune costano parecchio. Ma l’Italia sta facendo troppo poco e troppo lentamente”.