“The passage”, il bestseller sui vampiri che ha inchiodato l’America

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“The passage”, il bestseller sui vampiri che ha inchiodato l’America

20 Giugno 2010

“Before she became the Girl from Nowhere – the One Who Walked In, the First and Last and Only, who lived a thousand years – she was just a little girl in Iowa, named Amy. Amy Harper Bellafonte”. Figlia di un commesso viaggiatore e di una cameriera, Amy trascorre i primi anni della sua vita tra camion e motel. Poi, però, succede qualcosa: la ragazza viene implicata in un esperimento militare segreto – nome in codice Project Noha – che porterà morte, sangue e vampiri in tutto il mondo. Inizia così “The Passage”, bestseller di 776 pagine firmato da Justin Cronin, che già si preannuncia romanzo di culto dell’estate statunitense. Oggetto di una mastodontica campagna pubblicitaria, il volume è stato pubblicato lo scorso 8 giugno, e presto diventerà un film diretto da Ridley Scott.

Ma chi è Justin Cronin, novello Re Mida dell’editoria statunitense? 48 anni, nato e cresciuto nel New England, laureato ad Harvard e insegnante di scrittura creativa, all’apparenza è un uno scrittore come tanti. Peccato però che dopo aver pubblicato due romanzi convenzionali, “Mary and O’Neil” (edito in Italia da Bompiani) e “The Summer Guest”, il nostro autore abbia scoperto (e intrecciato) filoni letterari molto più proficui – i vampiri, la distopia, i sopravvissuti (vedi alla voce “Lost”) – tanto da incassare, scrive il “New York Magazine”, un assegno da 3,75 milioni di dollari. Gli agenti di Cronin non confermano e non smentiscono, e a questo proposito l’autore dice solo che “erano più soldi di quanti ne avessi mai guadagnati in tutta la mia vita”.

Tornando al romanzo, Cronin spiega al “New York Times” che il libro è nato per caso: “Ho proposto a mia figlia di 9 anni di scrivere una storia insieme, non avevo alcuna aspettativa. Pensavo solo a trascorrere del tempo con lei”. Le cose, però, devono essergli sfuggite di mano, e quella storiella è diventata qualcosa di molto più grande, e di molto diverso dai suoi primi libri. Ma a chi lo accusa di aver tradito la letteratura per scrivere un’opera commerciale, Cronin risponde di non aver mai scritto un libro pensando alla qualità o alla quantità: “Quando scrivi un libro, non vedi il suo lato commerciale. Sei nel tuo mondo. Poi vieni a New York e sì, capisci di far parte di un’industria”. Possono sembrare parole di rito, eppure – ecco l’altra sorpresa di “The Passage” – la critica sembra aver gradito parecchio.

Sul “Washington Post”, Ron Charles confessa di aver superato lo scetticismo iniziale al terzo capitolo, quando “in casa mia la spazzatura ha iniziato a crescere, perché ero troppo spaventato dall’idea di portarla fuori di notte”. Paura a parte, “è un macabro piacere vedere cosa può fare uno scrittore di talento mettendo insieme l’horror classico e la fantascienza, il tecno-thriller e il terrore apocalittico”, generi tra i quali Cronin si muove con disinvoltura. Dello stesso parere è la critica di “Salon” Laura Miller, per la quale “The Passage” mostra come “sia ancora possibile scrivere un romanzo che trasmetta il piacere del mito, onorando però la consistenza di persone, cose e luoghi reali. Un attento realismo e un clima da giorno del giudizio si intrecciano per un’esperienza elettrizzante”.

Ma tra i fan di Cronin, per la gioia dell’editore, c’è pure Stephen King: “Leggete quindici pagine e vi sentirete in trappola, leggetene trenta e vi sentirete prigionieri, costretti a leggere anche di notte. Cos’altro posso dire? Questo: leggete il libro, e il mondo ordinario scomparirà”. Che “The Passage” piaccia al re dell’horror, del resto, non dovrebbe stupire: molti giornali, a partire dalla rivista “Time”, hanno infatti notato diverse affinità tra l’opera di Cronin e uno dei maggiori successi di King, “The Stand” (in Italia “L’ombra dello scorpione”), che si apriva con la morte di milioni di americani uccisi da un virus letale e continuava raccontando le vicissitudini dei pochi sopravvissuti. King, però, non è l’unico riferimento per Cronin.

“Salon”, in occasione della pubblicazione di “The Passage”, ha inaugurato il “Reading Club”, uno spazio in cui discutere liberamente le diverse parti del libro. In uno dei primi commenti,  il romanzo di Cronin è stato affiancato a un’altra opera di culto della letteratura americana: “La strada” di Cormac McCarthy. “La gente non si appassiona semplicemente all’apocalisse – scrive JackSparx – ma a quell’apocalisse in cui pochi personaggi strisciano attraverso il cataclisma, personaggi in cui possiamo identificarci”: è quello che accade in “The Road”, in cui un padre e un figlio attraversano un’America da incubo, alienata da una catastrofe naturale. “Ovviamente ‘La strada’ affronta temi più profondi, e sarà letto per lunghi anni”, conclude il lettore, ma “Cronin ha scritto una storia su come raggiungere quel posto che McCarthy ha lasciato senza speranza”. In “The Passage”, in altre parole, c’è una luce in fondo al tunnel.

La storia del novello milionario Justin Cronin, in ultima analisi, ci dice molto sulla narrativa contemporanea, che sembra aver riscoperto – e attualizzato – temi antichi. L’uomo, del resto, si confronta con l’apocalisse dai tempi delle antiche profezie, così come la lotta tra il bene e il male è alla base delle più grandi letterature di tutti i tempi. E anche il vampiro, a ben vedere, è molto più di una moda passeggera. L’autore, che giura di non aver letto “Twilight”, spiega come questa figura fantastica “abbia a che fare con una domanda fondamentale: qual è il rapporto dell’essere umano con la mortalità? Le storie di vampiri centrano il cuore della questione, e ci rassicurano sul fatto che in fondo è meglio essere umani”. Umani e lettori appassionati.