Tibet. Proteste nel Qinghai: arrestati 95 monaci

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Tibet. Proteste nel Qinghai: arrestati 95 monaci

23 Marzo 2009

La polizia cinese ha arrestato 95 monaci tibetani del monastero di Ragya, in una zona a maggioranza tibetana della provincia del Qinghai, dopo che la folla aveva attaccato una caserma della polizia.

Nell’attacco, avvenuto sabato 21, alcuni funzionari di polizia sono stati "feriti in modo leggero", secondo Nuova Cina. La stessa notizia è stata riportata dal sito web di tibetani in esilio Phayul, con alcune importanti differenze rispetto alla versione dell’ agenzia d’ informazione cinese. A dare il via alla protesta è stata la vicenda di un monaco di Ragya di 28 anni, Tashi Sagpo (Zhaxi Sabgwu in cinese), arrestato dopo che nella sua stanza erano stati trovati una bandiera tibetana e del materiale di propaganda anticinese. Portato al commissariato, il giovane sarebbe riuscito a darsi alla fuga con la scusa di andare in bagno.

Da questo punto in poi le versioni di Nuova Cina e di Phayul divergono. L’agenzia afferma che il giovane si è dato alla fuga con l’ aiuto di altri monaci, mentre il sito tibetano sostiene che si è buttato nel vicino fiume Machu, annegando. Nuova Cina precisa che sei monaci sono stati arrestati dalla polizia e che altri 89 "si sono arresi", un’espressione già usata in passato dai mezzi d’ informazione cinesi ed il cui significato non è chiaro. Il monastero di Ragya si trova nella Prefettura autonoma tibetana di Golok (Guoluo in cinese), nel sud della provincia del Qinghai.

Il Qinghai e la vicina provincia del Gansu sono state istituite nell’area che i tibetani chiamando Amdo, culla della setta dominante del buddhismo tibetano, quella dei Cappelli Gialli, alla quale appartiene anche il Dalai Lama, il leader buddhista che dal 1959 vive in esilio in India e rappresenta una spina nel fianco per il governo di Pechino. Nel Qinghai altri 109 monaci erano stati arrestati nel monastero di Lutsang (An Tuo) in cinese, dopo una manifestazione di protesta tenuta il 25 febbraio in occasione del capodanno tibetano (Losar).

In un altro atto di protesta, sempre nella Prefettura di Golok, una rudimentale bomba è stata lanciata senza fare vittime contro una caserma della polizia. Nella vicina provincia del Sichuan, in un’altra aerea a popolazione tibetana, quella di Aba, un monaco ha tentato di darsi fuoco per protesta alla fine di febbraio ed è stato bloccato dalla polizia cinese. Dalla prima settimana di marzo quasi tutte le aree a popolazione tibetana della Cina – la Regione Autonoma del Tibet e le aree tibetane del Qinghai, del Sichuan e del Gansu – sono strettamente controllate dalle forze di sicurezza cinesi, che impediscono le visite agli osservatori indipendenti.

Il "lock down" è stato deciso in vista di alcune scadenze "delicate": il 10 marzo, che ha segnato i 50 anni della fuga in India del Dalai Lama; il 14 marzo, primo anniversario degli incidenti del 2008 a Lhasa, quando giovani tibetani hanno attaccato negozi e case degli immigrati cinesi uccidendone una ventina; infine il 28 marzo si celebrerà per la prima volta la "festa della liberazione dalla schiavitù", indetta dal governo di Pechino in occasione del cinquantesimo anniversario della formazione del primo governo filocinese del Tibet, a pochi giorni dalla fuga del Dalai Lama.