Tienanmen, quella notte avevo 17 anni ed ero a Firenze

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Tienanmen, quella notte avevo 17 anni ed ero a Firenze

Tienanmen, quella notte avevo 17 anni ed ero a Firenze

04 Giugno 2009

Il 13 giugno del 1989 avevo 17anni anni ed ero a un concerto a Piazza Santissima Annunziata a Firenze. La serata si intitolava “Da una provincia lontana a una Città Proibita” ed era dedicata ai ragazzi che erano morti o stavano morendo a Piazza Tienanmen.

Non sono più stato a Firenze da allora e di quella serata ricordo soprattutto le facce stranite dei miei amici, con cui ero arrivato in treno in Toscana, che si domandavano cosa volesse dire vivere in Cina. Sembravamo di colpo tutti interessatissimi all’argomento. Noi lì a fare il pieno di musica e loro dall’altra parte del mondo a fermare i carri armati a mani nude. Non mi sembrava uno scambio equo e solidale. Ma all’epoca a malapena sapevo cos’era il comunismo cinese.

Lo capii un po’ meglio quando sul palco si presentarono i CCCP che all’epoca erano al culmine della loro scalata al mercato musicale nostrano. Giovanni Lindo Ferretti, il duca magro della band, era uno che all’epoca invitava i suoi fan a farsi una gita di piacere a Berlino Est. Con i suoi musicanti componeva inni filosovietici dal ritmo scoppiettante quanto assordante. Ricordo che quando arrivarono sul palco c’era tensione, un sentimento un po’ diverso dal sano cazzeggio che dovrebbe contraddistinguere un normale concerto rock. Cosa avrebbe detto un tipo superimpegnato come Ferretti della repressione comunista a Tienanmen?

Si presentò davanti a noi dopo che i chitarristi, innervositi dall’attesa, avevano fatto finta di provare gli amplificatori per dieci minuti buoni. Prima di lui, sul palco, si era agitato come un matto Danilo Fatur, il performer del gruppo, mimando l’operaio-massa cinese (con strane ruote di biciclette appese ai piedi e degli ingranaggi fra le mani). Credo volesse rappresentare il popolo rivoluzionario incatenato dalla Rivoluzione.

“Verranno al contrattacco – iniziò Ferretti – con elmi ed armi nuove”. Si riferiva forse ai ragazzi che avevamo visto farsi sotto e ritirarsi non so quante volte sulla Piazza. Erano migliaia. Ne sarebbero morti a centinaia. Non si sa quanti sono stati condannati alla pena capitale. Gli altri se li è mangiati l’esilio.

Tienanmen non fu tipo Valle Giulia dove si poteva stare dalla parte dei poliziotti. Fu un massacro punto e basta. Ferretti, incazzato nero, intonò una lugubre canto sacrificale proletario che all’epoca mi sfuggiva ma oggi mi fa rabbrividire: “Bianche corone e bandiere a lutto”. E poi concluse: “Maledetto Li Peng!”. Era del tutto fuori di sé nello scatenarsi elettrico delle chitarre senza museruola. “Maledetto nei secoli nel cielo e sulla terra!”.

Ed io ancora lì, perso nella folla a chiedermi chi cazzo è ‘sto Li Peng.