Tony Soprano, lo spirito malinconico dell’America del XXI secolo
22 Giugno 2013
di redazione
Ricordando James Gandolfini. Nessun personaggio ha saputo catturare lo spirito melanconico dell’America meglio di Tony Soprano, quell’insieme di aggressività e vulnerabilità da psicologizzare che ha reso celebre il protagonista della serie televisiva. Con quella famiglia "dannatamente disfunzionale", come dice Tony in una scena dell’ultima stagione dei Soprano, che si mescola al sangue grondante delle guerre di mafia del XXI secolo. Gandolfini è stato il grande patriarca sull’orlo di una crisi di nervi di questo micromondo amorevole e criminale, che nell’ansia di Tony riusciva ad esprimere e a trasmettere l’ansia degli americani di oggi, e non solo la loro. Gandolfini dunque ha preso Tony Soprano, un personaggio cupo, violento, malevolo, il villain della tradizione narrativa anglosassone, e gli ha dato un briciolo di grazia, trasformandolo in un essere umano come gli altri, che possiamo amare e odiare, che può disgustarci e al tempo stesso incuriosirci. Nessuno meglio di Gandolfini è riuscito a lavorare in questo modo su un personaggio di una serie televisiva, facendo emergere le emozioni e le perversioni di Tony, con una empatia tra attore e carattere che passerà alla storia del piccolo schermo. Tony non è stato ridotto alla maschera da cartone animato della Little Italy mezzo mafiosa, ma in una fifura reale e vibrante che le serie TV non avevano mai sperimentato. Perdere Gandolfini per l’America ha significato quindi perdere un pezzo cruciale della sua sua cultura e una icona del tragico a stelle e strisce di oggi.