Tori Amos, il suo pianoforte e la musica degli anni Novanta
31 Maggio 2009
Ci sono donne che con la loro arte hanno cambiato il mondo. Donne che grazie alla loro sensibilità e alla capacità di trasmettere quello che sono agli altri hanno provocato emozioni forti, al punto di far piangere, ridere, soffrire e gioire chiunque ne comprendesse la profondità. E Myra Ellen Amos (in arte Tori) è sicuramente una di queste.
Il suo modo di esprimersi, coinvolgente fino alla cattura e sentito in ogni sua nota, rapisce e conduce verso lidi lontanissimi, desolati e freddi. Crepuscolari o notturni. Le sue canzoni si formano come onde inesorabili che acquistano via via spessore fino ad infrangersi fortissime contro chi ascolta, che ne resta sommerso. E questo grazie al suo pianoforte, suonato con un intensità tale da poter essere percepita anche quando non lo suona, tra una nota e l’altra, nei momenti di silenzio tipici delle canzoni della Amos.
In realtà non è lei a suonare il piano, né a comporre le canzoni: “È il pianoforte che mi suona, io sono solo un tramite. Anche le canzoni, non sono io a comporle, le percepisco nell’aria. Non faccio altro che riprodurle o al massimo completarle”. Effettivamente l’autrice ha un rapporto molto particolare col suo strumento: suona fin dall’età di due anni e sembra che abbia imparato a farlo prima che a parlare. Preferisce esprimersi tramite le sue canzoni piuttosto che dare interviste.
A cinque anni aveva già vinto una borsa di studio in uno dei conservatori più prestigiosi d’America, ma la sua "disciplina" era costantemente additata e messa in discussione: spesso Tori non si atteneva alle sonate da eseguire e si lanciava in improvvisazioni impertinenti. Curiosa anche la postura che la pianista assume quando suona: gambe aperte e capo indietro, come se stesse avendo un rapporto sessuale.
La sua carriera di cantautrice comincia relativamente tardi rispetto al suo rapporto con il piano: a 29 anni pubblica il suo primo disco da solista, Little Earthquakes, considerato ancora oggi uno dei migliori album della discografia contemporanea. Ma è col suo secondo lavoro (e capolavoro) Under the Pink che la Amos si consolida come realtà imprescindibile della musica rock anni Novanta.
Il suo terzo album però, Boys for Pele, è purtroppo l’ultimo incentrato quasi completamente sul suo pianoforte. Professional Widow, canzone dedicata a Courtney Love, la professionale vedova di Kurt Cobain, ne verrà estratta per farne un remix che renderà "l’uccellino" (Tori in giapponese) un idolo delle discoteche, inducendola a sposare nuove sonorità molto più rock e in alcuni casi anche dance come negli album successivi.
Ovviamente sacrificare lo strumento per il quale si “fa da tramite” in favore di chitarre, batterie, percussioni e tutto il resto, ha stravolto completamente le composizioni della Amos, rendendole meno dirette, per quanto più orecchiabili, meno travolgenti. In ogni caso, quando gli strumenti del concerto guidati dal suo pianoforte trovano un canale espressivo comune, il risultato è anche più intenso rispetto agli esordi.
La cantautrice pubblicherà altri sei album prima dell’ultimo, Abnormally Attracted to Sin, cambiando case discografiche e distribuzioni e incentrando temi e musicalità una volta su un argomento o su uno strumento piuttosto che su altri. Ma il suo stile è inconfondibile e nessun lavoro si discosta davvero dai suoi fili conduttori fondamentali.
I testi delle sue canzoni trattano sempre del difficile rapporto con la religione e con il padre – reverendo metodista, e bigotto, a suo dire. Destò scalpore la fotografia diffusa da Tori stessa durante la presentazione alla stampa del nono album, American Doll Posse, in cui la Amos si fa ritrarre con la Bibbia in una mano e nell’altra la scritta shame ("vergogna"), mentre le scorre del sangue mestruale lungo una gamba.
Ma il suo tema preferito è la femminilità, a cui ha dedicato due dei suoi lavori: American Doll Posse e Strange little girls. Quest’ultimo composto di sole cover le cui versioni originali sono tutte cantate da uomini e trattano lo stesso argomento: le donne. Interpretazioni personali, forse troppo, visto che il disco viene considerato un flop e le costerà un cambio di casa discografica.
Rivoluzionaria, femminista, violentata dopo un suo concerto a 23 anni, la Amos è sicuramente una delle voci femminili centrali della musica rock anni Novanta e di quella di oggi, uno dei personaggi più curiosi e avvincenti del panorama culturale contemporaneo. Ha saputo cambiare, reinterpretarsi, adattarsi, sempre eccellendo grazie al suo timbro ad un modo di suonare unici, come il suo piano, per il quale, speriamo, continuerà ancora "a fare da tramite" – tra noi ascoltatori e la dimensione fantastica e ultraterrena da cui Tori attinge per “riprodurre o al massimo completare” le sue meravigliose canzoni.