Torna il colera in Zimbabwe e ora si teme anche il contagio in Sudafrica

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Torna il colera in Zimbabwe e ora si teme anche il contagio in Sudafrica

05 Dicembre 2008

 

Appare sempre più drammatica, con il passare delle ore, la situazione nello Zimbabwe. Non bastavano la crisi economica, con un’inflazione annuale che ha raggiunto cifre esorbitanti, e quella politica, con i colloqui di pace che sembrano ormai in un tunnel senza uscita. Ora nel Paese è tornato anche il colera, che dallo scorso agosto ha mietuto oltre 500 vittime. Si tratta della peggiore epidemia degli ultimi 15 anni.

Ieri il presidente Robert Mugabe è stato costretto a proclamare lo stato di emergenza nazionale e a lanciare per la prima volta un appello alla comunità internazionale, chiedendo aiuti urgenti per fare fronte alla crisi. Il razionamento dell’acqua e la mancanza di medicine stanno, infatti, riducendo il sistema sanitario al collasso. Secondo quanto riportato dai media, mercoledì il governo ha riferito che “gli ospedali centrali letteralmente non funzionano perciò occorre l’aiuto della comunità dei donatori per alleviare la situazione”.

Ieri il ministero della Salute di Harare ha confermato che sono in corso contatti con le organizzazioni internazionali per elaborare un piano di aiuto su vasta scala. “L’appello d’emergenza ci aiuterà a contenere il numero dei malati e delle vittime, dovute all’attuale situazione socio-economica” del Paese, ha dichiarato il ministro della Salute, David Parirenyatwa, che di recente era arrivato persino a chiedere alla popolazione di non stringersi la mano per strada, al fine di ridurre le possibilità di contagio.

L’epidemia, cominciata all’inizio dell’anno, si è ormai estesa a nove delle dieci province del Paese, provocando oltre 12mila casi di contagio, e i distretti più colpiti sono, oltre quello della capitale Harare, Budiriro (l’epicentro) e Glen View. Il Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr) ha già annunciato un aumento degli aiuti nel Paese africano, con l’arrivo di 13 tonnellate di soccorsi medici.

Come se non bastasse, il pericolo di contagio potrebbe espandersi anche nel vicino Sudafrica. La “Human Rights Watch”, una delle organizzazioni non governative per i diritti umani più importanti del mondo, ha spiegato oggi che il rischio è cresciuto in misura esponenziale per via delle pessime condizioni in cui sono abbandonati gli innumerevoli sfollati che dall’ex Rhodesia cercano scampo nel confinante Paese. “La mancanza di accesso alle cure sanitarie e all’acqua potabile”, avverte l’Ong di Washington in un comunicato, “ha contribuito al dilagare del morbo attraverso la frontiera meridionale dello stesso Zimbabwe”.

La situazione è particolarmente grave a Musina, località situata sul confine, dove “moltissimi fuggiaschi sono del tutto privi di riparo e trovano aberranti condizioni di vita”, prosegue la nota. Mancano cibo, acqua, gabinetti e docce, mentre l’esodo verso il Sudafrica prosegue al ritmo di almeno cinquecento nuovi arrivi al giorno. Nella sola Musina sono un migliaio le persone abbandonate a se stesse, in veri e propri recinti sprangati dove non esiste la benché minima struttura di accoglienza, in attesa di poter presentare le richieste di asilo. “Eppure gli sfollati hanno paura ad allontanarsi”, incalza “Human Rights Watch”, “perché temono di essere arrestati ed espulsi”: è quanto del resto accade già quotidianamente a una media compresa tra non meno di duecento e quattrocento dei loro compagni di sventura.

Le autorità sudafricane si sono già messe in moto, predisponendo cinque centri di assistenza al confine con lo Zimbabwe. Il pericolo, però, è che gli operatori stessi contraggano la malattia, favorendo un allargamento del fronte dell’epidemia. Proprio come un cane che si morde la coda.