Torna il vento del Nord, e Renzi qualche brivido ce l’ha
24 Ottobre 2017
Un travolgente successo per il governatore Zaia, il referendum sull’autonomia regionale, che raccoglie in Veneto un consenso plebiscitario: il 98% di sì, con una partecipazione altissima: 57,2%. Meno clamorosa l’adesione in Lombardia e in particolare a Milano, ma sempre notevole: 95% di sì, su circa 3 milioni di lombardi che hanno votato (in pratica il 38,5% dei votanti, stando ai dati definitivi sull’affluenza) . Maroni raggiunge dunque il suo obiettivo, e riequilibra in senso nordista l’indirizzo politico della Lega. Nonostante il Pd cerchi di salire sul carro dei vincitori, rosicchiando ai margini la vittoria referendaria (“siamo noi ad aver voluto la riforma del titolo quinto, non c’era bisogno del referendum e in Emilia lo stiamo dimostrando, chiedendo subito la trattativa con il governo”, è il controcanto dei piddini del nord), il risultato è, ancora una volta, un sonoro schiaffo al renzismo.
Se è vero infatti che, grazie alla pasticciata e frettolosa riforma di Bassanini, fu il Pd a cambiare nel 2001 il titolo quinto della Costituzione, per inseguire i leghisti sul loro terreno, è vero anche che, in tempi assai più vicini, è stato Renzi a cercare di tornare indietro, inserendo generose quantità di centralismo nella sua controriforma bocciata a furor di popolo. E’ lo stesso popolo che, nelle regioni trainanti per l’economia e lo sviluppo del paese, ha stabilito che vuole invece più federalismo, più decentramento, più potere alle amministrazioni locali.
Zaia annuncia già: “Chiederemo 23 competenze, il federalismo fiscale, i 9/10 delle tasse, e domani si riunisce la giunta per la presentazione del nostro disegno di legge.” E Maroni rincara: “Ora ho un mandato storico, dato da milioni di lombardi, per ottenere l’autonomia vera”. Il segnale importante, però, non è costituito soltanto dal rinnovato vento federalista che spira dal nord, ma dai numeri di chi ha voluto votare per un quesito referendario che mai come questa volta è stato ignorato dai media e dalla tv di stato: numeri che a Renzi dovrebbero mettere i brividi. A volere più autonomia è la maggioranza assoluta dei veneti, oltre due milioni su un corpo elettorale di 4 milioni, e anche le cifre di Maroni sono impressionanti. Con la nuova legge elettorale, che per ora ha avuto solo il voto positivo della Camera, come si tradurrebbero questi dati in scelte politiche, in voti per i partiti? Più banalmente: quanti seggi potrà ottenere il Pd con l’uninominale, in regioni come la Lombardia e il Veneto?
Mentre il sottosegretario Bressa si sgola a ripetere che il referendum era superfluo, che il tavolo per il regionalismo differenziato si poteva comunque aprire basandosi solo sull’art. 116 della Costituzione, l’onda d’urto, tutta politica, della massa degli elettori fa il suo effetto. Perché alla fine il voto popolare, nonostante a qualcuno appaia come un danno collaterale del sistema democratico, conta. E nessuno può ignorare questa semplice realtà.