Tornano i Balcani di sempre: crocevia di interessi europei, russi e turchi

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Tornano i Balcani di sempre: crocevia di interessi europei, russi e turchi

15 Settembre 2011

L’Europa da tempo sta giocando a Est una partita politica per aprire al suo controllo le rotte verso l’Eurasia. Una politica supportata da una serie di programmi comuni tracciati nelle ‘ovattate’ riunioni di Bruxelles, ma che si dispiegano nei campi di battaglia di Iugoslavia, Kosovo, Albania e Macedonia. Praticamente ogni Stato dell’UE sta spingendo verso soluzioni geopolitiche ed economiche a sé più convenienti. La crisi finanziaria globale del 2008 ha messo in moto dei cambiamenti geopolitici che, secondo la previsione di molti osservatori, dovrà essere ampliato e intensificato negli anni a venire. In questi cambiamenti di ruolo non si sono solo aggiunti l’influenza cinese nel sud-est asiatico a garanzia della stabilità dell’economia globale, ma si aggiungono anche all’emergere delle nuove potenze regionali, come India, Brasile, Russia e Turchia. Quest’ultimi due paesi, in particolare, accanto alla Germania sono particolarmente attivi nei Balcani, tornati a essere un’arena di giochi politici ed economici internazionali. Un processo, questo, accelerato dal crescente disimpegno statunitense dalla regione. 

Gli Stati Uniti tradizionalmente non hanno avuto mai avuto nessun interesse particolare nei Balcani, soprattutto se si confronta tale ruolo statunitense con l’impatto che invece gli Usa hanno avuto in regioni come il Medio Oriente, l’America Latina e il sud-est asiatico. Anche nel corso del 1990, quando i popoli dei Balcani sono stati protagonisti di guerre sanguinose e di pulizia etnica, gli Stati Uniti hanno esitato a intervenire, preferendo che fossero gli europei a occuparsi  dei problemi balcanici. Ma tale fu il fallimento europeo nel fermare i conflitti balcanici, in particolare quello bosniaco, che gli Stati Uniti furono costretti a prenderli in mano la chiusura del conflitto in Bosnia e ad assumere la leadership dell’intervento NATO in Kosovo. Benché costretti all’intervento, gli Stati Uniti non hanno mai rinunciato al disimpegno dalla regione. Dopo il 2001, quando il presidente Bush annunciò la "war on terror", la guerra al terrorismo, e furono lanciate le due campagne militari di Afghanistan e d’Iraq, gli interessi strategici degli USA nei Balcani hanno assunto un valore minore e la regione è stata lasciata alla gestione dell’UE. Di più, l’interesse delle aziende americane nei Balcani era e rimane poco significativa, soprattutto se confrontata ai quella nei paesi del Sud-Est asiatico e dell’India, aree queste capaci di attrarre la maggior parte degli investimenti esteri statunitensi; o il Medio Oriente, dove i forti interessi USA continuano a essere di natura energetica. Non è un segreto che spesso l’interesse politico ed economico camminano di pari passo.

I Balcani sembrano essere tornati preda di un nuovo corso, non solo a causa del ritiro degli interessi americani, ma anche nuove opportunità per quest’ultimi di utilizzare i loro nuovi poteri per estendere la sua influenza in questo settore. E ‘ovvio che nel mondo il potere finanziario sta diventando sempre più determinante del prestigio e l’influenza di un paese più del potere militare. La principale lotta geopolitica nei Balcani è stato condotta dalla Germania, che mira a mantenere la regione nella sfera di influenza europea, in particolare attraverso il loro coinvolgimento nella UE. Il ruolo della Germania e’ reso oggi possibile dalla forza finanziaria tedesca, la stessa che sta tenendo in vita l’euro nonostante la profonda crisi fiscale che sta interessando la periferia della zona euro. Il recente tour del cancelliere tedesco Angela Merkel, e soprattutto la sua visita in Serbia, hanno fatto parte del messaggio diretto ai Balcani occidentali ad essere disciplinati nei loro sforzi per l’adesione all’UE, ma d’altra parte ha permesso a Berlino di inviare un chiaro messaggio sul fatto che i Balcani (e soprattutto la Serbia), fanno parte della sfera di influenza tedesca. 

Essa si realizza in modo diretto (attraverso aiuti economici diretti), sia indirettamente, attraverso gli investimenti delle imprese tedesche che già da tempo hanno esteso la loro influenza in Europa centrale. Il principale strumento politico tedesco è l’Unione europea, intesa come architettura politica, economica e di sicurezza, tesa a favorire gli interessi tedeschi a lungo termine. Il rivale della Germania in questo processo è ovviamente la Russia. Mosca non solo mira al ruolo di "protettrice" della Serbia sul piano internazionale, ma ha cercato anche di promuovere i propri interessi economici in Serbia, in particolare in campo energetico, una strategia questa che da tempo ha permesso alla Russia di mantenere la sua presa politica sulle ex-repubbliche sovietiche. Allo stesso modo, i tentativi russi di rilanciare il progetto sovietico, avviato e poi interrotto negli anni 1980, di costruire una centrale nucleare di 2000 MW in Bulgaria, ha creato un profondo conflitto politico tra Mosca e Sofia, ma è un segno degli sforzi della Russia di salvaguardare gli interessi e l’influenza in un paese membro dell’Unione europea come la Bulgaria. La "guerra" per la Serbia sembra non essere riuscita, perché la Germania negli ultimi anni è riuscita a diventare il principale partner commerciale della Serbia e uno dei maggiori investitori nella sua economia. 

La Russia, tuttavia, non ha rinunciato all’idea d’espandere la propria influenza nei Balcani come dimostra l’intesa per ‘la lotta contro il traffico di droga’ che Mosca ha firmato con Serbia e Macedonia (e che si propone di firmare anche con Montenegro e Albania), per impedire il flusso di eroina afghana che secondo le autorità russe arriva in Europa via Kosovo. Un’altra potenza regionale che sta cercando di espandere la propria influenza nei Balcani è la Turchia. Il concetto del ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu del cosiddetto "neo-ottomanessimo" e l’estensione di influenza turca nelle aree dell’ex-impero è già noto a molti analisti della regione. Paradossalmente, mentre la rivalità russo-tedesca è principalmente associata alla Serbia (come paese di importanza strategica per i Balcani), la Turchia ha trovato il suo alleato principale nel Kosovo. (Albania è molto sotto la sfera di influenza italiana perché si possano stabilire stretti legami politici ed economici con la Turchia).

Per vari motivi, principalmente politici e storici, la Turchia ha poche possibilità di creare alcun impatto in Serbia, anche se la realtà economiche della popolazione mondiale oggi non lasciano alcuna possibilità da escludere a priori. Ma una tale situazione crea una situazione sfavorevole, in particolare per il Kosovo. La Serbia è in vantaggio proprio perché è al di fuori dell’UE. E’ anche in vantaggio perché rimane un paese strategico nella regione, sia in termini militari, oltre che politica ed economia. Per questo la Serbia, per quanto possa essere soggetta a pressioni tedesche, si può opporre a questa pressione attraverso l’utilizzo degli interessi russi. Il fattore che è cruciale in questo momento è che l’élite politica in Serbia veda il proprio futuro nella UE, e sarebbe un prezzo troppo alto da pagare la rinuncia all’adesione nell’Unione europea a favore di un riavvicinamento con la Russia. Il Kosovo è in una situazione diversa. Interesse europeo sotto forma di ICO, EULEX e altri meccanismi multilaterali, non si è mai tradotta in un particolare interesse economico e politico. I paesi europei sono maggiormente interessati a che il Kosovo non degeneri, diventando un fulcro di criminalità organizzata, del terrorismo, della corruzione e dell’immigrazione clandestina. Anche l’eventuale inclusione del Kosovo nell’Unione europea ed è vista quasi del tutto giustificato in questi termini.