Totonomine alla Casa Bianca, agli esteri spunta Nikki Haley
18 Novembre 2016
Per Kellyanne Conway, la dura dei repubblicani che ha lavorato come campaign manager di Donald Trump, le nomine del gabinetto presidenziale non arriveranno prima del Thanksgiving Day, la festività che cade l’ultimo giovedì di novembre, cioè il 24. “E’ Donald Trump e solo Donald Trump che prende le ultime decisioni”, ha detto la Conway, che ha pure strigliato Rudolph Giuliani perché troppo dedito al totonomine. Nei giorni scorsi, l’ex sindaco di New York aveva escluso la possibilità di ricoprire la carica di ministro della Giustizia nella nuova amministrazione Trump. “Non sarò io l’Attorney general”, aveva detto ad un convegno ornagizzato dal Wall Street Journal, lasciando intendere che preferirebbe la nomina a segretario di Stato.
Il team di Governo di Donald Trump sta comunque prendendo forma, e vita, in queste ore. Le posizioni sotto stretta osservazione sono proprio quelle di Segretario di Stato e di Procuratore Generale. In sostanza, i dicasteri degli Esteri e della Giustizia. Se sfumasse la nomina di Rudy Giuliani a segretario di Stato, per l’incarico circolano anche altri nomi, come quello di John Bolton, già ambasciatore USA all’ONU. Oppure Mitt Romney, ex candidato alla Casa Bianca sconfitto da Obama, o ancora quello di Nikki Haley, governatrice della Sud Carolina dal 2010 ed astro nascente del partito repubblicano, schierata durante le primarie con Rubio.
Va detto che su queste nomine il Senato deve ratificare la scelta del Presidente. In caso di fronda democratica, Trump può accettare solo due defezioni. E nomi come quelli di Giuliani e Bolton hanno ricevuto il veto di Rand Paul, senatore già sfidante di Trump alle primarie. Il problema è, per entrambi, il loro appoggio all’invasione dell’Iraq. Giuliani ci aggiunge anche alcuni rapporti della sua società con Canada ed Iraq, sollevando dubbi di conflitti di interesse. Se Paul si opponesse basterebbe un solo voto per bloccarli.
Sul fronte Giustizia, sono contrapposti Sessions, unico senatore ad aver sostenuto Trump, e Cruz l’avversario arrivato secondo nelle affollate primarie Americane. Solitamente i Senatori hanno meno difficoltà degli esterni ad ottenere posti nell’Amministrazione, a motivo dei loro personali rapporti con i colleghi. Esistono delle eccezioni a questa regola generale. Per esempio Cruz. Cruz è uno dei Senatori più cordialmente odiati della storia degli Stati Uniti d’America, in special modo dai colleghi. Questo pesa notevolmente sulle chance di ottenere l’ambita ratifica.
Un’ultima nota. La situazione per Trump è resa ancora più complessa dal fatto che un’opposizione netta dei Democratici è data per scontata. Non solo per la sconfitta inattesa di Hillary. Ma anche per i rapporti tesi che si sono instaurati sulla questione della nomina del membro vacante della Corte Suprema. In quella occasione, infatti, i Repubblicani fecero un ostruzionismo durissimo sulla nomina da parte di Obama. Questo non resterà privo di conseguenze, notano i giornali Americani.
Intanto continua la campagna per screditare Steve Bannon, braccio destro di Trump in campagna elettorale. Alcune organizzazioni americane hanno lanciato una petizione per chiedere che venga ritirata la nomina di Bannon a chief strategist (primo consigliere) del presidente. Finora sono state raccolte quasi 265mila firme. Ne occorrono 275mila per arrivare all’attenzione del Congresso. Ma non è chiaro cosa abbiano in mente gli estensori della petizione, visto che le nomine dei consiglieri come Bannon non hanno bisogno dell’approvazione del Senato.
E’ notizia delle ultime ore, infine, che Trump ha offerto all’ex generale Michael Flynn il ruolo di consigliere per la sicurezza nazionale. Flynn è stato advisor di Trump durante la campagna elettorale. Secondo i bene informati, ci sarebbe Flynn dietro il disprezzo di Trump per l’accordo sul nucleare iraniano e la strategia aggressiva nei confronti dell’Islam radicale.