Tra annunci e date mancate la legge elettorale si farà (forse) ma in Aula
17 Settembre 2012
Angelino Alfano dice che si chiuderà la partita entro il 10 di ottobre. Solo a fine agosto, Enrico Letta annunciava l’accordo imminente. Sono passate due settimane ma l’intesa non c’è. C’è lo stallo tra posizioni diverse e per certi aspetti inconciliabili, soprattutto tra Pdl e Pd. Di tempo ne resta poco per mandare in soffitta il Porcellum e oggi si capirà se e quando sarà possibile. Al Senato la capigruppo dovrà fissare una dead-line, una data entro la quale se non c’è intesa, si va al voto con quello che c’è.
Ancora due settimane, dunque, per arrivare a una sintesi, a quel compromesso possibile e più ampio possibile, che restituisca ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento. Napolitano insiste nella sollecitazione alle forze politiche, Schifani e Fini se ne fanno portavoce convinti. Oggi a Palazzo Madama il passaggio strategico che da un lato metterà alle strette i partiti, dall’altro fisserà una data certa per portare il dossier ‘legge elettorale’ al voto dell’Aula. C’è un altro elemento: ‘parlamentarizzare’ il dibattito che dal comitato ristretto che fino ha prodotto testi sui quali ci sono punti di ‘contatto’ e pure di divergenza tra i partiti è una determinazione che li porterà a uscire allo scoperto (finalmente) dal momento che la discussione diventerà pubblica.
Lo stato dell’arte, fotografa una sorta di asse o comunque di convergenza possibile tra Pdl, Udc e Lega sul modello tedesco con annesse preferenze. Nei corridoi di Montecitorio si scommette che se si andasse al voto con questo schema al Senato i numeri ci sarebbero ma il punto è che si dovrebbe escludere il Pd e francamente ciò appare abbastanza inverosimile. Eppoi quando sarà la Camera a pronunciarsi, il regolamento prevede la possibilità di ricorrere al voto segreto e dunque a un’ulteriore incognita. A questo si aggiunge il rischio di andare in Aula senza un accordo politico e quindi ‘al buio’: eventualità che al di là degli scenari possibili, ogni forza politica cercherà di evitare fino all’ultimo.
Può darsi che il timing parlamentare serva come strumento di pressing – temporale e psicologico – per azzerare tatticismi e meline e mettere le forze politiche di fronte ad un compito da portare a termine. Può darsi, invece, che in primavera si vada al voto con un nuovo sistema approvato dal Parlamento a maggioranza.
Di certo, il tempo delle chiacchiere è finito. E di tempo per cambiare, se veramente si vuole, ormai ce n’è rimasto davvero poco. Il paradosso di tutta questa vicenda che assomiglia molto a una telenovela delle migliori tradizioni, è che tutto dovrà discenderà da ciò che ancora non c’è: leader, coalizione o partiti, preferenze o collegi, premio di maggioranza e alleanze. Soprattutto: rinnovamento della politica. Scenari futuri, anzi molto prossimi: tutto fermo. Almeno fino ad oggi.