Tra attese e allarmi bomba Elisabetta II va in Irlanda e fa la storia
18 Maggio 2011
Scendendo dalla scaletta del suo aereo, atterrato nella base militare di Baldonnel a Dublino, “the Queen” ha scritto una pagina storica nei rapporti tra Inghilterra e Irlanda. Di verde vestita (non certo a caso) e accompagnata dal marito, il principe Filippo, Elisabetta II è di fatto il primo regnante britannico (l’ultimo era stato Giorgio V) a visitare il Paese dall’indipendenza ottenuta nel 1921 dopo un lunghissimo e sanguinolento conflitto.
L’agenda della quattro giorni reale in Eire prevede la visita per i luoghi simbolo della capitale irlandese come il prestigioso Trinity College, i National war memorial gardens e il Croke park stadium, teatro di un episodio emblematico della guerra d’indipendenza irlandese nel 1920 quando, durante una partita di calcio gaelico, i soldati inglesi aprirono il fuoco sulla folla uccidendo 14 persone – e qualcuno sicuramente si attende un gesto o una parola di scusa da parte della regina.
Una generazione fa il gesto compiuto dalla Corona inglese sarebbe stato visto come un’impensabile se non addirittura pericolosissima provocazione. Oggi non è così. Ad accogliere la regina, il vice primo ministro irlandese e capo della diplomazia, Eamon Gilmore, le parole del premier irlandese Mary McAleese che ha definito la visita, sulle colonne dell’lrish Times, “uno straordinario momento nella storia irlandese” e una popolazione che non vede più i suoi vicini inglesi come degli spietati colonialisti e la fonte di secoli di miseria, ma piuttosto come un paese membro dell’Unione Europea e un partner solidale nel recente tracollo economico.
Insomma, dopo un secolo di lotte per l’indipendenza e la violenza nel nord dell’isola, che resta tutt’oggi una provincia britannica, la visita segna la fase finale del processo di normalizzazione delle relazioni anglo-irlandesi.
Nonostante durante il tour dell’isola la regina sarà circondata da una schiera di 8.000 poliziotti e anche se il suo arrivo, ieri, è stato preceduto da minacce di attentati a Dublino e Londra – un ordigno esplosivo è stato trovato nel vano bagagli di un autobus alla periferia di Maynooth, nella contea di Kildare, ed è stato disinnescato dagli artificieri con una esplosione controllata, mentre un secondo allarme nella stazione dei tram Black Horse a Inchicore, tre chilometri a ovest di Dublino, si è rivelato un falso allarme – e proteste da parte del partito nazionalista Sinn Fein, per le strade di Dublino si respira un’aria di distesa accoglienza. Parola di Sean Duffy, storico del Trinity College di Dublino che ha aggiunto: “Anzi, speriamo arrivi presto il giorno in cui possiamo essere annoiati dell’arrivo della regina di Gran Bretagna in Irlanda”.
“The visit”, al di là dei piccoli focolai di protesta e dei gesti di atavico dissenso, pone un tassello importante nel processo di pace con l’Irlanda del Nord, che ha avuto inizio con il Belfast Agreement (conosciuto anche come l’ “Accordo del Venerdì Santo” stipulato tra Regno Unito, Irlanda, Sinn Fein e Unionisti) nel 1998, grazie all’incontro di Elisabetta II con due delle figure chiave dell’appeasement: David Trimble e John Hume. Che quello iniziato ieri sia, citando David Cameron, davvero “l’inizio di qualcosa di grande” nei controversi rapporti Uk-Eire?