Tra Bush e Berlusconi stima, amicizia e unità d’intenti
13 Giugno 2008
“Caro George permettimi di dire che sei una persona rara e che ho apprezzato il tuo coraggio e la tua visione del mondo in tutti questi anni e quello che hai saputo offrire come idee e come ideali”. Questa frase, pronunziata da Silvio Berlusconi come prologo della conferenza stampa che ieri sera ha suggellato a villa Madama l’ultima visita di stato in Italia del presidente americano George W. Bush, incarna anche l’ideale epitaffio di un’amicizia politica e di una comune visione dei valori del mondo tra il premier italiano e il capo del grande alleato statunitense.
Una sfida senza sé e senza ma alle stantie manifestazioni di no global, no war e grillini vari che ha accompagnato come una sorda litania la tre giorni romana di George W. e di sua moglie Laura. Il mondo ideologico delle sinistre mondiali (compresi i democratici americani di Obama e Hillary) vuole credere che Bush sia stato un mentitore, ieri sulle ragioni della guerra all’Iraq oggi sul dossier nucleare iraniano, ma Berlusconi ieri lo ha salutato davanti a tutti così: “Sei una persona rara, che non mente mai e che quando dice sì, dice sì, e quando dice no, dice no, che non mente mai e sa sempre dare amicizia, e quindi grazie per quella che hai dato a me e quella che hai voluto concedere al mio Paese”.
Nella conferenza stampa, consistita in meno di dieci domande, peraltro importanti, da parte di due giornalisti americani e due italiani, Bush non si è sbilanciato troppo sul possibile ingresso dell’Italia nel gruppo dei 5+1 che stanno cercando ancora con le buone di dissuadere l’Iran dal dotarsi di tecnologie nucleari che potrebbero presto prefigurare la costruzione di una bomba atomica. Berlusconi da parte sua ha ricordato che “l’Italia ha offerto di unirsi al 5+1 anche perché noi conosciamo l’Iran dall’interno dal momento che le grandi aziende italiane vi operano da diversi anni”.
Ma proprio questo cenno alle aziende e agli affari italiani con Teheran è il fattore che spinge Bush a freddare gli entusiasmi diplomatici italiani: in America i conservatori, per quanto amici del Pdl in Italia, vedono tradizionalmente di cattivo occhio questa diplomazia affidata alle multinazionali come l’Eni. E infatti Bush, ad apposita domanda dell’inviata del Tg1 sulla cosa, ha preferito non sbilanciarsi limitandosi a ricordare come l’Italia potrà contribuire alla soluzione diplomatica di un problema in cui peraltro restano sul tavolo tutte le opzioni comprese quelle militari.
Non è mancata una domanda sul caro petrolio e Bush non si è fatto pregare partendo all’attacco della politica economica dei democratici con l’intento di dare una mano a McCain nella corsa alla Casa Bianca con Obama. Bush ha infatti risposto che almeno per gli Stati Uniti la soluzione passa dall’indipendenza nell’approvvigionamento energetico. “I leader democratici – ha precisato – hanno impedito le esplorazioni alla ricerca di petrolio e ora il popolo americano ne subisce le conseguenze”.
Poi c’è stato il capitolo elettorale statunitense, abilmente sollecitato da una giornalista americana. Berlusconi, dopo una doverosa precisazione sulla non ingerenza di un premier italiano negli affari di politica interna degli altri paesi, non ha di certo nascosto le proprie simpatie per il candidato repubblicano John McCain. Per addolcire la pillola poco politically correct l’ha poi messa così: “In realtà io spero vinca McCain anche perché è un mese più vecchio di me e almeno nei G8 non sarei quello più anziano, visto che lui è nato il 29 agosto e io il 29 settembre del 1936”.
Infine, per quanto riguarda le missioni all’estero la sintonia tra i due B è stata “totale”. Un triplo “sì” a tutte le richieste dell’alleato americano. Sì, dunque, all’invio di più uomini in Iraq per fare l’addestramento della polizia locale. Sì alla revisione dei “caveat”, limiti e mansioni delle nostre truppe in Afghanistan, che d’ora in avanti saranno “più flessibili” nell’impiego e un sì anche alla presenza di truppe italiane dove sarà necessario, dal Kosovo al Libano.
Alla breve ma intensa conferenza stampa è poi seguita la tradizionale cena stavolta a base di penne tricolori, filetto e gelato. Con Laura Bush che invece ha preferito mangiare in un noto ristorante della “dolce vita” capitolina squagliandosela all’inglese come una vera protagonista della pellicola sulle ormai celebrate “vacanze romane”. Le ultime da presidente per il George W. che ha cambiato il mondo in questo piccolo scorcio del terzo millennio.