Tra capo dello Stato e capo del Governo gli equilibri sono già mutati
08 Febbraio 2009
Eluana non avrebbe mai immaginato che il suo dramma avrebbe costituito la premessa per la messa in discussione degli equilibri istituzionali. Ma è così e la discussione è destinata a proseguire ed incendiarsi perché coinvolge il rapporto fra i poteri dello Stato e vede coinvolto chi di questo equilibrio è il garante: il Presidente della Repubblica.
Da tempo il nostro sistema politico ha cessato di essere parlamentocentrico. Camera e Senato non sono ancora i “corpi gelatinosi” di cui parlava Catalano già nel 1978 ma che il Governo si sia emancipato e a quello renda ragione in termini minori, sì. E bisogna farsene ragione, perchè in tutte le Democrazie occidentali il Governo “governa” ed il Parlamento “legifera”: poco, per vie generali ed astratte e con atemporalità rispetto agli eventi. Questo peraltro non equivale, come sostiene qualcuno, a renderlo cassa di risonanza di decisioni prese altrove ma a dargli modo, come dice Sartori, di imparare a ben regolare.
Cominciamo subito con il chiarire che Berlusconi non è un “despota di genio” interessato a stressare i rapporti istituzionali a fini reconditi. E’ invece verità che le ultime elezioni politiche si sono svolte con un sistema elettorale che intitola: il Presidente del Consiglio, la sua coalizione di maggioranza, il suo programma ed i suoi ministri di cui in parte ha annunciato la designazione prima del voto. Sarà pure un vulnus alla Costituzione ma le cose stanno così: la forza performativa del principio di sovranità popolare ha difatti rotto il recinto del suo dato letterale sotto la spinta di nuovi principi e prassi di costituzione materiale. Tutti vedono da tempo che l’equilibrio fra Governo e Parlamento si è rovesciato ma nessuno ha il coraggio di ammettere che, allo stesso tempo, alcune prerogative del capo dello Stato sono state incise: si aprirebbe la diatriba sul presidenzialismo !
Il Presidente del Consiglio non è più un primus inter pares ma il Capo del Governo; la “proposta” con cui sottopone al Presidente della Repubblica i componenti l’Esecutivo è una designazione non più una indicazione. Lo scioglimento governativo delle Camere per sopravvenuta estinzione della coalizione vincitrice delle elezioni non è più un tabù. E’ così.
Per anni si è denunciato l’assemblearismo parlamentare e l’estremismo extraparlamentare; da meno, ma con maggior convinzione, si stigmatizza il frazionismo partitico e la dittatura delle minoranze. All’esito di discussioni non più fuorviate da ideologie tramontate tutti oggi convengono che se, in ossequio al principio di partecipazione, le iniziative di un gruppo sparuto di individui condizionano la vita di masse consistenti di individui oppure, in ossequio al principio di legalità, un potere dello Stato assume il controllo della vita dei cittadini grazie ad un sistema intricato di norme superate ed a tecniche interpretative verbaliste e formaliste, la correlazione fra responsabilità e potere salta e si afferma quello che Hanna Arendt definisce il Dominio di nessuno. Perché in Democrazia, la rappresentatività è l’unica fonte di legittimazione e l’unica fonte di legittimazione è la sovranità popolare.
Perché dunque abbaiare alla luna se il Governo ricorre ai decreti legge ed al voto di fiducia per rivendicare la mediazione-negoziazione di conflitti politici e sociali, che al Parlamento non compete ! oppure se vi ricorre per regolare provvisoriamente situazioni impreviste in attesa che il Parlamento faccia quanto deve !
Quanto al Presidente della Repubblica, egli è il rappresentante dell’unità nazionale ed il garante della Costituzione ma oggi la sua legittimazione è “doppiamente” indiretta. Questo incide sul suo raccordo con Società, sulla responsabilità di garantire costante armonia fra elettori ed eletti e censurare lo sconfinamento dei poteri statali. A fronte di un Governo fortemente legittimato da un sistema elettorale che esalta il presidente del Consiglio vero e proprio Primo Ministro dominus del Gabinetto, il Presidente della Repubblica appare indebolito dall’ essere esclusiva e diretta espressione di una sparuta rappresentanza delle Regioni e di un Parlamento i cui componenti sono eletti su designazione bloccata dei vertici dei Partiti ! Nessuno si sognerebbe mai di pensare che ciò comprime le prerogative presidenziali ma certamente inviti e moniti come quelli lanciati dal Presidente Scalfaro nel 1994 non potrebbero avere più seguito. Così come sarebbe irrituale, se non censurabile, il rifiuto di sciogliere il Parlamento in una situazione quale quella che portò ai Governo Dini e D’Alema: caduto Prodi dopo diciotto mesi, si è tornati a votare ! Il Presidente Napoletano ha declinato la firma sul DL Eluana, avrebbe potuto farlo su qualunque altro DL non sarebbe cambiato nulla. La domanda è: il Presidente della Repubblica può esorbitare dal riscontro della sussistenza dell’indifferibilità ed urgenza secondo la rappresentazione che fa il Governo del merito della questione ? Può sostituirsi al Parlamento nel valutare la sussistenza di un conflitto positivo di competenza con il Governo ? Il Capo dello Stato ha ritenuto di poterlo fare e legittimamente: ogni organo è il primo titolare del diritto di accertare la propria competenza. Ma quella che San Tommaso definiva “virtù intellettiva della ragione”: la prudenza, avrebbe dovuto suggerire ai Suoi consiglieri di non esporre l’Organo di vertice e super partes della Repubblica al rischio di una sconfessione del Parlamento dopo un palese conflitto istituzionale con il Governo. Tanto più se con quest’ultimo il Parlamento si è ripetutamente mostrato sintonico.