Tra crisi e downgrading si riapre il dossier sul rimpasto. E non solo

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Tra crisi e downgrading si riapre il dossier sul rimpasto. E non solo

16 Gennaio 2012

Che il governo Monti tagli il traguardo del 2013 è cosa ormai certa. A meno di cataclismi, politici e non. Toccato il giro di boa d’inizio anno, nessuno tra i partiti si prenderebbe la briga di andare alle politiche ad ottobre quando la scadenza naturale per il voto sarebbe solo di qualche mese più tardi. Eppoi c’è la crisi, e da qualche giorno il downgrading, a sconsigliare forzature o accelerazioni.

Non c’è convenienza politica al voto anticipato. Vale anche per chi, come la Lega (a proposito, quella di Bossi o quella di Maroni?), evoca il ritorno alle urne ogni due per tre e quanto accade in questi giorni tra il Senatur e l’ex ministro ribelle sta lì a certificarlo. In mezzo a tutto, poi, c’è la riforma della legge elettorale: snodo fondamentale per capire gli assetti futuri. Sui quali tuttavia, in molti cominciano già a pensare; non tanto e non solo nelle stanze dei partiti ma da quelle stanze all’indirizzo di Palazzo Chigi. Le dimissioni di Malinconico e la tempesta su Patroni Griffi riaprono appetiti, ambizioni, desiderata. Per le forze che sostengono l’esecutivo, potrebbe essere l’occasione per condizionare (politicamente) dall’interno l’agenda di Palazzo Chigi su questioni centrali, liberalizzazioni solo per citare il tema del momento. Ma non è tutto così scontato e automatico. Ci sono i ‘contro’ da considerare e i ‘contro’ stanno nel fatto che per riaprire il capitolo rimpasto, si dovrebbe procedere col manuale Cencelli alla mano: tre al Pdl, due al Pd, uno al Terzo Polo. Il risultato?

Mediazione infinita e gioco pericoloso in un momento nel quale c’è da battere i pugni sul tavolo dell’Europa (in realtà su quello della Merkel) per dire che l’Italia non solo non si merita la ‘tripla B+’ (tantomeno può permettersi di tollerala o peggio subirla alla vigilia di un robusto ricollocamento del debito sul mercato, calendarizzato a marzo).

Certo i rumors di Palazzo si rincorrono e rilanciano una possibile ri-ascesa del tandem Letta-Amato. Tramontato a novembre quando Monti lavorava alla squadra per Palazzo Chigi per i veti incrociati degli schieramenti, oggi potrebbe tornare in ballo.

Non c’è dubbio che un ‘innesto’ del genere potrebbe essere gradito a Monti per avere la garanzia che in parlamento nessuno dei partiti che ne sostengono la mission, possano fare scherzi e al tempo stesso rappresenterebbe la cifra di un maggiore raccordo tra squadra tecnica e rappresentanze parlamentari. Il pallino, però, è nelle mani dei partiti che non hanno la stessa idea sul concetto di maggioranza. E ieri ne hanno dato dimostrazione diretta i commenti di Casini da un lato e di Alfano e Bersani dall’altro, dopo il pranzo a tre con Monti. Se per il leader terzopolista (a proposito, che fine ha fatto Fini?) il faccia a faccia con il premier “non è un evento” ma “la normalità piena” perché una “maggioranza non può che essere politica e questa lo è”; Alfano suona tutt’altra campana: “Questa non è una maggioranza politica perchè una maggioranza politica nelle democrazie occidentali viene fuori dal consenso elettorale dei cittadini. Una maggioranza è tale quando viene riconosciuta così dai cittadini e non perché lo si decide in un palazzo”.

Segue Bersani: “Assolutamente no”, non c’è alcuna maggioranza politica bipartisan. Due no e un sì: ce n’è abbastanza per capire che se il Terzo Polo continua guardare al governo Monti o ad alcuni suoi ministri anche in chiave 2013, Pd ma soprattutto Pdl considerano quella del Prof. una missione a tempo. E se non ci si intende neppure sul cosa sia questa maggioranza (politica o no), è difficile pensare che decidano di legarsi mani e piedi al carro del governo tecnico. Se questo è, non è Casini a poter andare avanti da solo. Infatti chiude la questione così davanti all’incalzare dei cronisti: “Non vedo quale rimpasto si dovrebbe fare. Il presidente del Consiglio aveva chiesto ai responsabili dei vari poli di entrare nel governo in loro rappresentanza. Sapete che non c’erano le condizioni che ciò avvenisse, per cui questo non è stato possibile e non è che oggi si può riproporre un tema già ampiamente superato”. Certo, aggiunge il leader Udc, se “poi si tratterà di sostituire un sottosegretario che si è dimesso, e non ne abbiamo parlato, non credo che questo si possa chiamare rimpasto”.

Rimpasto a parte, restano all’orizzonte le mosse di alcuni ministri dell’esecutivo tecnico che non disdegnano in questo tempo di studiare da politici e prepararsi al gran salto tra un anno e qualche mese. E per questo destano più di un sospetto dalle parti di via dell’Umiltà. Non è un mistero che dalle file del Pdl più volte è stato ricordato a Monti che né lui né i suoi ministri potranno ‘usare’ la ribalta del governo tecnico per ambizioni politiche future. Un conto però, sono le sollecitazioni, altro quello che sarà da qui ai prossimi dodici mesi. I nomi dei ‘papabili’ sono sul tappeto: Corrado Passera nell’intervista al Corsera, sul punto specifico non si è sbilanciato ma, in un certo senso, non ha messo limiti alla Provvidenza.

Andrea Riccardi, guida un dicastero che tratta questioni molto più vicine alla politica che alla ‘tecnica’ e le sue prime uscite (cittadinanza ai figli degli immigrati regolari nati in Italia, solo per citare un esempio) ne ricalcano un profilo che non è proprio quello del superesperto chiamato a curare il ‘malato-Italia’ solo per il tempo strettamente necessario. Lo stesso Monti nella conferenza stampa di fine anno, ha tacitato qualsiasi congettura per il futuro aggiungendo però, di non essersi posto il problema ‘per ora’: frase nella quale in molti hanno letto come una porta socchiusa.

Difficile fare previsioni sulle evoluzioni future, della politica e della ‘tecnica’. Le priorità adesso sono altre; sono quelle che Pdl-Pd e Udc in un insolito asse, hanno sollecitato al Professore e che seppure con toni e accenti diversi si possono sintetizzare nella parole di Cicchitto: “Monti non abbia posizioni subalterne rispetto alle forze che in questi ultimi anni hanno fatto il bello e il cattivo tempo in Europa. Anzi, sbatta i pugni sul tavolo. La politica imposta dalla coppia franco-tedesca Merkel-Sarkozy è fallita”.

Di certo c’è che il governo Monti taglierà il traguardo del 2013 e per allora, la politica dovrà dimostrare di saper tornare in campo. Da sola e da protagonista.