Tra dieci anni la Russia avrà la metà dell’arsenale missilistico di oggi

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Tra dieci anni la Russia avrà la metà dell’arsenale missilistico di oggi

08 Luglio 2009

Prima di festeggiare il “successo” della prima visita di Obama a Mosca per via dell’accordo preliminare sulla riduzione delle testate nucleari, sarebbe forse prudente chiedersi come mai in realtà fossero i russi, e non gli americani, a volere a tutti i costi questo accordo; circostanza nota e di pubblico dominio, anche se la Casa Bianca negli ultimi giorni ha pensato bene di dare in pasto ai media del materiale “fumogeno” per dissimularla.

A questo proposito, l’analisi più approfondita è quella del WSJ: centrata sull’importanza del fatto che, accanto alla riduzione delle testate, si sia negoziato, su pressione dei russi, anche sulla riduzione dei vettori nucleari (cioè gli aerei bombardieri, le rampe missilistiche di terra e quelle trasportate sui sottomarini). Il limite attuale è di 1.600 vettori, quello futuro concordato sarà di 1.100. Un buona affare per Mosca, non certo per Washington, sostiene il WSJ.

Perché? Perché il numero di vettori russi è comunque destinato a precipitare nei prossimi anni, semplicemente perché quelli attualmente in forze stanno divenendo obsoleti. In altre parole, buona parte dei vettori russi verranno comunque rottamati, con o senza un nuovo trattato sul controllo degli armamenti. Stando alle stesse fonti russe, la Russia verosimilmente nel 2017-2018 avrà meno della metà dei circa 680 vettori che ha oggi. Con un PIL inferiore a quello della California, la Russia deve fare i conti su come stare al passo con gli USA mentre manda in pensione i suoi armamenti troppo datati.

La soluzione di Medvedev è negoziare dei tagli che per gli USA sono reali, mentre per la Russia corrispondono in realtà né più né meno che all’eliminazione di ciò che sarebbe stato comunque dismesso. Come ha notato il giornalista russo Pavel Felgengauer sul Novaya Gazeta, I leader russi "hanno chiesto agli americani concessioni unilaterali su tutto, offrendo in cambio proprio un bel niente".

In definitiva: l’accordo è stato una concessione che gli americani hanno fatto ai russi, presumibilmente nella speranza di “agganciarlo” a successivi possibili accordi sul “resto”, ossia sull’allargamento della NATO ad Est (leggi: Georgia e Ucraina), e soprattutto sul coinvolgimento della Russia nel disinnescare l’atomica iraniana, magari usando la questione dello scudo antimissilistico come merce di scambio, cosa che Obama tenta vanamente di fare sin dall’esordio della sua esperienza di governo (come annotai più di quatro mesi fa, prendendo anche nota del fatto che erano i russi a mettere sul tavolo la questione dei vettori, sulla quale l’hanno avuta vinta).

Per ora, però, i russi non appaiono per nulla interessati a collaborare sul “resto”, anzi. A questo proposito va assolutamente letta questa l’analisi apparsa un paio di giorni fa sul NYT, che spiega come per la Russia un Iran isolato dalle proprie ambizioni atomiche sia un eccellente business, mentre una sua “normalizzazione” e conseguentemente apertura all’occidente potrebbe essere assai svantaggiosa per gli affari della banda Putin, tipo, hai visto mai che i mullah si mettono a pompare gas nel Nabucco a discapito di Nord e South Stream?

Non è finita. Sempre sul WSJ, si riporta che il pregevole discorso (pregevole anche se molto, molto prudente: l’America sostiene i principi liberali e democratici "because they are moral", ma anche “because they work”; e comunque non pretende di imporre niente a nessuno, se non scegliendosi i partner commerciali, come è logico, tra quelli più democratici e più liberali, ché sono più affidabili) pronunciato da Obama alla prestigiosa (ed elitaria) New Economic School nella speranza di emozionare un po’ l’opinione pubblica, non è stato trasmesso in diretta da nessuna delle principali emittenti televisive russe, con la sola eccezione del canale via cavo "Vesti".

La notizia è confermata anche dal NYT, il quale rincara la dose raccontando che l’accoglienza che i moscoviti hanno riservato ad Obama è stata cortese ma gelida, sorprendentemente insensibile al carisma del 44esimo presidente e per nulla incline al festoso calore con il quale folle oceaniche accorrono solitamente ad applaudirlo in tutte le capitali occidentali. Identico racconto sul Washinton Post, che pure si prodiga in incredule descrizioni di come i russi, accidenti a loro, a quanto pare sono risultati totalmente immuni all’obamamania.

Insomma: per ora le buone notizie scarseggiano, decisamente.