Tra guerriglia e guerra convenzionale: Hezbollah caso di studio al Pentagono

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Tra guerriglia e guerra convenzionale: Hezbollah caso di studio al Pentagono

11 Aprile 2009

Una guerra conclusa tre anni fa, senza il coinvolgimento di alcun soldato americano, sta dando vita all’interno del Pentagono a un dibattito sempre più acceso, che potrebbe modificare il modo di combattere dei militari americani in futuro.

Il risultato dello scontro tra Israele e Hezbollah in Libano, durato oltre un mese nell’estate del 2006, è stato visto da più parti come una disfatta per l’esercito israeliano. Una volta finiti i combattimenti, alcuni ufficiali militari hanno subito cominciato a sostenere che la breve e sanguinosa battaglia, relativamente convenzionale, presagisse il modo di combattere dei futuri nemici degli Stati Uniti.

Da quel momento in poi, il Dipartimento della Difesa ha inviato circa dodici squadre ad intervistare gli ufficiali israeliani che avevano combattuto contro Hezbollah. I Corpi della Marina e dell’Esercito hanno sponsorizzato una serie di simulazioni di guerra da molti milioni di dollari per testare le possibili reazioni delle forze statunitensi di fronte ad un nemico del genere. Frank Hoffman, ricercatore al  Marine Corps Warfighting Laboratory di Quantico, ha dichiarato a tal proposito: “Ho organizzato due delle maggiori simulazioni di guerra negli ultimi due anni, e tutte si sono concentrate su Hezbollah”.

Una delle ragioni principali per cui quella guerra di 34 giorni sta attirando una simile attenzione sta nel fatto che con essa è venuta alla luce una spaccatura tra i leader militari: alcuni vogliono modificare l’esercito americano, così da assicurare una migliore preparazione per affrontare scontri come quelli in Iraq e Afghanistan, mentre altri temono che una modifica in tal senso renderebbe gli Stati Uniti vulnerabili di fronte ad un nemico più convenzionale.

“La guerra del Libano è diventata un esempio guida”, ha affermato Stephen Biddle, un alto ricercatore al Council on Foreign Relations, che è stato consigliere del Gen. David H. Petraeus, capo del Central Command degli Stati Uniti. “Opporsi a una trasformazione dell’esercito che assicuri una maggiore preparazione nel combattere guerre a bassa-intensità è un atteggiamento sbagliato. Si discute attraverso una sorta di comunicazione in codice per indicare da quale parte si intende stare”.

Gli esperti dell’esercito statunitense sono rimasti sbalorditi dalla distruzione delle unità corazzate israeliane ad opera di Hezbollah, attraverso l’utilizzo di sofisticati missili guidati anticarro. A differenza della guerriglia in Iraq e Afghanistan, che impiega per lo più la tattica della sortita – mordi e fuggi -, i combattenti di Hezbollah mantenevano le loro posizioni sul campo contro le forze israeliane in battaglie che potevano durare anche 12 ore. Erano in grado di intercettare le comunicazioni degli israeliani e persino di colpire una delle loro navi con un missile cruise.

“Dal 2000 al 2006 Hezbollah ha adottato una nuova dottrina, trasformandosi da forza essenzialmente di guerriglia a forza di combattimento quasi-convenzionale”: questa la conclusione di uno studio dello scorso anno da parte dell’Army’s Combat Studies Institute. Un altro report del Pentagono avvertiva del fatto che il braccio armato di Hezbollah fossero “addestrate benissimo, soprattutto nell’uso di missili e armi anticarro”, e aggiungeva: “Hanno piena consapevolezza delle vulnerabilità delle unità corazzate israeliane”.

Molti dei più alti ufficiali dell’esercito parlano di quella breve battaglia quasi come di una lezione di moralità, che mostra il prezzo da pagare se ci si concentra troppo nelle guerre di contro-insorgenza a spese del combattimento convenzionale. Questi ufficiali notano che, prima della guerra in Libano, le forze israeliane erano fortemente impegnate in compiti legati all’occupazione dei territori palestinesi.

“Il reale punto di svolta sta nella necessità di trovare il tempo per prepararsi a operazioni di combattimento di maggior entità, anche quando si è impegnati in guerre di contro-insorgenza,” ha sottolineato un esperto analista militare che ha studiato la guerra del Libano per il Center for Army Lessons Learned a Fort Leavernworth. Attualmente, gli schieramenti in Iraq e Afghanistan non hanno permesso alle unità dell’esercito di condurre un addestramento del genere.

I generali dell’esercito si sono anche concentrati sulla guerra del Libano per garantire un ampio supporto ai programmi di armi da milioni di dollari, spesso in gran parte irrilevanti nelle guerre a bassa-intensità come quelle combattute in Iraq e Afghanistan. Un documento informativo di 30 pagine, interno all’esercito, preparato per i Joint Chiefs of Staff e per i civili del Pentagono, ha cercato recentemente di evidenziare come i Future Combat Systems, un network di sensori e di mezzi sul campo da 159 miliardi di dollari, si sarebbero potuti impiegare per sconfiggere le forze di Hezbollah rapidamente e con poche perdite tra gli americani.

“Hezbollah si basa su azioni a bassa visibilità e su una difesa ben organizzata”, si può leggere in uno dei paragrafi del documento. “Il network FCS risponde attraverso sensori e robotica per attuare manovre senza necessità di contatto”.

In molti si aspettavano che il Segretario della Difesa, Robert M. Gates, assumesse una ferma posizione sul dibattito in oggetto, nel momento stesso in cui ha annunciato il budget per la difesa previsto per il 2010. Da quel documento ci si aspetta un taglio netto o quanto meno un forte ridimensionamento del sistema di armi concepito per le guerre convenzionali, con un potenziamento BOLSTER dei programmi di intelligence e di sorveglianza tesi a fornire un aiuto nello scovare i ribelli nascosti.

"Questo budget sposta l’ago NEEDLE verso una strategia di guerra irregolare e verso la contro-insorgenza", ha dichiarato il portavoce del Pentagono Geoff Morrell. "Non si tratta di dimenticare la necessità di prepararsi ai conflitti convenzionali. Ma anche il semplice spostamento di quell’ago in tutta questa costruzione rappresenta qualcosa di rivoluzionario".

I cambiamenti riflettono la crescente importanza che va assumendo nel Pentagono il campo della contro-insorgenza militare, il cui maggior esponente è Petraeus. Il presidente Obama, la cui strategia in Afghanistan si concentra sulla protezione della popolazione locale e sul tentativo di impedire agli islamisti radicali di crearsi un paradiso sicuro, ha ampiamente sostenuto questo gruppo.

La questione che i leader della difesa si trovano ad affrontare riguarda la possibilità o meno di costruire una forza che sia in grado di avere la meglio in una lotta di contro-insorgenza, dove l’obiettivo principale è quello di proteggere la popolazione civile e formare un esercito e delle forze di polizia locali, così come in una battaglia più convenzionale.

Il generale George W. Casey Jr, alto ufficiale dell’esercito nel Pentagono, ritiene essenziale che le forze militari siano in grado di affrontare entrambi i casi simultaneamente. La nuova dottrina dell’Esercito, nel frattempo, richiede un servizio a "copertura totale" che sia adatto a ricostruire i paesi così come a distruggere gli eserciti antagonisti. Ma altri esperti rimangono scettici. "L’idea che si possa fare tutto insieme è semplicemente sbagliata", ha spiegato Biddle del Council on Foreign Relations. Secondo la sua opinione, i soldati, che tornano a casa per un breve periodo di 12 mesi tra una missione e l’altra, non hanno il tempo sufficiente a prepararsi in modo adeguato per entrambi i tipi di guerra.

Biddle e altri sostenitori della contro-insorgenza ritengono che l’esercito al momento dovrebbe concentrare tutte le sue energie per vincere le guerre in Iraq e in Afghanistan e preoccuparsi solo in seguito di come si presenterà la prossima guerra.

Alcuni in questo campo sostengono che la minaccia posta da Hezbollah è stata gonfiata da quegli ufficiali che sono determinati a riportare l’esercito ad un passato più familiare, costruito sulla preparazione delle guerre in modo convenzionale.

Un’altra domanda da porsi è se l’esercito statunitense stia imparando la giusta lezione dal conflitto tra Israele ed Hezbollah. Gli studi condotti su tale argomento si sono concentrati quasi esclusivamente sulla battaglia nel Libano meridionale, ignorando l’attuale ruolo di Hezbollah nella società libanese quale partito politico e gruppo di aiuti umanitari. Dopo la battaglia, Hezbollah si è subito impegnato con sussidi e assistenza alla ricostruzione.

“Sebbene gli israeliani abbiano agito meglio dal punto di vista operativo, non credo che avrebbero riportato una vittoria a lungo termine”, ha dichiarato Andrew Exum, un ex ufficiale dell’esercito che ha studiato la battaglia dal Libano meridionale. “Per gli israeliani la guerra è durata 34 giorni. Noi tendiamo a dimenticare che per Hezbollah è una guerra senza fine”. 

© Washington Post
Traduzione Benedetta Mangano