Tra Hamas e Fatah non si ferma la carneficina
26 Ottobre 2007
Homo homini lupus. Forse questo proverbio era stato pensato
per le efferatezze compiute da maggio di quest’anno a oggi nei territori palestinesi
dagli uomini di Fatah su quelli di Hamas e viceversa.
Una guerra di mafia sullo stile di quelle condotte da gente
come Totò Riina, con modalità da Gestapo, con tanto di rapimenti notturni di
parenti e rappresaglie traversali compiute sotto gli occhi di povere madri.
Fatti che se gli israeliani avessero solo pensato di fare, non
eseguite per davvero, l’intero mondo
delle sinistre mondiali starebbe oggi facendo una marcia della pace, cantando “we
shall overcome” e dirigendo la catena
umana su Gerusalemme.
Ma almeno, stavolta, non c’è stata “amnesy” per Amnesty International. Che
ieri ha pubblicato un rapporto in cui per
l’appunto racconta come gli scontri tra i gruppi palestinesi Hamas e Fatah
nella Striscia di Gaza abbiano già causato, solo quest’anno, 350 morti e 2000
feriti gravi.
Con gravi violazioni dei diritti umani, non solo a Gaza ma
anche in Cisgiordania. Il rapporto, di 57 pagine, accusa Hamas di aver fatto
sempre maggiore ricorso alla detenzione arbitraria e alla tortura, da quando a
giugno ha assunto il potere nella Striscia di Gaza. Hamas ha inoltre
autorizzato le proprie forze ad attaccare e aggredire manifestanti pacifici e
giornalisti che seguivano le proteste. Per quanto riguarda la Cisgiordania,
Amnesty International accusa le forze fedeli al presidente palestinese Mahmoud
Abbas di aver arrestato arbitrariamente centinaia di sostenitori di Hamas e di
non aver intrapreso alcuna azione nei confronti dei militanti di Fatah
responsabili di rapimenti, incendi e altri attacchi.
Il rapporto di
Amnesty International contiene atroci testimonianze di
vittime di violazioni
dei diritti umani. C’è ad esempio la storia del cuoco Mohammed
Swerki rapito e buttato dalla finestra da uomini di Hamas, dopo avere
confessato di avere sbagliato palazzo e di essere alla ricerca dell’esatto indirizzo
in cui consegnare una pietanza cucinata. La testimonianza è del suo amico F.H.
un meccanico che lo aveva accompagnato e che fu rilasciato dopo ore di tortura.
“Vidi il
corpo di Mohammed fuori dall’edifico sdraiato per terra nel suo proprio
sangue – ha detto – aveva le mani
legate dietro la schiena”. Qualcuno forse si ricorderà di quei due soldati
israeliani linciati nell’ottobre dl 2000 per avere sbagliato strada finendo a
Ramallah, con le donne palestinesi che intinsero le mani nel loro sangue dopo
averli scannati?
Ecco i metodi sono rimasti gli stessi. Solo che adesso li
adoperano tra di loro. Commovente anche
la testimonianza di Fatima A., 24 anni, madre di cinque giovani bambini e
residente a Gaza: “Stavano sparando fuori
dall’ospedale quelli di Hamas, poi entrarono dentro l’edificio prendendo tre
miei parenti, AId, suo figlio Ibrahim di 20 anni e suo nipote Faraj di 22. Li
hanno messi in stanze separate e gli hanno sparato in testa a tutti e tre. Quando
vidi Faraj disteso per terra mi dissero di andare via e mi presero a calci
nella pancia, allora gli tirai una pietra e mi spararono in pancia, sono viva
per miracolo”.
Gli episodi contenuti nel rapporto sono decine, ma ce ne è
un altro ancora che si segnala per efferatezza, quello capitato a Tariq
Mohammed Asfour, 43 anni ex poliziotto dell’Anp a Khan Yonis: “Gli uomini delle forze esecutive delle
brigate Qassam vennero a prelevarmi a casa mia alla fine di giugno, mi dissero
di vestirmi e di seguirli, non erano mascherati e mi portarono via da casa con
le mani legate dietro la
schiena. Mi condussero
in un posto isolato e mi picchiarono con i bastoni per sei ore e poi mi
frustarono con cavi metallici. Infine mi chiesero dove stavano le armi di mio
fratello, io dissi che non sapevo niente e loro mi piantarono con un martello
dieci chiodi nelle gambe, alla fine parlai e dissi che erano nel giardino sotto
la cuccia del cane, allora mi dissero di chiamare mio figlio e farle disseppellire,
così feci.. quando svenni mi tirarono l’acqua in faccia per farmi rinvenire,
poi mi portarono all’ospedale dove dissero ai medici di rimettermi in sesto”.
Testimonianze che un giorno si spera leggano anche i vari
intellettuali alla Vattimo e gli odiatori di Israele per professione. Dal rapporto di Amnesty quindi fuori il ritratto della
prepotente classe dirigente dei poveri palestinesi. Roba da rivalutare persino
i politici italiani. E gli abitanti di Gaza e Cisgiordania dovrebbero
cominciare a chiedersi se converrà mai loro, a queste condizioni, avere questo stato che agognano dal 1948.
Difficile infatti dare la colpa a Israele di tutto ciò che è contenuto in
queste 57 pagine.
Il problema è che, quando ci si fa rappresentare dalle bande
armate dei terroristi, questi sono i risultati. Adesso Amnesty, meglio tardi che mai, fa anche appelli
umanitari: “I dirigenti di Hamas e Fatah devono prendere provvedimenti
immediati per spezzare il ciclo dell’impunità che continua ad alimentare le
violazioni dei diritti umani, tra cui detenzioni arbitrarie, rapimenti, torture
e maltrattamenti”. Le parole sono di Malcolm Smart, direttore del Programma
Medio Oriente di Amnesty International. Secondo il quale “la perdurante lotta
tra le due fazioni sta avendo un effetto devastante sulla popolazione palestinese,
specialmente nella Striscia di Gaza, acuendo la crisi umanitaria e dei diritti
umani provocata dalle azioni militari e dai blocchi ordinati da Israele”.
Israele,come si vede, viene evocata solo per non dovere ammettere che i
palestinesi si ammazzano tra di loro per ben altri motivi. Che poi sono il
predominio sul territorio. Esattamente come avviene in Sicilia tra i corleonesi
e i palermitani. Amnesty riconosce che “le forze di sicurezza rivali, che
avrebbero dovuto proteggere la popolazione e rafforzare il rispetto della
legge, hanno tradito il proprio compito attraverso una condotta faziosa”. E
queste forze di sicurezza “insieme ai gruppi armati che fungono come loro
miliziani, hanno loro stesse violato la legge e commesso gravi violazioni dei diritti
umani nella totale impunità”.
In Cisgiordania, le violazioni dei diritti umani da parte delle forze di
sicurezza dell’Autorità palestinese sono state a loro volta massicce, anche se
meno conosciute. Amnesty si permette pure di malignare sul fatto che “la
comunità internazionale pare intenzionata a non prendere una posizione forte,
alla vigilia della conferenza promossa dagli Usa per tentare di resuscitare gli
accordi di pace tra il
governo israeliano e il governo di emergenza dell’Autorità palestinese”.
Ma la triste verità è che la storica condanna del popolo palestinese è stata proprio quella di venire rappresentato da due
bande di mafiosi assassini che si equivalgono in efferatezze e ruberie. Con l’unico
comune denominatore che è l’odio verso gli ebrei e lo stato di Israele. Ne dovranno
tenere conto anche ad Annapolis quando inizierà la conferenza di pace.