Tra i “bamboccioni” inglesi c’è anche la popstar Robbie Williams
29 Gennaio 2010
Se qualcuno pensava che il fenomeno dei “bamboccioni” fosse soltanto made in Italy, si sbaglia. Secondo un articolo del Times, i giovani inglesi sono sempre più legati alle proprie famiglie, una volta laureati preferiscono tornare a casa, e, ovviamente, non sanno cucinare. Naomi Reece, rampante trentenne di Londra, ha raccontato in un’intervista di aver lasciato il fidanzato, grafico pubblicitario poco più grande di lei, perché stufa di trovarlo sempre al telefono con mammà, persino in quei (pochi) momenti di intimità. Dopo dieci mesi, ha confidato Naomi, il loro rapporto era diventato un incubo. Vivevano insieme, ma se durante la settimana c’era il lavoro, tutte le domenica, in agenda, c’era anche il pranzo con la futura suocera. E non è tutto, perché la signora era solita passare, senza alcun preavviso, a casa dei due fidanzatini, elargendo consigli non richiesti sulla pulizia dell’appartamento, sui letti da rifare e sulla lista della spesa.
La storia di Naomi non è l’unico caso che si è registrato negli ultimi tempi. Una ricerca dell’ufficio nazionale di Statistica ha rivelato che un quarto dei giovani inglesi fra i 25 e i 29 anni vivono ancora con i genitori, mentre soltanto una donna su otto alla stessa età non ha lasciato la casa d’origine. Cresce, quindi, la generazione dei così detti “mummy’s boys”, quelli che non sanno cucinare un piatto di pasta e neppure caricare una lavastoviglie, senza farsene un problema. Sarà che la sindrome degli italiani mammoni si sta diffondendo anche all’estero? In Italia, il 37 per cento degli uomini tra i 30 e i 34 anni preferisce le mura domestiche all’indipendenza. Nei giorni scorsi, è stato il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, a lanciare l’ultima provocazione per spronare i “bamboccioni”. “Fino a quando non sono andato a vivere da solo a 30 anni, era mia madre che mi rifaceva il letto”, ha fatto outing il ministro, che poi, però, ha invitato – “un po’ scherzando” – i giovani a lasciare la casa paterna non appena compiuti diciotto anni.
Ma non tutti sembrano essere d’accordo con Naomi e il nostro ministro. L’inglese Rob Kemp, nel suo libro The Expectant Dad’s Survival Guide, racconta quant’è bello essere un cocco di mamma. Rob ha vissuto fino ai 24 anni con la sua famiglia senza dover mai lavare una camicia o rammendare un calzino, roba da donne che la mamma e la sorella svolgevano con assoluta devozione. Oggi è un uomo sposato, ha un figlio di sei anni, e la moglie non ha mai preteso di cambiarlo.
C’è persino chi ha presentato una teoria scientifica sul fenomeno dei “bamboccioni”. Secondo il dottor Sebastien Kraemer, psichiatra infantile presso il Whittington Hospital di Londra, quei giovani con un passato da viziatelli hanno più possibilità di diventare dei manager di successo. Potrebbe sembrare un paradosso, ma Kraemer spiega come i maschi siano più vulnerabili delle ragazze fin dal loro concepimento: se saranno trattati con più cura e sensibilità, diventeranno degli adulti sicuri e pieni di grinta. Il popolo dei mammoni conta persino dei “vip”. Il calciatore Cristiano Ronaldo ha più volte chiesto consiglio alla mamma Dolores, durante la tormentata relazione con l’ereditiera Paris Hilton, mentre sia l’attore Colin Farell – quello che faceva il macho in Alexander – che il cantante Robbie Williams pare subiscano spesso l’influenza di mammà. Aspiranti fidanzate avvisate.