Tra il dovuto e il voluto di Monti manca il come

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Tra il dovuto e il voluto di Monti manca il come

29 Dicembre 2011

Il dovuto era la manovra lacrime e sangue, il voluto tutto ciò che d’ora in poi il governo metterà in agenda. Parola di Mario Monti. Ma tra il dovuto e il voluto, il Prof. non dice – almeno per ora – il come. Come, cioè, intende tradurre in provvedimenti la famosa ‘fase due’ che lui, nella conferenza stampa di fine anno, preferisce definire ‘pacchetto crescItalia’.

Due ore e mezzo coi giornalisti a Palazzo Chigi: all’intervento del premier seguono 31 domande, molto specifiche su quanto fatto e su quanto fare, ma dalle risposte la sensazione di fondo è che il premier si sia mosso per titoli senza entrare nello svolgimento dei ‘compiti’ assegnati a ogni ministro. Atteggiamento prudente, anche perché come lui stesso ha dichiarato, si procederà per singoli provvedimenti settimana per settimana, seguendo il criterio del confronto con forze politiche e parti sociali. Criterio peraltro non adottato fino in fondo nella ‘fase uno’. Dunque ascolto, sintesi e decisioni. Ma certo, dopo un Cdm sulle linee-guida del ‘crescItalia’ sigillato da un top secret che rimandava alla conferenza stampa di oggi, ci si aspettava di più dal premier. E al di là della visione generale, il di più sta nei dettagli – anche se declinati per sommi capi in questa fase di messa a punto – che danno sostanza alla direzione tracciata da Monti.

Che vi sia bisogno di liberalizzazioni, misure dedicate alla crescita, provvedimenti che favoriscano concorrenza e competitività (parola che usa poco e alla fine se ne scusa dandola tuttavia per scontata nel suo ragionamento d’insieme), riforma del mercato del lavoro, lotta all’evasione fiscale, equità, cura rivitalizzante sulle infrastrutture, non è un dato soggettivo ma un dato di fatto, a maggior ragione con uno spread ancora sulle montagne russe e coi mercati che dimostrano timidi segnali di apertura nei confronti dell’Italia, facendo intendere che la manovra rigorista non basta. Non c’è una forza politica – tranne la Lega di lotta e di opposizione – che non li ritenga necessari e non li invochi ogni due per tre. Il punto, insomma non sono gli obiettivi ma la strada da fare per raggiungerli. Ed è su questo che i partiti aspettano al varco il governo tecnico, consapevoli – ciascuno per propria parte – che d’ora in poi decisioni calate dall’alto non riceveranno una pura e semplice ratificazione in parlamento. Monti ne è consapevole e in conferenza stampa ringrazia le forze di maggioranza dalle quali – annota – “dipende la durata del governo”, per lo sforzo che stanno facendo, confermando che ascolterà richieste e proposte prima di presentare a Bruxelles (il 23 gennaio) il pacchetto ‘crescItalia’.

Altro punto sul quale il premier è apparso alquanto vago sono i tempi dell’operazione per portare il paese fuori dal tunnel della crisi. Un tunnel, anzi un baratro sull’orlo del quale “ci siamo fermati”, spiega, il 16 novembre giorno del suo insediamento a Palazzo Chigi. Passaggio che usa per marcare – ma senza calcare troppo la mano – la differenza tra il prima (Berlusconi) e il dopo (il governo tecnico); come quando a proposito di spread in impennata si giustifica sottolineando che il dato di oscillazione era molto più preoccupante ad agosto con le misure appena varate dal predecessore che oggi dal momento che – giustifica – c’è da considerare la reazione dei mercati all’esito dell’ultimo Consiglio europeo (praticamente un flop). Ed è all’Europa che Monti chiede una politica più incisiva, al di là dello sforzo che sta facendo la Bce. Un modo per dire che se lo spread resta alto è anche perché Francia ma soprattutto Germania mantengono una rigidità eccessiva. A Bruxelles Monti proverà nuovamente a spezzare la cortina di ferro tedesca, forte anche della comune visione con altri paesi dell’Eurozona. Il risultato per ora, resta un punto interrogativo.

Quanto alla manovra lacrime e sangue, il premier replica alla raffica di contestazioni dei partiti e dei sindacati sottolineando che si trattava di un provvedimento già concordato dall’Italia e dall’Europa prima del suo arrivo a Palazzo Chigi e che in un certo senso, l’esecutivo lo ha tradotto in legge. Ne difende urgenza e necessità, tuttavia sembra quasi che ne voglia allontanare il più possibile la paternità piena. Qualche punzecchiatura, insomma, al Cav. ma soft, che Monti si concede anche se di fronte al rischio di una manovra dagli effetti recessivi, lo tira in ballo, quasi ci si appella, leggendo un passaggio della conferenza stampa di un anno fa nella quale Berlusconi chiudeva l’intervento con un invito all’ottimismo e ai giornali a non concentrarsi solo sugli aspetti negativi della crisi globale. Allora quell’appello venne stigmatizzato, deriso, denigrato dalla gioiosa macchina politico-cultural-mediatica. Un anno dopo, Monti condivide lo spirito di quell’appello e indirettamente lo fa suo per dire che i cittadini hanno bisogno di vedere anche il bicchiere mezzo pieno e se “gli viene spiegato perché servono sacrifici, hanno una grande capacità di comprensione”.

Il dato di partenza della fase due è che “i conti sono in sicurezza” e che l’azione del governo è orientata alla crescita. Nel dossier ‘lotta all’evasione’ ci sta anche il capitolo della riforma del catasto che servirà a rimettere le cose in ordine, a far emergere il sommerso e a introdurre criteri di equità. Eppure l’obiezione (o il timore) che specie nelle file del Pdl si muove è capire se alla fine e al netto della giusta riorganizzazione del settore, la revisione degli estimi e delle aliquote si tradurrà in maggiori tasse per i proprietari di case che in Italia sono l’80 per cento, magari da aggiungere a quelle già determinate dalla reintroduzione dell’Imu e da conciliare con i mutui che buona parte dei cittadini hanno contratto per l’acquisto della prima casa.  

A questo governo – dice Monti – è stato chiesto di fare “una corsa ad ostacoli, da fermo e con handicap. E comunque è una corsa perché vogliamo dare agli italiani il senso della necessità del cambiamento”.  Un cambiamento che presuppone “provvedimenti concreti in tempi rapidi”. Nel pacchetto-Monti c’è particolare attenzione al dossier mercato del lavoro, tema “delicato e complesso” lo definisce, al quale sta lavorando il ministro Fornero ma sul quale sono concentrate le maggiori resistenze politiche del Pd e dei sindacati.

Nella raffica di domande non potevano mancare quelle di carattere più politico, a cominciare dal movimentismo di certi ministri già proiettato – a quanto pare – al 2013. Monti, che esclude l’ipotesi di un rimpasto di governo con l’inserimento di alcuni profili politici, spiega che ai suoi ministri ha assegnato così tanti compiti che nessuno in questo momento ha tempo per pensare a cose eventuali, future e diverse dall’impegno contingente. Tuttavia aggiunge: “Siamo un governo tecnico, e non ho niente in contrario a questa etichetta, fatto pur sempre di persone. Efficacemente rappresentate in tv come robot, ma persone. Tengo i miei ministri intensamente occupati nell’attività istituzionale, ma sono cittadini, hanno una loro visione e se la manifestano a titolo personale lederei la Costituzione se lo impedissi. Se vedessi che ciò pregiudica il compito di servire il Paese, direi le mie perplessità, ma non vedo rischi”.

Quanto all’idea di una sua possibile candidatura al Quirinale, il premier risponde in punta di penna, ma non sembra chiudere definitivamente la porta. “Non ho avuto ancora il tempo di occuparmi del dossier, anche perchè non saprei come intestarlo. Del resto non mi risulta che esistano candidature al Quirinale”. Poi chiosa: “Non vorrei che le risposte che a volte porto sul piano dello humour siano intese come un cincischiare sul tema. Non è un tema al quale penso minimamente”. Chissà se sarà dello stesso avviso tra un anno. Data alla quale rimanda la prossima conferenza stampa di bilancio complessivo e le risposte che oggi ha dato solo a metà.