Tra il sesso e il potere sarebbe meglio se a prevalere fosse la ragion di Stato
16 Gennaio 2011
Sesso e potere. Implacabile il primo, debole il secondo. Almeno di questi tempi. Si scivola sui rimasugli del piacere perché non si rivendica più una ragion di Stato che dovrebbe mettere al riparo quantomeno le alte cariche dall’aggressione della sistematica delegittimazione offerta al popolo per soddisfarne l’appetito. Può accadere di tutto quando alla politica si sovrappone il moralismo giustizialista che non tiene conto della realtà effettuale delle vicende e viene utilizzato come arma impropria di devastazione della coscienza pubblica, come accadde ai tempi della Rivoluzione francese.
Noi viviamo immersi in un’atmosfera sospesa tra il Terrore ed il Termidoro. Sinistri demoni s’aggirano tra i palazzi della politica ed i chiassosi angiporti mediatici e giudiziari per ricordarci che la nostra sovranità cittadini liberi è limitata: basta lo scandalo messo a nudo, costruito ad arte s’intende, per negare il responso democratico e costringere nel cattiverio coloro o colui che hanno praticato privatissimi svaghi senza interferire nella sfera sfera pubblica ed ingerirsi nella vita della comunità nazionale.
Non dovrebbe importare niente di ciò che fa un premier quando è lontano dalle preoccupazioni del suo governo: questo va da sé in un Paese normale. Nell’Italia dove invece si costruiscono scenari postribolari per abbattere il Drago che dominerebbe sadicamente la collettività, ciò che è privato è necessariamente pubblico, sia pure contro ogni logica. Le conseguenze di tale moderno giacobinismo, sono sotto gli occhi di tutti: non suona come un affronto alla dignità di chicchessia essere spiati, intercettati, interrogati/interrogate come criminali abituali, ma è fin troppo lecito e perfino doveroso a salvaguardia del bene comune, naturalmente, secondo gli invasati fondamentalisti del puritanesimo ipocrita, cercare di scoprire ciò che non può essere scoperto, a meno di confessioni e prove clamorose e inconfutabili: le perversioni di un capo del governo che si comporterebbe da sanguinario utilizzatore di vergini immolate sull’ara del suo godimento mostruoso.
Non è un teorema, per quanto pazzesco, quello a cui tenacemente e con ammirevole perfidia si sta dedicando più d’uno in queste giornate logorate dalla nausea, ma un progetto di devitalizzazione della democrazia italiana. L’insopportabile usurpatore, insomma, per quanto plebiscitariamente votato, deve finire non soltanto in galera, ma seppellito dall’ignominia. Ecco dove è approdata la destrutturazione della ragion di Stato. E se davanti a noi si apre il baratro dell’ingovernabilità, dell’anarchia politica, dell’instabilità sociale, poco male. Il tiranno, come tale qualificato ancor prima che mostrasse, orsono diciassette anni, le sue inclinazioni, deve sparire anche se è stato suffragato dal consenso di milioni di italiani. E deve essere condannato, perché così stabilito, moralmente prima che giudiziariamente per il solo fatto che qualche giudice, appoggiato dalla stampa moralizzatrice, ha decretato, senza uno straccio di riscontro oggettivo, che si sarebbe approfittato di una minorenne anche se il soggetto violato, nel frattempo diventato maggiorenne, sostiene che mai e’ avvenuto quanto si imputa all’ingordo Drago.
Le conclusioni le traggono, dai brandelli di verbali che pure dovrebbero restare segreti ed invece vengono venduti a dispense dai più autorevoli quotidiani, i soliti maestri del pensiero. E a nessuno di loro viene in mente che, in assenza di reati gravissimi connessi alle funzioni politico- istituzionali del premier, la ragion di Stato dovrebbe prevalere perché il Paese non venga avvolto nelle spire della crisi di legalità e di legittimità che è appena dietro l’angolo del seduttivo colpo di scena che potrebbe configurarsi come un frizzante colpo di Stato morbido al quale gioiosamente tutti i nemici, vecchi e nuovi, parteciperebbero senza contemplare neppure una fuoriuscita un po’ più dignitosa dell’ammissione dell’adescamento non riuscito di una diciassettenne che sembra una ventiquattrenne e non e’ nipote di nessuno o, almeno, non di un leader africano.
Muore anche così, al tempo di tecnologie avanzatissime utilizzate per costruire meccani giudiziario-mediatici, la politica senza Stato. Non so se riusciremo ad uscire dal pantano in cui cerchiamo di tenerci a galla. E’ altamente improbabile, per come si sono messe le cose. La maggioranza che sostiene il governo ha il dovere, comunque, di rilanciare contro tutte le opposizioni che siano politiche o meno. Rilanciare un’idea di civile convivenza nonostante l’assedio di tutte le tentazioni giacobine. Riprendere il cammino nella consapevolezza che, comunque vadano le cose, ci sono ragioni che non possono essere tradite e vivono al di la’ delle contingenze. Vivere con un sentimento di rinascita ben presente, nella certezza che nessuna battaglia combattuta coerentemente con scelte politiche di fondo può essere annichilita dai professionisti della delegittimazione che sanno mettere nel ventilatore fango e odio.
Ci vuole forza per credere, naturalmente. Ma non è detto che non si possa riuscire nell’intento, purché si abbia ben chiaro lo scopo.