Tra le manovre in corso nel mondo cattolico c’è posto per il Pdl di Alfano
08 Agosto 2011
Dentro il mondo cattolico da qualche mese si stanno tenendo manovre in vista di qualcosa di politicamente nuovo.
Innanzitutto c’è un grande dibattito dentro l’UDC, in vista del prossimo congresso da cui non è dato capire se uscirò questo famoso “Partito della Nazione” oppure no. La responsabile dei rapporti con il mondo cattolico, l’onorevole Binetti, punta molto sul recupero di una formazione di quadri improntata ai principi della Dottrina sociale della Chiesa mentre molti settori degli iscritti di antica fede democristiana lamentano insistentemente di non gradire la presenza di Fini e Rutelli, in quanto esponenti di matrici culturali molto diverse dalla propria. La recente mossa di Casini di offrire al governo una responsabile collaborazione nell’affrontare la crisi economia dimostra certamente un distacco dalla sinistra ma anche da Fini, un riposizionamento al centro, senz’altro gradito dai settori degli aderenti cattolici di cui parlavo sopra.
Poi c’è stato l’incontro promosso a metà luglio dal vescovo salesiano Mario Toso, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Egli ha riunito i rappresentanti di varie sigle di movimenti ed associazioni cattoliche per riprendere il tema di una nuova generazione di cattolici in politica, in riferimento alle indicazioni di Benedetto XVI e al “sogno” del Cardinale Bagnasco espressi in una sua famosa prolusione alla Cei. Sembra che l’iniziativa sia stata presa con il patrocinio del Cardinale Bertone, segretario di Stato vaticano, il che contribuisce ancor una volta a creare malumori nei rapporti tra Segreteria di Stato e Conferenza episcopale italiana sui temi di politica interna. Nella sua relazione introduttiva al convegno di cui sopra il vescovo Toso ha indicato un percorso che parta dalle esperienze delle singole associazioni e dal lavoro finora svolto e che arrivi ad un quadro comune di valori e riferimenti per la politica.
Non va infine trascurata la lunga intervista rilasciata al direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, da parte di Lorenzo Ornaghi, magnifico rettore dell’Università Cattolica di Milano. Egli punzecchia indirettamente più volte l’attuale esecutivo, fa riferimento al grande serbatoio di risorse che i cattolici rappresentano per il Paese ed invita a guardare al nuovo senza nostalgie e fughe in avanti.
Questi sono i fatti più evidenti di un movimento sotterraneo che è però molto più complesso. Il motivo di queste manovre è più o meno dettato dall’ipotesi di una crisi dell’attuale sistema politico marcato da Silvio Berlusconi. Questo sembra indurre molti a non limitarsi a definire una agenda politica a cui i cattolici debbano rifarsi dall’interno delle loro appartenenze politiche, ma a puntare a qualcosa di più, per esempio un nuovo grande partito di centro.
I tentativi in atto si scontrano però con alcune difficoltà che stanno nelle cose.
La prima riguarda il metodo di lavoro seguito. Se si parte dalle associazioni e dai movimenti, nella speranza di costruire un percorso di unità politica, si dimostra di non tenere realisticamente conto che proprio le divisioni tra le associazioni cattoliche e nelle associazioni cattoliche impediscono oggi questo percorso unitario. Tra le Acli e la Compagnia delle Opere c’è una diversità di impostazione anche teologica, oltre che pratica organizzativa e di modalità di impegno che sarebbe sciocco sottovalutare. Ma anche all’interno della stessa associazione – poniamo le Acli per continuare nell’esempio – si dà una diversità notevole tra centro e periferia e tra periferia e periferia. Se gli organismi centrali hanno fatto un certo percorso dalla scelta socialista del 1970, alcune federazioni locali vivono ancora della cultura dei primi anni Settanta. E’ difficile capire come si possa cominciare da qui, ossia dalla valorizzazione di tutti i percorsi compiuti, un ulteriore percorso unitario che trovi degli sbocchi politici.
La seconda difficoltà riguarda il sistema elettorale. Qualsiasi significativa modifica del centro politico e quindi qualsiasi nuova aggregazione che voglia essere raccoglitore dell’elettorato cattolico passa per un ritorno al proporzionale. La cosa può essere anche attuata, dato che in molti partiti attualmente sulla scena ci sono sostenitori anche consistenti di questa ipotesi. Il ritorno al proporzionale, però, avrebbe un netto sapore di conservazione, non tanto perché saprebbe di ritorno al passato, ma soprattutto perché bloccherebbe ancora di più di oggi le capacità decisionali dal sistema politico. Qualsiasi proposta seria di impegno politico dei cattolici non può prescindere dall’impegno a dare al Paese un governo che governi, che decida e che attui le riforme assolutamente necessarie. Il proporzionale suonerebbe di stallo più ancora di questo bipolarismo più che imperfetto.
I movimenti politici nel mondo cattolico devono tenere conto dei valori di partenza ed anche di un possibile sbocco politico praticabile. Ora, circa il primo punto bisogna riconoscere che tra le associazioni cattoliche e nelle associazioni cattoliche si possono trovare le posizioni di tutto l’arco costituzionale. Credo di poter dire che sul piano politico sociale sono di più le cose in cui i cattolici sono in disaccordo che quelle in cui sono d’accordo. Circa il secondo punto, o si dice di puntare chiaramente alla revisione della legge elettorale o non si riesce ad intravvedere sbocco praticabile.
C’è infine un ultimo punto a rendere difficoltoso il percorso e riguarda i cosiddetti “principi non negoziabili”: vita, famiglia, libertà di educazione, sussidiarietà. Se questi costituiscono la bussola che Benedetto XI ha indicato, sembra doveroso per i cattolici non modificare l’assetto politico esistente se non con la garanzia che il nuovo tuteli maggiormente i principi suddetti. Viceversa, fare salti nel buio a questo riguardo e rischiare la zapaterizzazione dell’Italia non sembra lecito né moralmente né politicamente.
In questo quadro va attentamente considerata la proposta di Angelino Alfano di un Partito popolare europeo qui in Italia. Questa proposta potrebbe avere un futuro anche rispetto al mondo cattolico, attirandone una parte significativa a due condizioni: che punti chiaramente sul rispetto dei principi non negoziabili e che agisca direttamente, tramite le proprie fondazioni e istituzioni culturali, per fare emergere e dare voce a quella parte del mondo cattolico che considera appunto i principi non negoziabili la bussola da tenere presente. Perché la divisione dentro il mondo cattolico alla fine si riduce a questo: c’è chi pone una gerarchia tra i valori di riferimento mettendo al primo posto assoluto i principi non negoziabili; c’è chi ne parla sì ma mettendoli sullo stesso piano di altri valori da difendere politicamente.