Tra Obama e la vittoria in Afghanistan c’è di mezzo il Pakistan

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Tra Obama e la vittoria in Afghanistan c’è di mezzo il Pakistan

02 Dicembre 2009

Anche se “l’Afghanistan non è ancora perso”, al Qaeda ha comunque guadagnato terreno e al “nostro esercito manca il supporto che invece servirebbe per coadiuvare efficacemente l’Esercito di Sicurezza Afghano e mettere al sicuro la popolazione civile”. In poche parole: “Lo Status Quo non è più sostenibile”.

Secondo Obama che alle 19:55 ora locale si è presentato nel vecchio teatro Eisenhower, all’interno dell’Accademia Militare di West Point, la guerra in Afghanistan deve finire entro tre anni al massimo. Non è stato un discorso tecnico, nessuna lavagna per spiegare ai cadetti come stanno le cose sul campo. Il tono era invece quello della giustificazione d’una guerra che sta durando e costando troppo. Il succo del discorso, invece, è che la strategia in Afghanistan ruota intorno a tre elementi:

– Primo, strategia militare: secondo il Presidente Usa è necessario creare la condizioni per la transizione e lasciare poi il controllo in mano alle autorità locali. Per ottenere questo obbiettivo si punta molto sull’addestramento delle truppe afghane e, infatti, almeno un terzo dei soldati addizionali svolgeranno questo tipo di compito.

Le truppe saranno rese operative il più velocemente possibile e Obama si è anche detto convinto delle buone intenzioni dei suoi alleati che rinnoveranno il loro impegno in questa guerra e invieranno anche ulteriori rinforzi.

– Secondo, strategia civile: la guerra per Obama deve essere vinta insieme alle autorità del luogo, ai capi tribù e ai leader locali. Si dovrà combattere la corruzione e aiutare gli indifesi e anche l’agricoltura ricoprirà un ruolo fondamentale in questo contesto. Poi il Presidente si è rivolto al popolo afgahno: “questa notte spero che gli afghani capiscano che gli americani non vogliono occupare la loro terra indebitamente e non vogliono la guerra contro di loro. L’America è il vostro partner e non sarà mai il vostro padrone”.

– Terzo, il Pakistan: “Ci serve una strategia per vincere su due campi…è il popolo pakistano quello più esposto ai tiri del nemico…l’Afghanistan e il Pakistan condividono lo stesso avversario.” La situazione del Pakistan è stata definita preoccupante e anche in questo senso l’auspicio è quello di lavorare fianco fianco con le autorità locali per impedire ad al Qaeda d’impadronirsi della regione.

Si tratta quindi di costruire una sana parternship con il Pakistan per il presente e per il futuro perché, “l’America rimarrà una guida anche molto dopo la fine delle ostilità”.

Obama ha iniziato il discorso mettendo un po’ le mani avanti e ricordando che questa guerra “non l’abbiamo chiesta noi” e che il suo obbiettivo è la “conclusione vittoriosa” del conflitto in un paese che una volta non aveva “niente in cui sperare” e che ora invece può contare di “vedere la luce in fondo al tunnel”.

Il Presidente ha ricordato, poi, che durante la sua campagna presidenziale la situazione in Afghanistan stava peggiorando e che, una volta eletto, si è subito impegnato a risolvere la questione. Ha chiamato per nome Il Generale McCrystal responsabilizzandolo e riportando ai presenti le sue preoccupazioni. “Come comandante in capo dell’esercito vi devo un piano militare chiaro e preciso”, ha annunciato Obama. Per “distruggere, smantellare e sconfiggere al Qaeda e i Talebani” è “nel nostro interesse nazionale” mandare 30.000 soldati in più in Afghanistan e “non ho preso questa decisione a cuor leggero, sono contro la guerra in Afghanistan per una ragione precisa: credo che come nazione dovremmo esercitare la nostra forza militare il meno possibile e pensare sempre alle conseguenze di lungo termine delle nostre azioni”.

Poi Obama ha portato avanti il suo discoro facendo una disamina delle posizioni filosofiche avverse alle sue. Se l’è presa con quelli che dicono che in Afghanistan non si può vincere. Ma, secondo lui, questa sarebbe una veduta fondata su di una errata interpretazione della storia. “Abbandonare ora questo posto significherebbe diminuire la pressione su al Qaeda e mandare un messaggio sbagliato ai nostri nemici”.  

A chi invece dice che bisognerebbe lasciare le truppe così come sono e andare avanti, Obama ha ricordato che “quello attuale è uno status quo comunque insostenibile”.

Infine c’è chi, secondo il Presidente, non riesce a capire che questa guerra non può durare troppo a lungo perché l’assenza di un time limit per la transizione manderebbe un messaggio sbagliato questa volta ai leader locali e li scaricherebbe dalle loro responsabilità, ma: “l’America non combatterà una guerra infinita”.

Barcak Obama ha poi  collegato la situazione economica alla guerra: “tutto questo non sarà facile, si tratterà di un lungo e difficile test per la nostra società e la nostra leadership mondiale”.  

Il discorso ha quindi assunto caratteristiche più universali: “non possiamo contare solamente sul potere militare, ma dobbiamo coordinare i nostri servizi di intelligence, lavorare con le autorità locali, combattere la proliferazione nucleare e sperare in un mondo senza bombe atomiche.”

“Dovremmo usare la diplomazia perché nessuna nazione può affrontare questi tempi da sola. Abbiamo stabilito un nuovo corso delle relazioni con il mondo islamico perché la pace deve essere il nostro interesse comune. Abbiamo voluto dare un segnale di spezzare questo ciclo di scontri

Si invoca l’unità d’intenti del post Undici Settembre: “…dobbiamo ritornare alla stessa unione che avevamo quando questa guerra è iniziata, credo con tutto me stesso che si possa fare. L’America sta attraversando una brutta tempesta e dai lampi di questa tormenta dobbiamo lanciare un messagio chiaro”. Stando ad Obama, si deve poter pervenire a un nuovo modo di fare gli interessi del mondo occidentale, ponendo fine agli scontri di civiltà, in particolare con il mondo islamico.

“…La fonte morale dell’autorità americana dipende da questa reciproca comprensione. Abbiamo speso il sangue dei nostri soldati in molti luoghi, ma non sempre siamo stati ringraziati per questi sforzi e certe volte ci siamo anche sbagliati. Lavoriamo per i nostri figli e per il loro futuro e crediamo che loro possano avere un futuro migliore se anche i figli di altra gente in altri posti potranno godere di un futuro migliore”.

Obama, ieri mattina, aveva già tenuto una video conferenza di circa un’ora con il Presidente Afghano Hamid Karzai e tutti si aspettavano  una mini-surge da 30.000 uomini che, aggiunti ai 70.000 americani già presenti sul luogo, andranno a formare un esercito di 100.000 soldati, i quali combatteranno fianco a fianco con le 45.000 truppe ISAF.

Ma i comandanti che lui stesso aveva scelto gli avevano suggerito un’altra cosa: il Generale McChrystal aveva chiesto una da surge da sessantamila uomini o, almeno, quarantamila.

Ieri sera, dopo mesi di rimuginamenti , e dopo essere stato accusato di “titubare” su un argomento così importante, il Presidente ha quindi finalmente illustrato al mondo la sua strategia per vincere in Afghanistan. E lo ha fatto di fronte a tutti i big dell’esercito Usa, da David Petraeus a Ray Odierno passando naturalmente per McCrystal e non sottovalutando anche qualche giovane assonnato cadetto dell’Accademia. Secondo Krauthammer e altri analisti conservatori il discorso è stato un po’ fumoso, piuttosto vago. Lo avranno capito quelli dell’Accademia?