Tra outing e annunci il Cav. lancia la sua ‘pazza idea’: la Bce stampi moneta o faremo da soli
01 Giugno 2012
Una punta di outing, un annuncio e una “pazza idea”. Il Cav. si scatena nella riunione coi deputati e senatori nel tentativo di rinsaldare le fila pidielline e chiudere qualche crepa che il buon Montezemolo sta cercando di aprire proprio tra i parlamentari. Parla ai suoi ma parla anche a Monti quando nel bel mezzo del discorso butta lì l’idea: la Bce deve stampare moneta. La ‘pazza idea’ invece è: la Banca d’Italia “stampi euro oppure stampi la nostra moneta”.
L’invito – o il monito – a Monti è il seguente: “’Dobbiamo andare in Europa a dire con forza che la Bce deve iniziare a stampare moneta, così cambia l’economia. La Bce deve cambiare la propria missione, deve diventare il garante di ultima istanza del debito pubblico e cominciare a stampare moneta. Altrimenti, in caso contrario, dovremmo avere la forza di dire ‘ciao ciao euro’ e cioè uscire dall’euro restando nella Ue o dire alla Germania di uscire lei dall’euro se non è d’accordo”. La pazza idea del Cav. è che la Banca d’Italia “stampi euro oppure stampi la nostra moneta”. Della serie, se la Bce non stampa altra moneta, faremo da soli. Perché, spiega il Cav., “Non ricordo nella mia vita un momento più difficile di questo, il governo deve riprendere da dove avevamo lasciato e cambiare la sua linea politica”.
L’ex premier sollecita il suo successore a fare delle scelte. Il momento è grave, “mai vista tanta sfiducia in giro, la gente è davvero sfiduciata. Anche le bufere che hanno investito il calcio e il Vaticano non aiutano il clima. Mai vista una situazione di questo tipo, la gente è sotto shock per come viene descritto il futuro: in modo oscuro”. Ma come si può spezzare la spirale recessiva? Berlusconi insiste su un concetto: la crisi economica “non è risolvibile dal nostro interno. La spirale si può solo aggravare giorno dopo giorno e per la soluzione non basta quanto fatto finora dal governo”.
Di qui la necessità di andare in Europa e tenere il punto sul fatto che la Bce deve diventare banca di ultima istanza, modificando la sua mission. Altrimenti, è il convincimento dell’ex premier, “si può valutare di uscire dalla zona Euro”. Non a caso cita la Gran Bretagna, “paese solido” che “non è mai entrato nell’euro. E se noi dovessimo uscire dall’euro, non mi sembra sia la fine del mondo”. Passaggio, quest’ultimo che scatenerà il finimondo dei commenti politici. L’unico in linea è quello della Lega. Chissà che non ci sia in ballo quello che del resto il Cav. non ha mai escluso: un riavvicinamento col Carroccio. Che però, tra meno di un mese, passerà definitivamente nelle mani di Maroni e non più di Bossi.
L’altro filone sul quale Berlusconi incentra il ragionamento davanti alla platea di parlamentari – pochi per la verità i presenti rispetto ai numeri – è quello delle riforme. Anche qui prova a rovesciare il tavolo: in molti sono convinti che la proposta sul presidenzialismo nasconda l’idea del Cav. di puntare al Colle tra un anno. E su questo nei giorni scorsi si è molto scritto e molto detto. Anche perché nella conferenza stampa con Alfano, lui stesso ha fatto un po’ il vago (“resto a disposizione se me lo chiede il partito”).
Di fronte ai parlamentari pidiellini chiarisce meglio: non vuole candidarsi né per il Quirinale né per Palazzo Chigi; sceglie per sé “al massimo il ruolo di allenatore…”. Una mossa che, sul piano tattico, serve pure a sgomberare il campo del confronto intavolato col Pd (cinque senatori democrat hanno aperto alla proposta) e a portare a casa la riforma costituzionale. Sarà questa l’idea definitiva del Cav? Vedremo le prossime mosse.
L’outing. Arriva quando il Cav. ricorda di aver ripassato in rassegna i discorsi dal ’94 ad oggi. Ma oggi, avrebbe aggiunto, “quel movimento di grande folla è fermo, eppure con un sogno abbiamo possibilità di recuperarlo”. C’è poi la consapevolezza di aver saputo dare alla gente “speranze che si sono rivelate delle illusioni. Abbiamo parlato di rivoluzione liberale, eravamo in buona fede, ma ci siamo illusi anche noi, mentre adesso abbiamo le idee chiare. In futuro attiveremo una rivoluzione liberale per far sì che il benessere non sia di pochi ma di tutti”. Applausi.
Tuttavia, il Cav. sa bene che il suo partito sta attraversando un momento molto complicato, specie dopo la batosta elettorale che altro non è che il campanello d’allarme che gli elettori di centrodestra hanno suonato (forte e chiaro) in vista delle politiche. C’è da ricostruire un’offerta politica credibile e convincente che riporti alle urne o recuperi nel convincimento, quella parte di elettorato deluso. Formule e alleanze sono tutte ancora da definire e molto dipenderà dalla legge elettorale ma è un fatto che nelle divisioni interne su progetto e direzione da seguire si stia incuneando Montezemolo, pronto a suonare il flauto magico per quei deputati in cerca di una ricandidatura. Per questo Berlusconi e Alfano rilanciano sull’unità del Pdl e puntano decisamente la barra sulle riforme, compresa quella elettorale che comunque per il Pdl non può essere disgiunta dal presidenzialismo. I sondaggi commissionati – spiega il Cav. ai suoi – “dicono che in una competizione alla francese, verrebbe fuori una maggioranza di centrodestra”, spiega il Cav. ai suoi citando come esempio, le elezioni dal ’48 ad oggi.
Alfano torna sui temi economici e annuncia che il Pdl “sta preparando una nuova ricetta economica perchè è da lì che dobbiamo ripartire, nella convinzione che la crisi riguarda tutti i paese dell’Ue. Pollice verso sulle agenzie di rating: “Siamo riusciti a governare dando serenità. Una forza tranquilla di governo dal 2008 al 2010. In quei momenti ci hanno detto che avevamo il prosciutto sugli occhi, ci è stato detto che il problema era quello della non credibilità del governo italiano e non delle agenzie di rating. Oggi invece denunciamo l’azione criminale delle agenzie di rating”.
Musica per le orecchie del Cav., già concentrato sulla sua “pazza idea”.