Tra Russia e Europa c’è di mezzo la Georgia

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Tra Russia e Europa c’è di mezzo la Georgia

18 Aprile 2008

E’ di pochi giorni fa la notizia che un altro tassello del mosaico di potere pensato da Putin è andato al suo posto. Di fronte ai 600 delegati di Russia Unita, che ha stravinto le ultime elezioni legislative ottenendo 2/3 dei seggi, Putin ha accettato la richiesta del partito di esserne il presidente, e ha confermato che punta ad essere il nuovo premier russo una volta ceduta la guida del Cremlino al suo delfino Medvedev. Non senza una certa disinvoltura, nel suo discorso di investitura Putin ha affermato che è una “pratica civile e tradizionale per gli stati democratici che il capo del partito di maggioranza sia anche il capo del governo”. Affermazione logicamente ineccepibile, a patto di dimenticare l’utilizzo ai limiti della legalità da parte di Putin di tutti gli apparati statali – forze di sicurezza, servizi segreti, media pubblici, compagnie petrolifere nazionalizzate, magistratura – per vincere le elezioni legislative e presidenziali.

Mentre i vertici russi vivono una delicata ma non traumatica transizione, la politica estera e di difesa di Mosca continua con decisione il suo corso. Come riportato dall’International Herald Tribune del 17 aprile, Mosca ha annunciato un rafforzamento delle relazioni con le regioni secessioniste della Georgia: l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud. Il piano prevede accordi e sostegno in campo agricolo, commerciale, diplomatico e sociale, di fatto sul modello seguito dagli Stati Uniti con Taiwan. La novità sta non tanto nella sostanza dell’aiuto – la Russia sostiene da un decennio le due regioni russofone che altrimenti non avrebbero proseguito il tentativo secessionista visto il completo isolamento internazionale – ma nella forma adottata. Per la prima volta Mosca appoggia formalmente le rivendicazioni dei due territori ribelli, rifacendosi al caso del Kossovo e in risposta all’avvicinamento della Georgia alla Nato sancito dall’ultimo vertice di Bucarest. Il governo georgiano ha reagito duramente, accusando Mosca di compiere una “annessione di fatto” – da tempo Mosca offre il passaporto russo ai cittadini russofoni di Abkhazia e Ossezia del Nord – e chiedendo all’Onu di adottare risposte concrete.

Occorre sottolineare in proposito l’importante reazione di Javier Solana, Alto Rappresentante della Commissione Europea per la Politica europea di sicurezza e difesa (Pesd). Solana si è detto “concerned” per le “decisioni unilaterali” da parte di Mosca. Il suo portavoce ha inoltre ribadito di aver “sempre sostenuto l’integrità territoriale della Georgia”. Il paese caucasico sta acquisendo importanza agli occhi di Bruxelles ora che l’Europa sembra appoggiare con maggior forza il progetto della pipeline “Nabucco”. Secondo i piani il gasdotto dovrebbe collegare il porto di Baku, sui giacimenti petroliferi del Mar Caspio, all’Europa passando proprio per Tiblisi, per Ankara e biforcandosi poi in due diramazioni: una attraverserebbe l’Italia e l’altra passerebbe per Bulgaria, Romania, Ungheria e Austria. Si prevede che, una volta completata, la pipeline coprirà il 5% del fabbisogno energetico europeo: una cifra non risolutiva in valore assoluto, ma relativamente importante per aumentare la percentuale di forniture energetiche europee al di fuori del controllo russo. Cremlino e Gazprom si oppongono fermamente al progetto che consentirebbe ai consumatori europei un accesso indipendente alle risorse dell’Asia centrale e legherebbe in una catena energetica, economica e politica Azerbaigian, Georgia, Turchia ed Europa. Tale catena sarebbe difficilmente spezzabile una volta formata, ed è per questo che la Russia sta esercitando adesso una forte pressione su tutti gli anelli – che singolarmente sono ovviamente più deboli di fronte potere energetico russo – per continuare con accordi bilaterali a livello industriale o governativo la redditizia logica del divide et impera.

In questo contesto l’Europa ha tutto l’interesse ad una Georgia integra, stabile e ancorata all’area euro-atlantica, mentre Mosca utilizza Abkhazia e Ossezia del Sud per destabilizzare il governo filo-occidentale di Saakshavili e possibilmente riportare al potere le forze filo-russe assicurandosi così il pieno controllo di gas e petrolio asiatico. L’Europa, alla luce anche dei continui rincari del greggio, sembra prendere sempre più sul serio la questione energetica: negli stessi giorni in cui Solana esprimeva il suo sostegno alla Georgia il presidente della Commissione Ue Barroso incontrava a Bruxelles il premier iracheno Al Maliki per negoziare un accordo energetico con l’Iraq. Secondo quanto previsto dall’accordo in discussione, dovrebbe essere costruita proprio dal tronco centrale del Nabucco una diramazione verso i giacimenti di gas di Akkas nella provincia di Anbar, ora sfruttabili grazie al miglioramento della situazione della sicurezza in Iraq. Forse a causa del prezzo record del petrolio, sembrano remoti i giorni in cui alcuni in Europa ritenevano che il nuovo governo iracheno filo-americano non fosse tra gli interlocutori della politica estera europea. La partita energetica internazionale sembra dunque complicarsi ma mano che sale il prezzo del barile, con alleanze inedite e governi che giocano contemporaneamente su più tavoli per difendere l’interesse nazionale.