Tra viceministri-lampo e guerriglia con Tremonti, Berlusconi rischia grosso
17 Ottobre 2011
di L. B.
La cura ai maldipancia sta producendo l’effetto contrario nel Pdl. Insofferenza, irritazione, intrecciano vari piani dopo il voto di fiducia col quale il Cav. ha respinto l’agguato degli ex aventiniani dell’opposizione. I piani vanno dalla nomina-lampo, e a sorpresa, di nuovi viceministri e un sottosegretario mezzora dopo il sì dell’Aula, al braccio di ferro con Tremonti sul dl sviluppo e sul nodo Bankitalia, al rischio più che concreto di perdere per strada altri due deputati pidielle (tre se si considera Papa in carcere) che non hanno votato la fiducia, ora in procinto di passare al gruppo Misto,
E’ un minestrone di malumori che sta ribollendo nella pentola della maggioranza e che già questa settimana potrebbe esplodere, ancora una volta in Aula. Forse già oggi, quando a Montecitorio si voterà la legge sulla libertà di impresa (articolo 41). A sentire i commenti in Transatlantico, l’umore delle truppe è a terra. La mossa del premier che in mezzora ha promosso a viceministro Katia Polidori passata dal Pdl a Fli e da Fli al Pdl nell’arco di una manciata di settimane (a Bastia Umbra era una ferventissima finiana e una delle più scalmanate futuriste anti-Cav.) – ieri ha detto che non è stato per il voto di fiducia bensì la conseguenza di una promessa pubblica assunta da Berlusconi – ha alimentato il livello di tensione, perchè "gente che ha fatto il triplo salto carpiato, viene coccolata e accontentata in ogni richiesta, mentre chi fa il proprio dovere in Aula e crede ancora nel progetto politico del Pdl viene considerato nienat’altro che un voto", si protesta. Ma che fretta c’era? Non poteva aspettare una settimana? E’ l’interrogativo ricorrente. A ben guardare, è il discorso di sempre sul metodo anche se le nomine governative di venerdì hanno l’aggravante di essere vissute come un atto di arroganza nei confronti dei deputati pidiellini che non hanno mai chiesto nulla perché prima delle poltrone o dei ruoli, viene il partito e il sostegno al governo. In più, adesso la congiuntura può rivelarsi assai rischiosa. Negli sfogatoi a taccuini chiusi, ti dicono di tutto ma la percezione che si ha è che superato lo scoglio di venerdì con la fiducia, non è affatto archiviato nè scongiurato il pericolo dell’incidente parlamentare con la maggioranza che va sotto. Del resto è già successo per molto meno, ciè per cialtroneria parlamentare.
Una tentazione, per numerosi onorevoli pidiellini che per i motivi più vari e per i disegni sempre più articolati tessuti all’ombra del Cav. potrebbe coalizzarsi e coagularsi attorno a un gruppetto di parlamentari di maggioranza "indignados" che si staccano, fanno gruppi autonomi (con o senza la manina di Scajola), e aprono la via del governo istituzionale che traghetti il paese verso il 2013, magari cambiando prima la legge elettorale. Al di là delle congetture e del coraggio che simili azioni poi comporta perchè presuppone un’assunzione di responsabilità elevatissima (appunto, staccare la spina a un governo), resta il clima e la nuova grana che via dell’Umiltà dovrà gestire: l’addio al partito anmnunciato da Gava e Destro, due fedelissimi di Scajola, riapre il puzzle della soglia numerica di sicurezza alla Camera e nelle commissioni parlamentari. Il primo effetto è chein Giunta per le autorizzazioni il centrodestra è ridotto a minoranza dopo la decisione di Gava di non votare la fiducia: dieci deputati per la maggioranza, undici per l’opposizione.
A questo si aggiunge il braccio di ferro Berlusconi-Tremonti su due dossier ancora aperti: il dl sviluppo e la successione a Draghi in Bankitalia. Il ministro dell’Economia non è disposto a mediare, tantomeno a passi indietro. Sul dl sviluppo continua a fare muro alle richieste -reiterate – della maggioranza (Pdl in testa) di mettere nel pacchetto interventi non a costo zero ma con risorse per rimettere in moto il sistema produttivo, rilanciando ad esempio il comparto delle infrastrutture che muove il lavoro e l’occupazione. Idem su Bankitalia: è Vittorio Grilli l’uomo giusto a Palazzo Koch. Stallo, col risultato stando ai rumors di Palazzo, che le misure annunciate, attese e calendarizzate per giovedì in Consiglio dei ministri, potrebbe slittare ancora. Sul piano politico c’è poi un paradosso che in tanti nel Pdl hanno colto: da un lato Berlusconi nomina ex trasfughi pentiti nella squadra di governo per fidelizzare il loro sostegno in Aul, dall’altro Angelino Alfano da mesi va predicando la nuova fase del partito fondata sul principio della meritocrazia.
Paradosso evidente. imbarazzi pure. Col risultato finale che almeno per il momento, la prova dell’Aula non è un dato acquisito. Navigazione a vista.