Tradizione e dissenso. C’è un po’ di tutto tra Bari e la Manduria
28 Dicembre 2008
Laterza, ma non solo. Dal capoluogo ai centri più interni, la Puglia alleva realtà editoriali insospettabili, capaci di distinguersi nel panorama nazionale pur essendo geograficamente marginali e lontane dai circuiti culturali che “contano”.
Nell’anno che sta per entrare, la Palomar spegnerà venti candeline. Un traguardo corroborato da una produzione che si aggira sui cinquecento titoli spalmati su ventitre collane. E negli uffici di via Nicolai sono pronti alla festa convinti come sono di avere vinto una sfida: poter produrre cultura e sfornare buoni libri in un contesto, quello italiano e meridionale soprattutto, in cui fabbricare libri per professione, mantenendo un sorvegliato sospetto per le mode letterarie più in voga.
L’anima del gruppo è Gianfranco Cosma, fondatore, alla guida del Cda. “Per una casa editrice periferica rispetto ai grandi centri dell’industria culturale, essere riusciti ad affermare la propria originale identità, meritarsi l’attenzione della stampa specializzata e della critica, aver pensato e costruito un catalogo in continua crescita, rappresenta un risultato importante”.
Il programma dell’editore è già nel nome che ha scelto per la sua impresa, ispirato a un’opera di Italo Calvino e al suo stravagante personaggio, Palomar appunto, che diventa paradigma dell’osservatore distaccato e fedele della realtà. Come un palombaro “che si immerge nella superficie” delle cose per scrutarla con più precisione e con meno contaminazioni possibili. In particolare, Calvino diede una lapidaria definizione a quella storia: “Un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo a passo, la saggezza. Non è ancora arrivato”. E sembra essere la stessa marcia intrapresa dalla Palomar barese, lo stesso accidentato percorso verso la conoscenza. Fra tradizione e sperimentazione. Così, nel suo catalogo figurano i classici del meridionalismo (da Tommaso Fiore a Gaetano Salvemini, da Luigi Sturzo a Carlo Levi, da Giustino Fortunato a Ettore Ciccotti, da Antonio Gramsci a Antonio De Viti de Marco a Tommaso Fiore) accanto a una nuova collana da poco inaugurata, “Cromosoma y” che, secondo i curatori Michele Trecca e Andrea Di Consoli, “vuole dare spazio alla ricchezza di questa transizione di fase del nostro tempo con le peculiarità e l’entusiasmo che derivano dall’essere parte viva di un luogo di frontiera del sud. L’intento è, dunque, quello di valorizzare nuovi linguaggi e punti di vista, cercando in ogni forma espressiva sia tra giovani esordienti sia tra voci già autorevoli”.
Da Bari a Manduria, ci saranno un paio d’ore di macchina. Provincia di Taranto; il paese è punto di incontro con altre due province, Lecce e Brindisi. Qui, nel ’48, ebbe inizio un’avventura editoriale affascinante che si deve all’iniziativa del socialista Piero Lacaita, negli anni Sessanta poi diventato sindaco della città. Allevato ai valori dell’antifascismo e del meridionalismo militante della scuola di Tommaso Fiore, Lacaita comincia il suo apprendistato fra stampanti e caratteri mobili nella tipografia del padre. Un segno del destino per uno che immediatamente capisce ciò che farà nella vita. Si laurea in Giurisprudenza, discutendo una tesi con Aldo Modo.
Nel ’47, l’incontro decisivo con lo storico Gabriele Pepe. E’ come sollevare il tappo da una bottiglia di champagne. Vengono fuori tutte le direttrici di marcia che Lacaita seguirà nella sua lunga carriera di editore: laicità dello stato, tolleranza, questione meridionale e un certo gusto per le posizioni di controtendenza. A partire dal ’48, comincia a pubblicare i libri che caratterizzeranno sin dall’inizio il profilo di un irregolare dell’editoria. “Protesta laica” di Gabriele Pepe fu solo l’inizio. Si aggiunsero scritti di Petronio, Adolfo Omodeo, Fabrizio Canfora, Marcello Capurso, Raffaele Semeraro. Firme che, col passare degli anni, hanno fatto quella piccola casa editrice, arroccata sulle murge tarantine, un’isola del controcanto sulle questioni culturali, storiche e sociologiche di un’Italia che cominciava a omologarsi.
Non a caso Giovanni Spadolini riferendosi all’editore di Manduria sosteneva che vi si poteva rispecchiare una “Italia di minoranza. L’Italia ereticale e dissidente”. Un luogo, insomma, “senza discriminazioni; senza cesure; senza barriere interne. Aperto al pensiero liberale ma anche al pensiero socialista, alle prime affermazioni del radicalismo italiano non meno che alle voci costanti e profonde della democrazia”.
giancarlo.macaluso@libero.it