Transizione sì, ma che sia responsabile. A Vicenza la politica chiamata a dare un segnale
03 Settembre 2022
Vicenza chiama Roma. Il prossimo 16 settembre è fissata l’assemblea degli industriali vicentini. A pochi giorni dal voto, con tutti i leader politici invitati a partecipare, uno dei territori più produttivi d’Italia fa il punto in vista dei nuovi equilibri post elettorali.
Non è un caso che l’attenzione dei partiti verso questo appuntamento sia altissima. Quello vicentino è uno degli ecosistemi industriali più solidi e innovativi del nostro paese. Una costellazione di grandi imprese e realtà di piccole e medie dimensioni che genera valore, ricchezza e posti di lavoro.
Dal punto di vista economico, Vicenza non è un territorio qualunque qualunque. Si tratta della terza provincia esportatrice d’Italia, dopo Milano e Torino, con una crescita, nel confronto tra primo trimestre 2021 e 2022, del +21,7%.
VICENZA E UN TESSUTO VOTATO ALL’IMPRESA SANA
Il vicentino è caratterizzato da un tessuto solido e diffuso che negli anni ha saputo diventare sempre più forte, innovativo e votato all’export. Oggi, però, le imprese della provincia di Vicenza devono affrontare le sfide e le incognite della transizione ecologica. Un processo inevitabile ma che rischia di mettere in discussione una serie di attività produttive che, nonostante i tempi difficili, continuano a godere di ottima salute. Dalle forniture per l’automotive tradizionale alle caldaie, fino alla produzione di marmitte e radiatori. Industrie che rischiano di essere soppiantate dalle produzioni insediate in Cina e Giappone, in particolare per quanto concerne le pompe di calore.
Senza trascurare l’indotto generato dalla produzione della plastica che, a Vicenza, ha saputo rilanciarsi puntando a diventare sostenibile, e alla concia, con il progetto di sistema “Concia verso l’impatto ambientale zero”, promosso e coordinato dal Distretto Veneto della Pelle.
GUIDARE LA TRANSIZIONE CON STRUMENTI CHIARI E COERENTI
In questo scenario, le istanze degli imprenditori vicentini convergono verso la necessità di preservare la strategicità del tessuto economico, dando alle aziende che lo popolano il tempo, i mezzi e il supporto necessari alla conversione. Diventa quindi vitale prevenire tutti i possibili rischi per la produzione e la perdita di posti di lavoro.
Le imprese hanno bisogno di essere sostenute nello sforzo necessario ad intraprendere e completare la transizione. Senza creare danni alle filiere e causare crisi occupazionali.
In questo scenario i numeri sono importanti: la sola filiera del riscaldamento vale 7mila addetti. In Veneto, conta 40 aziende per un fatturato di 2 miliardi.
Nel 2018 a Vicenza la Lega conquistò il 26% al Senato e il 25,84% alla Camera, risultando il primo partito. Rispetto alle richieste degli imprenditori emerge un dato chiaro. Il processo è lungo e delicato, certo, ma di fronte all’evolversi dei sistemi di produzione in senso green la politica non deve arretrare. Anzi: è necessario delineare uno scenario nazionale chiaro e le strategie adeguate per prevenire eventuali crisi produttive e occupazionali. In un sistema economico alle prese con il caro energia, per esempio, non è più comprensibile la mancanza di una strategia nazionale sull’impiego dell’idrogeno nel riscaldamento degli ambienti.