Trasformare Roma da problema in opportunità per l’Italia
04 Aprile 2016
Mentre il dibattito politico intorno alle amministrative romane sembra essere monopolizzato da importantissime questioni come il look dei candidati sindaco e altre informazioni davvero vitali per il futuro della Capitale, proviamo a ragionare di vicende che a quanto pare vengono considerate di secondo piano ma che in realtà interessano queste sì i cittadini. Ovvero, cosa fare a Roma.
Innanzitutto, lo stato dell’arte. Per usare un eufemismo, si tratta di cose non facili. Non solo per lo stato in cui versano servizi, infrastrutture, decoro, controlli e sicurezza ma anche per lo stato psicologico in cui versano i romani. Un mix di incazzatura, disillusione, menefreghismo e atteggiamento da ‘muoia Sansone con tutti i Filistei’, un approccio alla cosa pubblica che non contempla più speranza e la possibilità di credere in qualcosa.
Una situazione in parte comprensibile e in parte anche indotta da un bombardamento dove ogni negatività viene enfatizzata e ripetuta fino allo sfinimento, mentre lo spazio per tutto ciò che può rappresentare un tentativo di ragionamento costruttivo, un indice di positività, è ridotto a nulla. Tutto ciò, condito da una ignoranza dei problemi sul tappeto che aumenta esponenzialmente la confusione.
Detto questo, partiamo dalla prima considerazione: l’onerosità, la complessità e la dimensione dei problemi di Roma richiedono uno sforzo che va oltre le possibilità dell’ambito locale. Sia per quanto attiene l’adeguamento della struttura e delle competenze amministrative, sia per le implicazioni di ogni ordine e grado che comporta il ripensare la Capitale nel suo rapporto con il territorio nel quale è inserita, Roma necessita di interventi che implicano l’interessamento dei livelli politici sovraordinati.
Fino ad oggi, aver tentato di governare la capitale d’Italia, un unicum mondiale, con gli strumenti di una qualsiasi altra città italiana denuncia la cecità di una politica incapace di comprendere o anche solo di osservare attraverso quali strumenti vengono amministrate le altre capitali europee. Individuato questo tema, altra questione è quello della visione, della direzione, della prospettiva che la Capitale deve perseguire. Quali le potenzialità da sviluppare, incoraggiare, quale l’identità da sostenere. Senza una concreta visione d’insieme, un progetto complessivo, la grande articolazione territoriale e di interessi che investono Roma sono destinati a trasformarsi in caos.
Un caos che potendo attecchire su tutta una serie di insufficienze strutturali rischia di rendere Roma molto più simile al Cairo che non a una grande metropoli europea. Immaginare la proiezione futura di una città con tremila anni di storia, e conseguenti, innumerevoli sedimentazioni, significa partire dalla consapevolezza e dalla forza della propria originalità, capendo che la direzione da intraprendere non può essere in contrasto con questa identità. Per questo la sinistra ha fallito quando ha tentato di perseguire modelli esterni, Parigi piuttosto che Londra, incompatibili con la realtà di Roma.
Pensare, ad esempio, di inseguire con enorme ritardo quei grandi modelli urbani nella costruzione di improbabili metropolitane è stato un errore devastante, nonchè costosissimo. Occorre invece ricalibrare la pianificazione dell’esistente, la riorganizzazione della rete dei servizi, delle infrastrutture materiali ed immateriali, dell’utilizzo delle risorse, sia per quanto attiene le priorità, sia per quanto riguarda la trasparenza e l’indicazione chiara delle destinazioni di utilizzo. Un grandissimo lavoro intorno al quale sembra non esserci grande interesse, tutto rivolto, viceversa, allo status e alle chiacchere dei candidati.
Uomini e donne che troppo spesso non vanno oltre i soliti slogan e stucchevoli affermazioni di principio, in un susseguisi di dichiarazioni che troppo spesso denunciano una non conoscenza delle più elementari competenze dell’istituzione che si vorrebbe governare, mischiando, a fini elettorali, questioni di competenza nazionale con quelle locali. Tanto nessuno se ne accorgerà, meno di tutti i mass-media più attenti alla forma che alla sostanza.
Proviamo allora ad immaginare alcuni titoli e proposte. Far coincidere l’area metropolitana di Roma con la sua provincia, innanzitutto, riorganizzando i processi sulla base di un nuovo disegno territoriale che, conseguentemente, determini un’ottimizzazione dei servizi. Per esempio, per quanto attiene il TPL, non più risorse su base chilometrica ma su base passeggeri trasportati, mettendo il cittadino al centro del servizio. Servizi che dovrebbero iniziare ad aprire un mercato, finora protetto e con livelli inauditi di inefficienza, ad una sana concorrenza.
Immaginare un più stretto rapporto con Civitavecchia e Fiumicino, progettando una migliore infrastrutturazione delle aree in questione. Sviluppare un TPL che abbia come priorità una forte capacità di drenare il pendolarismo in entrata e, conseguentemente, ne faciliti il ritorno nell’hinterland attraverso l’utilizzo del mezzo pubblico. Rendere l’area vasta romana autosufficiente per quanto attiene lo smaltimento dei rifiuti, azzerando i costosi conferimenti extra-territoriali ed implementando tutte le fasi del ciclo.
Valorizzare la più grande area archeologica del mondo con un progetto di valenza internazionale che al tempo stesso contempli soluzioni per i cittadini romani penalizzati da un assetto diverso di un quadrante territoriale strategico. Verificare la possibilità di rendere più trasparente l’utilizzo delle risorse indicandone una quota verificabile per interventi di prossimità relativi ai territori di residenza. Individuare un’area da riqualificare come luogo preposto alla creazione di un polo della ricerca con la collaborazione delle università romane infrastrutturandolo in maniera adeguata.
Riqualificare le aree golenali del Tevere con particolare attenzione per le strutture sportive che impattano sul fiume e che, passando per i Circoli Canottieri, il Foro Italico, lo Stadio Olimpico, il complesso ex ISEF, le relative piscine e Stadio del Tennis, il Palazzetto dello sport, lo Stadio Flaminio, Stadio dei Marmi ed Acqua Acetosa, formano uno dei più spettacolari, articolati e suggestivi complessi sportivi del mondo.
Mirare a costruire una grande area metropolitana che possa contenere al proprio interno l’aeroporto più importante del Mediterraneo, il polo portuale turistico di Civitavecchia, e che, in sinergia con l’alta velocità Roma-Firenze e Roma-Napoli, può fornire, nello spazio di due ore di treno da un polo all’altro, il quadrante storico-artistico e monumentale più importante del mondo, l’area sportiva più vasta, storicamente ed architettonicamente più rilevante. Tutto questo, come si suol dire, a bocce ferme, solo riqualificando, implementando servizi in gran parte già esistenti.
Poi si può pensare a soddisfare altre vocazioni naturali, pensiamo ad Ostia e al suo Lungomare, e immaginare altri interventi da realizzare valorizzando la posizione geografica della città, attraverso atout di carattere culturale, scientifico o del mondo dell audiovisivo piuttosto che della ricerca. Insomma le cose da fare subito e le possibilità da esplorare per trasformare Roma e le sue enormi potenzialità da problema in opportunità per l’intero sistema-paese sono tante.
Perché, non ce ne vogliano i non romani, questo è possibile solo in questa incredibile città, costruita dagli uomini che nei secoli ne hanno fatto la storia, in una posizione unica, al centro di quel Mediterraneo che è mare e liquido amniotico della Civiltà occidentale.