Travaglio, Napolitano e l’addestramento dei cani
28 Aprile 2010
di redazione
Certe volte i processi mentali di Marco Travaglio sono così elementari da fare tenerezza. Scattano a comando un po’ come nel film “Up” quando al branco di cani del perfido Charles Muntz viene detta la parola “scoiattolo”.
Per Travaglio è appena più complicato: i suoi riflessi scattano con un più cospicuo thesaurus di parole, tra cui: magistrati, giustizia, Berlusconi, guardie, ladri, manette, galera e poco altro. Così quando ieri il presidente della Repubblica, Napolitano ha chiesto ai magistrati di fare autocritica e di collaborare con le istituzioni (leggi Berlusconi) in nome della giustizia, al povero Travaglio si sono accesi tutti insieme i sistemi di allarme.
Si è dunque precipitato al computer e ha – senza por tempo in mezzo – inviato il suo editoriale quotidiano al Fatto Quotidiano, con tutta l’intatta spontaneità del suo credo civile. L’immagine che le parole di Napolitano hanno scatenato nella fantasia travagliesca è quella di una scuola per cani poliziotto dove un “anziano e distinto signore” spiega ai quadrupedi in addestramento di non abbaiare quando vedono un ladro ma di “instaurare un rapporto di leale collaborazione”.
L’associazione mentale di Travaglio è affascinante: i giudici sono cani da guardia, il loro compito è abbaiare ai “potenziali ladri e rapinatori”, mentre le istituzioni sono per l’appunto questo, i “potenziali ladri e rapinatori”. Come possono dunque giudici e politici collaborare se la natura dei primi è quella di azzannare e quella dei secondi quella di fuggire a gambe levate o finire con il fondo dei pantaloni strappato?
Fatti due conti Travaglio si è risposto che il povero Napolitano deve aver perso la brocca. Infatti “il predicozzo quirinalizio suona già sgangherato in linea teorica, ma diventa pericoloso se applicato alla realtà italiana”.
Come possono i cani da guardia fare l’autocritica richiesta da Napolitano, si è chiesto Travaglio incredulo. Non possono, ovviamente. La colpa della loro esuberanza risiede “nei delitti dei molti politici che non amano essere scoperti e puniti”.
Altro che la riforma della giustizia e codici di diritto: per far funzionare le cose in Italia bastano Travaglio e una copia del “Manuale del perfetto addestratore di cani”.