Tre giorni al lavoro e tre a casa, uno dei modi per affrontare la crisi

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Tre giorni al lavoro e tre a casa, uno dei modi per affrontare la crisi

19 Dicembre 2008

 

Lavorare meno per lavorare tutti. Era lo slogan della CISL, diventato anche titolo del libro dell’allora segretario Pierre Carniti, alla fine degli anni ’70. E’ stato lo stesso concetto a cui si è ispirato meno di un decennio fa Fausto Bertinotti, con la proposta delle 36 ore settimanali.

Lavorare meno per lavorare tutti è un proposta su cui vorrei si riflettesse oggi. Si parte naturalmente da presupposti diversi, perché da allora sono profondamente mutati gli scenari. Ancora pochi mesi fa uno dei problemi del manifatturiero era la produttività.

Non è un caso che a livello europeo si discutesse fino a ieri della possibilità di superare le 48 ore a testa, come non è un caso che il Governo Berlusconi abbia introdotto la detassazione degli straordinari, per dare ad imprese e lavoratori la possibilità di gestire, in parte, il tempo di lavoro a vantaggio di una maggiore competitività. Nell’arco di pochi mesi la situazione si è capovolta. La domanda è crollata, i mercati sono pressoché fermi, le aziende non sanno per chi produrre.

Grandi gruppi industriali e imprese più piccole, senza distinzione tra aziende sane e aziende che non lo sono, stanno facendo ricorso alla cassa integrazione. Il problema, in questo momento, non è più la competitività, quanto un motore che sta smettendo di girare. L’abbrivio per le aziende sane sarà sicuramente più lungo che per le altre e permetterà loro di uscire da questa secca, ma non si può arrivare prosciugati.

Se la crisi farà una selezione naturale tra aziende capaci e non, sarà però necessario dare ossigeno ad un sistema che soffre, soprattutto da un punto di vista sociale. La cassa integrazione è un ammortizzatore utile in momenti come questi ma occorre anche chiedersi con quali conseguenze sulle persone. Restare a casa per duo o tre settimane, se non per mesi, con il dubbio se si riuscirà a rientrare al proprio posto o addirittura nel mercato del lavoro, ha un costo sociale altissimo. Ha anche un altissimo costo economico, che va oltre il semplice calcolo della CIG: sfiducia da parte delle persone e perdita di abitudine al lavoro, nelle imprese si pagano salate.

Ecco allora l’utilità di ripensare in quest’ottica al concetto di “lavorare meno per lavorare tutti”.

E’ quel “modello Volkswagen” che partirà all’inizio del 2009 in Germania, esteso alle imprese in crisi: quattro o, se necessario, 3 giorni di lavoro a spese delle aziende, i restati di cassa integrazione a carico dello Stato. L’impegno economico non cambierebbe, ma si abbatterebbero i costi sociali, in quanto una cassa integrazione diluita consentirebbe di contare su lavoratori più motivati e in grado di cavalcare la ripresa, quando si presenterà. Perché dalle crisi si esce e, quando arriva il momento, bisogna essere pronti, altrimenti le conseguenze sarebbero ancora più pesanti.

E’ una proposta che sto formalizzando, pensata insieme all’on Mazzucca e in linea con l’idea del Segretario della CISL Bonanni. L’auspicio è che si avvii una riflessione seria sulla sua fattibilità e sui meccanismi che dovrebbero regolarla, ma in momenti come questi è importante che si faccia fronte unico per reggere i colpi di questa recessione.

* Francesco Casoli è un senatore  (PdL) e imprenditore italiano