Tre ministri abbandonano il neonato governo di Ghannouchi
17 Gennaio 2011
Insediato da neanche ventiquattro ore, il governo d’emergenza nazionale tunisino vive già le sue prime fibrillazioni.Tre ministri della sigla sindacale UGTT che solo ieri aveva aderito alla compagine governativa emergenziale annunciata dal premier Ghannouchi, hanno tra la folla della capitale Tunisi annunuciato la loro sopravvenuta indisponibilità a far parte di un esecutivo composto da uomini fedeli al destituito regime di Ben Ali. Da ieri Mohamed Ghannouchi è il nuovo primo ministro di un governo di unità nazionale, che reggerà la Tunisia per il prossimi sei mesi e di cui faranno parte anche tre ministri espressione delle opposizioni democratiche tunisine alcune delle quali continuano a restare dentro il governo.
In particolare Najib Chebbi, leader del Partito Democratico Progressista (PDP) ricoprirà il ruolo di ministro dello sviluppo regionale; Moustafa Ben Jaafar, presidente del Forum democratico per il lavoro e la liberta (FDTL) riprende la Sanità; e infine Ahmed Ibrahim, del partito Ettajdid (Renouveau, ex-comunista) prende il portafoglio dell’insegnamento superiore. Anche la società civile aveva ottenuto rappresentanza nella compagine governativa. Slim Amamou, il blogger arrestato nei giorni scorsi, ottiene il sotto segretariato allo sport e alla gioventù. Moufida Tlati diventa ministra della cultura.
Morcef Marzouchi, leader del partito Congresso per la Repubblica, medico da anni in esilio in Francia, ha stigmatizzato da Parigi la nuova compagine governativa come “una mascherata”. Marzouchi ha già annunciato la sua candidatura alle prossime elezioni presidenziali.
Quanto al ritorno di Rachid Ghannouchi, il leader islamista di Ennahda, il premier Mohamed Ghannouchi ha affermato ieri che il suo ritorno sarà condizionato “all’introduzione di una legge d’amnistia.”
Rimane comunque l’interrogativo su cosa sarà del movimento di popolo giovanile e generazionale, cresciuto all’ombra dell’autocrate Ben Ali e che ha potuto organizzarsi e forzare le serrature di un potere impedito e corrotto con l’aiuto dei social network. Si può parlare di un movimento politico? Se sì, si darà un nome? Esprimerà un candidato alle presidenziali? Solo i prossimi mesi ci diranno cosa sarà del movimento.
Restano silenti gli altri regimi della regione nord-africana i quali sembrano in stand-by rispetto all’evoluzione della situazione in Tunisia, terrorizzati che vi possa essere un effetto domino nei loro paesi. In particolare i governi di Algeria e Egitto sembrano chiusi in silenzioso imbarazzo, timorosi che anche nelle loro società scoppino simili movimenti di popolo.