Tre ragioni perché il Pdl si tenga alla larga dalla questione morale

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Tre ragioni perché il Pdl si tenga alla larga dalla questione morale

10 Dicembre 2008

 

Ci sono tre buone ragioni perché il Centrodestra, e il Pdl in ispecie, si tenga alla larga dalla cosiddetta questione morale, anche se questa investe (finalmente!) la sinistra. La prima è che è una bufala; la seconda è che oltre ad essere una bufala, la questione morale è una forza politica, sempre e comunque ostile al Pdl; la terza è che offre un alibi a quelli che, nel centro destra, sanno tutto ma non capiscono nulla, e non si rendono conto che la seconda repubblica, come la prima, o regge tutta –riformandosi- o crolla tutta.

Qualche giorno fa l’Unità ha sbattuto in prima pagina, al posto della consueta denuncia delle male intenzioni del governo, la famosa invettiva di Enrico Berlinguer contro la degenerazione morale dei partiti. Il segretario del Pci l’ affidò nel 1981 alla penna astuta di un Eugenio Scalfari ancora convinto di poter svolgere il ruolo del demiurgo fra la sinistra e lo Stato. Berlinguer non poteva immaginarlo, ma aveva evocato dalle tenebre il serpente che avrebbe inghiottito il mondo politico uscito dal dopoguerra. Germinava dalle sue parole la nuova forza politica, la Questione Morale, che tanta parte distruttiva avrebbe avuto di lì a pochi anni nelle vicende politiche italiane. Ma grazie a Scalfari, non a Berlinguer.

Nelle intenzioni dell’Unità la citazione berlingueriana era un richiamo alla sorgente purissima della bella politica, quella di cui l’attuale segretario del Pd è squisito propalatore nelle feste e nei teatri. Ma l’effetto è stato patetico. Un affondo non nella memoria, ma nella smemoratezza. Come se, a dispetto dell’immensa distanza politica che separa il 1981 dal 2008, nella stagione fredda una parte dei dirigenti del Pd non trovasse di meglio che riavvolgersi nella coperta ex-comunista. Patetico ma vero: c’è chi non riesce a convincersi che una sola cosa aveva da fare il segretario del Pci per fronteggiare la corruzione dilagante e l’occupazione partitocratica della cosa pubblica – sciogliere il suo partito. E denunciare il legame con Mosca, convocare alla Garbatella la Bad Godesberg italiana, avviare la costruzione di una sinistra non marxista e di mercato insieme al Psi di Bettino Craxi, creare un’alternativa di governo. Mettere di conseguenza in moto quei meccanismi di decisione e di controllo che riconducono la corruzione da sistema a anomalia.

Essere la Questione Morale una bufala sembrava fino ad oggi che l’avessero averlo capito tutti, tranne i comunisti veri, quelli diversi davvero, non scherzo, alla Greganti (si veda l’intervista di oggi al Corriere). Negli anni Ottanta molto semplicemente (!) ebbe fine il mondo come lo conoscevamo, e né i comunisti, né i democristiani, né i socialisti se ne accorsero. I primi perché drogati dalla propaganda che si erano iniettati, e dalla megalomania sopravvissuta fino a oggi, i democristiani perché resi insensibili dalla situazione di invincibilità che il Pci, autoescludendosi dalla realtà dell’Occidente, gli aveva regalato; i socialisti perché. piegati dallo sforzo di spostare i due massi contrapposti, troppo presto vi avevano rinunciato.

Nessuno reagì alla trasformazione della questione morale da alibi in forza politica e, pof, bastò un pool di magistrati ambiziosi, gran lavoratori e senza troppi scrupoli garantisti, e il sistema crollò sulle sue zampe marce.

Mentre la questione morale, diventata il multiforme partito QM (il Ris di Parma ne troverebbe purtroppo traccia in quasi ogni stanza della politica nazionale) prese a macinare consensi e a insabbiare riforme. Quelle riforme che avrebbero aiutato l’Italia a uscire rapidamente dalla melma del suo ground zero politico.

Ecco perché è bene che il centrodestra non indulga alla soddisfazione che certo produce il veder ritorta contro l’avversario l’immonda lama del moralismo e del giustizialismo. E’ comprensibile la beatitudine dei fiorentini nel vedersi il sindaco incatenato ai piombi di quella tipografia che sempre ne cantò i miracoli, certo. Ma si lasci il “finalmente!”, “finalmente abbassano la cresta!”, fra robuste parentesi.

Al Pdl non tocca moraleggiare, o fingere di farlo, tocca governare. E’ meglio che lo faccia, nelle istituzioni (senato, province, poteri del premier, federalismo, regolamenti parlamentari, legge elettorale…), nella giustizia (carriere, csm, obbligatorietà dell’azione penale, articolo 68, tempi della giustizia…), nell’economia (articolo 18, pensioni, assistenza sociale, flessibilità…), e senza guardarsi intorno. Governi e basta, senza opposizione, perché non c’è, e senza il consenso dell’opposizione, perché impossibile. E’ una situazione ambigua, simile a quella che provocò la stasi, la metastasi e la morte della prima repubblica. E allora, governare governare governare.