Tremonti ha paura del debito ma è arrivata l’ora di scelte coraggiose
25 Giugno 2009
Giulio Tremonti è provato nella psiche e nel fisico. Lo ha dichiarato lui stesso ieri all’assemblea di Confcommercio riferendosi alle enormi difficoltà che sta incontrando nel «gestire in una fase di crisi il terzo debito pubblico al mondo senza essere la terza economia del mondo». In effetti la situazione dei conti italiani è preoccupante e sconta decenni di politiche allegre sul fronte della spesa. Ma oggi anche la produttività e la crescita, in Italia più che altrove, sono variabili in forte declino, come confermano gli ultimi dati dell’Ocse. Ecco perché è arrivato il momento di scelte coraggiose, per affrontare una situazione che altrimenti rischia di rimanere critica ancora a lungo.
Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi ieri ha annunciato misure importanti da inserire nel decreto legge che arriverà domani in consiglio dei ministri. Tra queste ci sarà la detassazione degli utili che si reinvestono nell’impresa, «una sorta di Tremonti-ter» per dare impulso all’economia in un momento di recessione. Il provvedimento annunciato dal premier è un passo importante, ma da solo non basta. Bisogna escogitare qualcosa di ancora più efficace.
Il ministro dell’Economia esclude misure che abbiano come conseguenza un aumento del rosso di bilancio. La crisi, secondo Tremonti, non deve essere affrontata attraverso il deficit spending. Questa posizione, però, è in controtendenza con quanto sta accadendo in tutti i paesi industrializzati, anche i più liberisti come gli Stati Uniti. Si assiste oggi a massicci interventi pubblici per sostenere il sistema economico. Le conseguenze negative di tali scelte sono note a tutti: quello che si spende oggi andrà pagato in futuro con gli interessi. Però i governi si rendono conto che, per affrontare la crisi mondiale più nera degli ultimi ottanta anni, bisogna privilegiare quelle misure capaci di rimettere in moto l’economia, costi quel che costi. Anche Tremonti dovrebbe osare di più e mettere in campo politiche espansive che consentano una ripresa della produzione e dei consumi.
La missione è difficile ma non impossibile. Il rapporto deficit/pil può essere contenuto in due modi: diminuendo il deficit o aumentando il prodotto interno lordo. In questo momento Tremonti non può permettersi il lusso di considerare solo il numeratore della frazione. Perché politiche troppo restrittive, in una fase di crisi acuta, rischiano di mettere l’economia in ginocchio e di non offrire alcun appiglio per consentire al Paese di rimettersi in piedi.
Una proposta concreta è arrivata nei giorni scorsi dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi: incentivi alle imprese che non licenziano e che non utilizzano la cassa integrazione. Non è escluso che il provvedimento entri nel pacchetto di misure che sarà presentato domani. L’idea è buona e ha già incontrato il placet della Cisl. Le aziende non possono prendere con due mani (soldi cash da una parte e ammortizzatori sociali dall’altra), ma con una devono restituire qualcosa, cioè posti di lavoro. In tal modo il denaro ritornerebbe alla collettività sotto forma di salari e stipendi dando impulso ai consumi. Dare nuovo slancio a una domanda depressa significa rinvigorire la produttività. In altre parole si tratta di mettere in moto un circolo virtuoso capace di innescare la ripresa. Il bonus Sacconi, già nel breve termine, oltre al rilancio del Pil può addirittura portare benefici nelle casse dello Stato attraverso l’incremento, ad esempio, di imposte come l’Iva che negli ultimi mesi hanno registrato un sensibile calo proprio a causa dell’impasse della produzione.
Questo provvedimento è un esempio di come gli interventi pubblici possano essere realizzati in un’ottica di contenimento del deficit. Criteri simili dovranno essere adottati dal governo quando deciderà di mettere mano alle riforme strutturali e di dare nuovo slancio agli investimenti in infrastrutture. Ma prima Tremonti dovrà sciogliere le su riserve.