Tremonti presenta il suo Def: crescita sopra l’1% e rigore nei conti pubblici
14 Aprile 2011
Il consiglio dei ministri ha approvato ieri il nuovo Documento di economia e finanza (DEF) che, a seguito della riforma della legge di contabilità e bilancio (legge 196/2009) appena approvata dalla Camera, sostituisce sia il vecchio DFP che la vecchia RUEF e rimane l’unico vero documento programmatico di finanza pubblica che il Ministro dell’economia utilizzerà come base per la presentazione del quadro di riforme all’unione europea, nonché per la legge di stabilità del prossimo autunno.
La struttura del DEF è funzionale a recepire l’assetto del nuovo semestre europeo di bilancio che esordisce quest’anno, all’interno del quale gli stati membri dovranno coordinare le proprie politiche fiscali e sottoporre i loro conti pubblici al rigido controllo delle istituzioni europee, dimostrando la sostenibilità delle politiche nazionali alla luce del rigore di bilancio imposto dalla drammatica crisi della finanza pubblica internazionali. Serve, altresì, a dare spessore al nuovo Patto per l’Euro, approvato a metà Marzo dal Consiglio Europeo al fine di migliorare il coordinamento delle politiche economiche con l’obiettivo di stimolare competitività e crescita. Il Patto vincola l’Italia a rafforzare la propria disciplina di bilancio, con l’obiettivo precipuo di ridurre l’elevato rapporto debito pubblico/PIL.
Il documento contiene, tra le altre cose, il Programma di stabilità che Tremonti presenterà a Bruxelles entro la fine di Aprile, l’analisi e le tendenze della finanza pubblica italiana ed il Programma nazionale di riforma. Il quadro macroeconomico presentato rivede le stime di crescita del PIL per il 2011, che si attesterà a + 1,1 per cento, mentre nel triennio successivo il tasso di crescita dovrebbe attestarsi in media a + 1,5 per cento. Positive le previsioni sull’occupazione che, stando alla relazione, dovrebbero risultare migliori rispetto ai dati degli altri partner europei: gli occupati, infatti, dovrebbero crescere quest’anno del + 0,3 per cento, mentre il tasso di disoccupazione dovrebbe ridursi dall’attuale 8,4 per cento all’8,1 per cento nel 2011.
Previsti in rialzo anche i consumi, che già quest’anno dovrebbero far registrare un incremento del + 0,8 per cento rispetto all’anno scorso, mentre l’inflazione dovrebbe rimanere stabile nei prossimi anni al + 1,5 per cento. Durante la presentazione del documento, Tremonti ha ricordato come il tempo delle politiche pubbliche realizzate tramite l’utilizzo del deficit, di pura scuola keynesiana, deve considerarsi definitivamente concluso. La creazione di squilibri di bilancio da finanziare con l’emissione di nuovo debito non deve più essere consentita e il controllo rigoroso dei conti pubblici dovrà d’ora in avanti essere la golden rule nella politica di bilancio europea.
Un problema, quello del rigore di bilancio, talmente sentito da far sì che l’Italia, come molti altri paesi europei, si sia impegnata a introdurre il vincolo della disciplina di bilancio addirittura nella propria Costituzione e si sia impegnata a raggiungere entro il 2014 il pareggio, avviando in seguito una strategia di sistematico incremento di saldi primari al fine di riportare lo stock di debito pubblico ad un livello più sostenibile di quello attuale. E che il problema del rigore dei conti pubblici sia diventato ormai "il" problema per antonomasia delle finanze pubbliche di tutto il mondo lo dimostra il fatto che anche Obama, sotto accusa già da tempo per la presunta incapacità della sua amministrazione nella gestione delle finanze americane, nella serata di ieri ha proposto un taglio del deficit federale (che stando alle stime dovrebbe lievitare quest’anno a 1.400 miliardi di dollari) di ben 4mila miliardi in 12 anni, da attuarsi anche con un sostanziale taglio degli stipendi pubblici.
La crisi delle finanza pubblica ha quindi contagiato anche il paese che non si credeva potesse essere intaccato, che nell’epoca della new-economy celebrava tassi di crescita spaventosi e che ora rischia di essere travolto da un mare di debiti. In questa crisi finanziaria senza precedenti nella storia, che procede a suon di downgrading del debito da parte delle agenzie di rating, di manovre lacrime e sangue che i governi nazionali devono effettuare per riportare la barra a dritta, e di cadute dei governi che si sono resi responsabili del default, riemerge a gran voce ciò che i padri dell’economia classica insegnavano: lo sviluppo economico si deve fare con politiche di liberalizzazione dei mercati, con l’innovazione e la competizione, mentre lo Stato si deve limitare a spendere solo ciò che è strettamente necessario, attingendo solamente alle proprie entrate disponibili, senza porre un fardello insostenibile sulle spalle delle generazioni future.